Un piano per la pace in Israele e Palestina

Jeffrey D. Sachs

Il cessate il fuoco e l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi a Gaza devono essere urgentemente seguiti da un processo politico che ponga fine a decenni di violenza, repressione e miseria: ecco un piano per la pace in Israele e Palestina

È urgente liberare gli ostaggi a Gaza, fermare lo spargimento di sangue in Israele e Palestina, stabilire una sicurezza duratura sia per il popolo israeliano che per quello palestinese, realizzare l’aspirazione del popolo palestinese a uno Stato sovrano e avviare un processo di vero sviluppo sostenibile nella regione del Mediterraneo orientale/Medio Oriente (EMME). Il terribile attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e il successivo devastante bombardamento e invasione di Gaza da parte di Israele hanno sconvolto il mondo e intensificato la ricerca globale di un percorso di pace a lungo termine in Israele e Palestina.

Fortunatamente, la stragrande maggioranza degli Stati membri dell’ONU, compresi i vicini arabi di Israele, concorda fortemente con la possibilità di una pace giusta e duratura basata sulla soluzione dei due Stati. La pace con sicurezza reciproca per Israele e la Palestina può e deve essere attuata con l’appoggio unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC), sulla base dei suoi poteri ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, e con il sostegno a stragrande maggioranza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Questa pace non sarebbe il risultato di negoziati diretti tra Israele e Palestina, che sono stati ripetutamente ostacolati dagli integralisti di entrambe le parti e dalla politica illegale di lunga data di Israele di costruire insediamenti nei territori occupati, che ora comprendono più di 700.000 coloni israeliani. La pace sarebbe invece garantita dai poteri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’applicazione sarebbe garantita da forze di pace sotto la supervisione dell’ONU e da incentivi e sanzioni economiche sostenute dall’ONU, se necessario. Né Hamas né il governo Netanyahu sarebbero autorizzati a bloccare un accordo di pace sostenuto dalla comunità mondiale.

La soluzione alla crisi non può certo essere lasciata al governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu…

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU agirebbe sulla base di molteplici risoluzioni esistenti da oltre 50 anni, tra cui le risoluzioni 242, 238, 1397, 1515 e 2334. Le forze di pace sotto la supervisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU verrebbero prelevate dalle nazioni arabe per disarmare i gruppi di miliziani violenti che minacciano Israele, tra cui Hamas, e per garantire la sicurezza dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.

La soluzione della crisi non può certo essere affidata al governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che rifiuta e mina fermamente la soluzione dei due Stati, né ad Hamas, un’organizzazione terroristica che rifiuta anch’essa la soluzione dei due Stati e cerca di eliminare Israele.

Né può essere lasciata all’esito degli attuali combattimenti. La guerra di Netanyahu ha ucciso finora più di 11.000 gazawi innocenti, tra cui più di 4.500 bambini, e ha fatto sfollare centinaia di migliaia di civili. Sta scatenando la violenza dei vigilanti israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania, isolando Israele a livello diplomatico e minacciando la pace nel mondo.

Una pace vera e duratura può essere raggiunta solo con i diritti politici del popolo palestinese.

La guerra di Netanyahu non persegue manifestamente una pace giusta. Netanyahu e il suo gabinetto rifiutano esplicitamente la soluzione dei due Stati, mirano a sottomettere i palestinesi a Gaza e in Cisgiordania e propongono più insediamenti israeliani nella Palestina occupata e una sovranità israeliana permanente su Gerusalemme Est. Le loro politiche equivalgono all’apartheid e alla pulizia etnica. Proprio a causa di queste ingiustizie, la guerra rischia di degenerare in una guerra regionale, coinvolgendo Hezbollah, l’Iran e altri, a meno che non si stabilisca una giusta soluzione politica.

Prima del 7 ottobre, Netanyahu ha cercato di “normalizzare” le relazioni con gli Stati arabi senza affrontare la necessità di uno Stato palestinese, ma questo approccio cinico era destinato a fallire. Una pace reale e duratura può essere raggiunta solo insieme ai diritti politici del popolo palestinese.

Netanyahu avrebbe dovuto dimettersi il 7 ottobre per assumersi la responsabilità del suo flagrante fallimento nel proteggere il confine di Israele con Gaza quel giorno. Il suo gabinetto è pieno di fanatici religiosi – tra cui il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che propone una Grande Israele che includa le terre palestinesi – che sono più che soddisfatti del dominio dell’Apartheid sul popolo palestinese. Come ha detto di lui l’Israel Policy Forum nel marzo 2023, “Smotrich ha da tempo espresso opinioni che sono ripugnanti per la stragrande maggioranza degli ebrei americani, dal razzismo anti-arabo, all’omofobia virulenta, all’abbraccio totale della supremazia ebraica”. A questo elenco, possiamo ora aggiungere il suo appoggio alla violenza contro gli innocenti sulla base del loro retaggio etnico”.

