Da ieri Emilio Scalzo è di nuovo libero, ma la repressione si accanisce in Valle di Susa

Daniela Bezzi

Con la sentenza emessa ieri dal Tribunale di Gap, Emilio Scalzo è tornato a essere un uomo libero nonostante la condanna: “otto mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena”, questa la formula giuridica che ha concluso la penosa vicenda processuale che per oltre due anni lo ha visto protagonista.

Festeggiano la fine dell’incubo i suoi più stretti familiari, l’amata moglie Marinella, l’amatissima figlia Vanessa che ieri ha voluto essere presente in vece della madre e non ha potuto trattenere i lacrimoni appena usciti dal tribunale. Per non dire della nipote Sonia che per tutti questi mesi, in particolare quelli della detenzione in Francia, è stata la sua più preziosa intermediaria. Per non dire degli amici più intimi e di quanti Emilio Scalzo lo conoscono benissimo anche senza essere suoi amici. Attivista No Border, oltre che militante NoTav dall’anno della leggendaria resistenza popolare di Venaus, dicembre 2005, Emilio è un personaggio molto amato e popolare in Val di Susa e anche oltre.

Foto di Silvia Ugolini

Dell’allucinante vicenda giudiziaria che si è abbattuta su di lui, ci siamo occupati più volte su questo sito web e sin dalle prime battute – sin da quel vergognoso arresto che ebbe luogo in puro stile ‘cileno’ in data 15 settembre 2021, senza alcun mandato, senza neppure una nota di comparizione preventivamente comunicata ai suoi legali, ricorrendo a un vero e proprio agguato, in quattro che in pieno giorno lo ammanettano e se lo portan via – e solo ore dopo si veniva a scoprire che Emilio era oggetto di un Mandato di Arresto Europeo, inappellabile.

 

Tutt’altro che irrilevante il capo d’imputazione: “violenza aggravata contro pubblico ufficiale”, per fatti che sarebbero avvenuti durante un tafferuglio che era scoppiato qualche mese prima (15 maggio 2021) tra Claviere e Monginevro, in risposta allo sgombero del Rifugio Autogestito per migranti presso la Casa Cantoniera di Oulx.

Una situazione che aveva visto fronteggiarsi tra boschi e radure sul pendio della montagna i manifestanti contro i gendarmi, determinati a impedire lo sconfinamento in terra “francese” con la più assurda gragnuola di lacrimogeni e bombe stordenti. Una situazione durante la quale Emilio Scalzo, ansimante per la corsa e con un ginocchio dolorante, si era trovato a sostare all’esterno di una piccola baita – solo per accorgersi di essere diventato il perfetto target di uno dei gendarmi, che dopo avergli aveva lanciato addosso un lacrimogeno (per fortuna schivato), gli si era scagliato addosso, determinato a colpirlo con il manganello.

Non sapendo come sottarsi dall’attacco, Emilio Scalzo aveva brandito la prima cosa che gli era capitata sotto mano, un listello mezzo divelto della panca su cui si era seduto, a mò di bastone. Dalla breve colluttazione il gendarme (quarantacinque anni più giovane di Emilio) era uscito con una frattura al braccio. Ad aggravare l’accusa (e ingente richiesta-danni) una prognosi di 45 giorni oltre all’impossibilità di accedere ai successivi gradi di carriera.

Non solo: nel corso della prima e unica udienza agli inizi di giugno, il pubblico ministero si era ritenuto in dovere di presentare gli esiti di una certa Perizia Psichiatrica seconda la quale il “pregiudicato Scalzò” sarebbe affetto da “pulsioni di megalomania” tali da renderlo incapace di “sentimenti di empatia”… Proprio lui, da sempre in prima fila su ogni possibile fronte, e dal 2017 in poi impegnato se necessario anche di notte nel tentativo di agevolare il passaggio clandestino di quei migranti che sempre più spesso sfidano la morte sulla rotta alpina! E che (per la cronaca) sono sempre di più: l’ultimo numero in edicola de La Valsusa documenta su ben due pagine la drammatica carenza delle strutture ricettive esistenti, in particolare dello storico Rifugio Massi di Oulx, dopo che anche l’ennesimo rifugio autogestito è stato dichiarato inagibile qualche mese fa.

In risposta alla cattiveria del PM, a conclusione di quell’unica udienza del 1° giugno scorso, era intervenuto l’avvocato difensore di Emilio Scalzo, il giovane e preparatissimo Matteo Bonaglia, e nella sua particolareggiata requisitoria, sulla scorta delle foto e delle riprese video prodotte dagli stessi agenti coinvolti nella manifestazione, era stato in grado di opporre una versione dei fatti ben più equilibrata e credibile, in termini di quanto mai giustificata autodifesa. Il giovane e zelante gendarme non avrebbe avuto alcun motivo di puntare contro quell’anziano dimostrante, così palesemente inoffensivo mentre se ne stava seduto all’esterno di quella casupola a mezza costa, con il ginocchio oltretutto dolorante; e la frattura al braccio riportata è stata la conseguenza in certo senso auto-procurata di un’aggressione che il gendarme ha deliberatamente inferto all’accusato.

