I Comitati NoTav in Francia crescono sempre di più

Daniela Bezzi

Intervista a Philippe Delhomme

Ogni volta che abbiamo la possibilità di essere in Italia con i compagni della Val di Susa, è una cosa per noi bellissima: sentirsi parte di questo movimento, che nel corso degli anni non si è mai arreso, che a ogni nuova marcia riesce a ravvivare lo stesso ambiente gioioso, caloroso, con una così grande partecipazione, con interventi ed energie anche da fuori valle: tutto questo ci permette di ben sperare sul futuro di questa battaglia….”

È Philippe Delhomme che parla, durante una conversazione telefonica di qualche giorno fa, che ci eravamo ripromessi dopo un troppo fugace incontro alla marcia da Susa a Venaus dell’8 dicembre scorso. Insegnante di storia, ex vice-sindaco del comune di Villarodin Bourget, NoTav da sempre all’interno dell’Ass.ne VAM (Vivre et Agir en Maurienne) di cui è co-presidente insieme a Annie Colombet, Phillipe è una figura ben nota in Val di Susa.

E naturalmente non poteva mancare alla marcia dell’8 dicembre in Val di Susa, insieme a una numerosa rappresentanza dal di là delle Alpi: una cinquantina di attivisti che si sono distribuiti dietro tre diversi striscioni che letti uno dopo l’altro componevano il concetto Due valli una sola lotta. Partecipazione significativa, considerato che l’8 dicembre in Francia NON sarebbe un giorno festivo; e che, nello stesso fine settimana, erano già in programma in Francia parecchie iniziative ecolò importanti. promosse dai Soulevement de la Terre, Attac, XR, Solidaires, Youth for Climate e altre sigle.

Gli abbiamo chiesto un bilancio della situazione attuale e qualche anticipazione circa i futuri sviluppi, dopo quella partecipatissima due-giorni che ebbe luogo il 17/18 giugno scorso in Maurienne.

Philippe Delhomme – Non c’è dubbio che quel week end è stato un momento al tempo stesso catalizzatore e rivelatore, perché ha finalmente evidenziato l’esistenza di un problema, che l’opinione pubblica non aveva mai visto prima di allora.

Per la prima volta anche sul fronte francese si è acceso un dibattito degno di questo nome, i media si sono accorti delle tante criticità, si è sfondato il muro dell’indifferenza o della semplice disinformazione, circa una questione che per troppo tempo era rimasta circoscritta entro i confini della Maurienne, una regione che a differenza della Val di Susa è scarsamente popolata, da sempre considerata ai margini. Grazie alla capacità di mobilitazione che ci è arrivata dai Soulevements de le Terre la questione ha finalmente assunto la rilevanza che merita. E quel che è più importante, ha messo in moto quel processo di sensibilizzazione nel locale, in tutti i territori interessati dal tragitto del Tav, dalla Maurienne fino a Lione.

Ed ecco che in pochi mesi sono nati moltissimi Comitati: una situazione che solo un anno fa sarebbe stata inimmaginabile, che si raccoglie dietro la sigla CCLT, ovvero Collettifs Contro la Lyon-Turin.

Ce ne sono due in Maurienne (Alta e Bassa Maurienne), ce n’è uno a Chambery, un altro ad Albertville, un’altro a Chapareillan, e poi a Chartreuse, naturalmente a Lione, e non so quanti altri perché la situazione è proprio in divenire, lungo tutto il tracciato dell’ipotetica TAV. È successo insomma che un crescente numero di cittadini hanno cominciato a interrogarsi circa la necessità di quel progetto che si erano sempre limitati ad accettare come un fatto compiuto, e ad avere dei dubbi… e posso dirti che i dubbi stanno crescendo parecchio, insieme alla fiducia circa la possibilità di fermare tutto.

(…) Si tratta per lo più di un lavoro di sensibilizzazione locale, ma prevediamo di riunirci presto in assemblea un po’ fra tutti, con la partecipazione (ci auguriamo) del movimento NoTav italiano, e di nuovo il coinvolgimento di tutte le organizzazioni che ci sono state vicine in questo salto di qualità: senz’altro i SdlT, Attac e altre, in una prospettiva non solo di convergenza fra le lotte, ma anche di mutuo arricchimento: abbiamo bisogno di far tesoro di tutte le esperienze di lotta, per essere più efficaci in ciascuna di esse. E perché la battaglia non si limita a quel particolare segmento che riguarda questo o quel territorio, ma riguarda un ben più ampio sistema che definirei di ‘annientamento del vivente’, perché di questo si tratta. Contro un ordinamento che sistematicamente distrugge la sfera del ‘vivente’, noi ci battiamo in difesa.

(…) Il maggior problema resta sul fronte dell’informazione: i 3/4 della gente non sanno neppure cosa sia la Lyon/Turin, e supinamente accettano quel che gli arriva dalla macchina di comunicazione Telt & Co. L’obiettivo di questa crescente rete di comitati locali è proprio offrire alla gente un’informazione alternativa, veritiera e finalmente democratica, perché oltre al problema dell’informazione carente c’è un grosso problema di democrazia.

La democrazia non può ridursi al momento delle elezioni, e non è perché un certo governo ha avuto la maggioranza ai seggi che possiamo parlare di democrazia. Ne abbiamo avuto ennesima volta conferma in occasione di una recente riunione a Saint Jean de Maurienne, un pubblico confronto fra gli abitanti e Telt, dove non è stato possibile alcun dibattito: ogni volta che abbiamo provato a porre delle domande un minimo impegnative, il discorso veniva sviato o definito fuori-tema.