Esiste una chiara via per la pace attraverso le Nazioni Unite, perché le nazioni arabe e islamiche da tempo chiedono la pace con Israele sulla base della soluzione dei due Stati.

I veri leader per la pace da entrambe le parti sono stati ripetutamente martirizzati, tra cui il grande leader egiziano Anwar Sadat e il coraggioso primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, entrambi uccisi perché predicavano la coesistenza pacifica. Innumerevoli altri palestinesi e israeliani – molti dei quali non conosciamo nemmeno il nome – sono morti nella ricerca della pace tra israeliani e palestinesi, vittime del terrorismo spesso ad opera di estremisti delle loro stesse comunità.

Nonostante questi gravi ostacoli, esiste una chiara via per la pace attraverso le Nazioni Unite, perché le nazioni arabe e islamiche hanno da tempo chiesto una pace con Israele basata sulla soluzione dei due Stati. Nel vertice congiunto straordinario arabo-islamico tenutosi a Riyadh l’11 novembre, i leader arabi e islamici hanno rilasciato la seguente dichiarazione a favore della soluzione dei due Stati:

Appena possibile, dovrebbe essere avviato un processo di pace credibile sulla base del diritto internazionale, delle risoluzioni internazionali legittime e del principio “terra in cambio di pace”. Il documento afferma che ciò dovrebbe avvenire in tempi precisi e basarsi sull’attuazione della soluzione dei due Stati con garanzie internazionali, che porti alla fine dell’occupazione israeliana del territorio palestinese, compresi Gerusalemme Est, il Golan siriano occupato, le Fattorie di Shebaa, le Colline di Kafr, Shoba e la periferia della città libanese di Al-Mari. (Traduzione inglese dell’originale arabo)

I leader arabo-islamici hanno richiamato l’attenzione sull’Iniziativa di pace araba del 2002, che già ventuno anni fa affermava che:

una pace giusta e globale in Medio Oriente è l’opzione strategica dei Paesi arabi, da raggiungere in conformità con la legalità internazionale, e che richiederebbe un impegno analogo da parte del governo israeliano… [e] invita inoltre Israele ad affermare (tra l’altro) [l’accettazione dell’istituzione di uno Stato palestinese sovrano e indipendente sui territori palestinesi occupati dal 4 giugno 1967 in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, con Gerusalemme Est come capitale.

Già nel 2002 i Paesi arabi avevano dichiarato chiaramente che un tale risultato avrebbe portato alla pace tra le nazioni arabe e Israele, in particolare che le nazioni arabe avrebbero “considerato concluso il conflitto arabo-israeliano, stipulato un accordo di pace con Israele e garantito la sicurezza a tutti gli Stati della regione”. Ahimè, Netanyahu è stato al potere per la maggior parte del periodo dal 2009 e ha fatto il possibile per ignorare l’Iniziativa di pace araba e tenerla lontana dalla vista dell’opinione pubblica israeliana.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, compresi tutti i membri permanenti (P5) e operando in stretto coordinamento con la leadership arabo-islamica, dovrebbe adottare rapidamente un accordo di pace basato sulla soluzione dei due Stati e impegnarsi a fornire sostegno operativo e finanziario alla sua attuazione. In particolare, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe impegnare l’ONU e gli Stati vicini ad aiutare Israele e la Palestina a stabilire una sicurezza reciproca, una smilitarizzazione delle forze di milizia nella regione e un passaggio alla statualità palestinese.

La risoluzione dovrebbe includere i seguenti otto punti:

  1. Rilascio immediato di tutti gli ostaggi, cessate il fuoco da parte di tutte le parti e flusso di aiuti umanitari sotto la supervisione delle Nazioni Unite;
  2. Una forza di pace, proveniente dalle nazioni arabe e operante sotto il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che assuma il controllo della sicurezza di Gaza per un periodo di cinque anni;
  3. Il disarmo e la smobilitazione immediati di Hamas e delle altre milizie da parte delle forze di pace come parte della pace;
  4. La supervisione delle Nazioni Unite sull’amministrazione civile di Gaza fino al trasferimento delle funzioni allo Stato di Palestina entro la fine del 2025;
  5. L’istituzione della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite, con capitale a Gerusalemme Est e controllo sui siti sacri islamici, entro la fine del 2025;
  6. Relazioni diplomatiche tra Israele e tutti gli Stati della Lega araba in concomitanza con l’adesione dello Stato di Palestina alle Nazioni Unite;
  7. Un Fondo delle Nazioni Unite per la ricostruzione e lo sviluppo sostenibile della Palestina, per finanziare un programma di sviluppo sostenibile a lungo termine progettato dalle autorità palestinesi e dai rappresentanti delle Nazioni Unite;
  8. una strategia di sviluppo economico regionale che coinvolga Israele, Palestina, Egitto, Arabia Saudita e altre nazioni della regione.

Fonte: Common Dreams, 15 novembre 2023

https://www.commondreams.org/opinion/peace-framework-israel-palestine

Traduzione di Enzo Gargano per il Centro Studi Sereno Regis


 

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