La richiesta del PM, a conclusione di quella lunga udienza, era stata di un anno di detenzione, oltre a cinque anni di interdizione dalla Francia – e indipendentemente da tale richiesta la Giudice avrebbe avuto la facoltà di decidere da un minimo di zero a un massimo di sette anni. Per questo la sentenza di ieri, che di fatto restituisce totale libertà di movimento a Emilio Scalzo anche in Francia, è stata salutata con immenso sollievo da quanti erano ieri al Tribunale di Gap insieme ad Emilio – e dai tanti che erano in attesa di notizie sulle varie chat.

“Con l’aria che tira non possiamo che festeggiare, considerando la vera e propria impunità di cui sempre più gode il corpo di polizia in Francia nonostante l’esercizio della più inaudita violenza. E considerano il sentimento di vendetta che avrebbe potuto influenzare la sentenza dei giudici di Gap” è stato il commento di molti dei presenti.

“So bene che avrebbe potuto andare peggio, prendo atto … ma come non smetterò di ribadire, l’aggredito sono io. E se è vero che la legittima difesa non è reato, una sentenza secondo giustizia sarebbe stata la piena assoluzione” ha di nuovo sostenuto Emilio Scalzo davanti alle telecamere.

Foto di Silvia Ugolini

Vicenda dunque conclusa? Auguriamoci che così sia. Ma già un’oretta dopo, sulla via del ritorno da Gap verso Bussoleno, alcune macchine dei compagni che avevano voluto essere in presidio davanti al Tribunale ieri mattina venivano fermate a quella che non dovrebbe più neppure essere una frontiera, per richiesta/identificazione dei documenti ecc ecc, il solito intimidatorio copione.

E quel che è peggio, meno di tre giorni dopo la conclusione del Festival (quest’anno riuscitissimo, come già abbiamo detto) dell’Alta Felicità, ecco la Repressione ad Alta Intensità abbattersi più indiscriminata che mai in Val Susa. Nelle stesse ore in cui ci si metteva in moto per raggiungere Gap ieri mattina, ecco la raffica delle notizie sui cellulari che poco dopo sarebbero diventati titoloni sul mainstream: circa l’arresto dell’attivista Giorgio Rossetto (per violazione delle ‘misure di sorveglianza speciale’ che stava scontando a Bussoleno), e circa le perquisizioni contemporaneamente in corso in tutti i Presidi, da San Didero ai Mulini, e naturalmente a Venaus, dove in parecchi erano ancora al lavoro per lo smontaggio del Festival appena concluso e per la riconsegna dei prati ai proprietari.

 

“NoTav, perquisizioni in Val di Susa: ordigni a gas durante gli attacchi ai cantieri” (La Stampa) con tanto di foto che ritrae delle semplici bacchette di legno, una comunissima tenaglia, varie tipologie di corde, minutaglie da ferramenta, insomma strumenti da lavoro, rimasugli di quanto è stato utilizzato per allestire il campeggio.

Idem su La Repubblica e sui vari TG Regionali. Rappresaglia a Bassa Felicità è la replica del Movimento dal canale NoTav.info. “Perquisizioni atte, con decreto alla mano, a trovare strumenti utilizzati durante le passeggiate del 30 luglio verso i cantieri della devastazione (…) Svegliati i pochi attivisti ancora in tenda rimasti in loco per un’altra giornata di smontaggio (…) tutt* identificati. Setacciati con l’ausilio delle squadre cinofile i container, i presidi, le cucine e purtroppo, anche il deposito attrezzi di Fulvio, che era stato lasciato intonso dalla sua morte, da cui hanno prelevato tronchesine impolverate ed altro materiale (…) Rappresaglia di chi ha tentato in tutti i modi di impedire il Festival, intimidendo innanzitutto il Sindaco con false accuse e inutili allarmismi…”

Dopo quella breve tre-giorni in cui la piana di Venaus è stata teatro di un altro mondo possibile con il bellissimo, riuscitissimo, partecipatissimo Festival dell’Alta Felicità, che ha richiamato decine di migliaia di giovani, giovanissimi e meno giovani da ogni parte d’Italia, è ricominciato insomma l’assedio di sempre.

Auguriamoci solo: un po’ meno invisibile di prima.

A’ suivre!


 

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