È vero che per loro il progetto è già un cantiere. Ma questo non significa che il progetto non possa essere messo in discussione, nella misura in cui ci si rende pubblicamente conto che è un progetto così devastante per l’ambiente. Dinnanzi a una comprovata nocività per la società nel suo complesso e per la sfera del “vivente”, avremmo non solo il diritto ma il dovere di fermare tutto. Ed è questo che si cerca di impedire: non vogliono alcun dibattito, o discussione, dando per scontato che quanto è stato deciso è definitivo, sebbene consapevoli dell’imposizione, delle forzature che ci impongono, che equivale a cancellare il diritto al pubblico confronto. E dunque il problema è doppiamente grave: sul fronte della difesa dell’ambiente, in risposta alla minaccia per la sfera del ‘vivente’; e sul fronte della democrazia.

DB – Problema che riguarda come sai anche l’Italia, dove la questione del Tav è completamente scomparsa dal pubblico dibattito e tutti danno per scontato che il tunnel sia in avanzata fase di scavo e che il progetto sta marciando senza intoppi.

PD – E questo dimostra che non siamo una democrazia! Se è automaticamente preclusa la possibilità di dire No a un progetto che impatta in così tanti modi sull’ambiente e sulle popolazioni che ci vivono, è chiaro che non siamo in democrazia! Significa che siamo costretti a subire qualsiasi decisione presa dall’alto, in favore dei ‘signori del cemento’. 

Significa che l’opinione pubblica è completamente annullata. Tutti temi che sono stati ripetutamente affrontati durante quella due-giorni del 17/18 giugno in Maurienne, e proprio in termini di ecocidio: la portata devastante di questo progetto non è riconoscibile solo per gli impatti già visibili ad occhio nudo, la distruzione di un enorme patrimonio boschivo, la riduzione a cantiere di un’area di alto valore paesaggistico, l’intollerabile e continuo transito di camion su e giù per la valle, dentro le nostre stesse borgate, di veicoli carichi di cemento eccetera, ma per l’aggressione alla risorsa più primordiale che esiste per l’intera sfera del ‘vivente’ che è l’acqua!

L’acqua che è da sempre il bene più prezioso, senza la quale non può esserci vita alcuna. L’acqua che ci arriva dalle viscere della montagna! Ma se dalle montagne non ci arriva più l’acqua, è finita per tutti, e non solo nelle nostre borgate, è questo che la gente deve capire: che c’è un legame molto forte tra i massicci montagnosi e la fertilità delle pianure, e lo avete visto anche voi nelle scorse estati con la crescente siccità, il fiume Po praticamente in secca, e gli effetti che si risentivano in tutta la Pianura Padana. Una situazione che sarebbe già molto grave per l’emergenza climatica non potrà che diventare drammatica con la secchezza idrogeologica, e Telt sarà totalmente responsabile di questo disastro – ma prima che ciò avvenga, tutti insieme, NoTav italiani e francesi, dobbiamo impedirlo. 

DB – Dopo la marcia dell’8 dicembre a che punto siamo…

PD – Credo che anche il Movimento Notav italiano sia un punto di volta: ha superato i 30 anni di storia, indubbiamente i più anziani hanno il diritto di sentirsi un po’ stanchi, ma è stato bellissimo constatare una così grande partecipazione di giovani. Ho percepito un momento di relève, di passaggio. E ancor più di tante altre volte mi sono sentito commosso, nel sentirmi parte di questa fiumana di collettività, in grado di affermare una volta di più la determinazione ad opporsi, e la volontà di una vita diversa, in opposizione al paradigma che vorrebbero imporci. La dimostrazione che agire in difesa dell’ambente ha dei risvolti trasformativi sul sociale, chiama in causa il tipo di società che vorremmo al posto di ciò che ci viene imposto, accende l’immaginazione di modalità alternative di esistenza.

DB – Come vedi il futuro di questo percorso comune tra NoTav Italiani e francesi.

PD – La priorità per noi, in questa fase, è lavorare a livello di reseaux, rete, tra persone, cittadini, gente comune, che finalmente stiamo riuscendo a raggiungere e sensibilizzare. Non meno importante è il lavoro di ricerca, a livello scientifico: il contributo in termini di dati, fatti precisi, argomentazioni indiscutibili, per dimostrare la natura ecocida di questo progetto. Terzo e fondamentale livello di intervento: la rete degli eletti, dei rappresentanti delle amministrazioni. Sul fronte italiano ce ne sono parecchi, come abbiamo visto dal numero di gonfaloni in bella mostra durante la marcia dell’8 dicembre.

Non abbastanza quelli sul fronte francese, soprattutto perché oggetto di continue intimidazioni e ricatti, all’interno di quella ‘macchina da guerra’ che sono le ‘Mésures Grand Chantiers’, da cui dipendono le sovvenzioni da attribuire o no ai comuni, e questo provoca situazioni di grande pressione, e a volte sottomissione.

DB – La stessa cosa si verifica in Italia, con quelle che chiamano ‘compensazioni’…

PD – Per questo sarà importante e di mutuo aiuto intensificare l’alleanza tra le nostre valli, per rafforzare un comune fronte di opposizione al Tav, lavorando sull’interrelazione di questi tre aspetti: cittadinanza attiva, consulenza tecnico/scientifica, potenziale coinvolgimento degli amministratori. E dunque promuovere, ovunque sia possibile, delle occasioni di incontro o anche interfaccia a distanza, per arrivare a un qualche risultato.


 

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