L’Ucraina, la guerra con la cavalleria e il formaggio della cornacchia
Ho già indicato il risultato delle mie riflessioni sulla guerra tra l’Ucraina e la Russia. Ma di fronte alla insufficienza delle analisi che vedo in giro, qui voglio mettere in piedi il discorso da subito, iniziandolo dal suo punto centrale. Quel discorso che nei mass media e in molta gente parte invece da un altro punto, quello più immediato, più soggettivo, più emotivo; e che con ciò vuole precostituire il ragionamento: la difesa personale, la difesa del territorio, la difesa della Nazione, la difesa della democrazia che è la sola buona politica.
Si sa, questa parola “difesa” dà il lasciapassare a ogni guerra: a Danzica Hitler si dovette difendere dalla Polonia; nel golfo del Tonchino gli USA si dovettero difendere dal Vietnam del Nord, si dovette difendere l’Occidente dalle (in realtà, inesistenti) armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, ecc. (anche il Ministero apposito ora si chiama della Difesa).
Partiamo non da una guerra locale, combattuta per aggiustare i confini magari con la cavalleria, come si faceva nel 1800; ma dalla unica crisi mondiale comparabile a quella attuale, la quale minaccia una guerra nucleare: la crisi dei missili a Cuba del 1962. Per capire subito i termini del nostro problema chiediamoci: in quel caso chi era l’aggressore? Vediamolo: Cuba aveva deciso di ospitare un tipo di difesa nazionale paragonabile a quella del suo scomodo vicino, gli USA, che con il blocco e le sanzioni cercavano di prenderlo per fame e ribellioni interne. La Russia favoriva Cuba, anche per sua convenienza strategica. Ma gli USA si sono opposti senza esitazione e mediazioni, portando la tensione internazionale sull’orlo di una guerra nucleare (come mai è avvenuto).
Gli USA, che stavano per aggredire Cuba, ne avevano il diritto? Ma perché un Paese confinante con gli USA non può armare il suo esercito a suo piacimento? Perché nella America Latina un Paese non può decidere da solo il suo regime politico (vedi le lotte furibonde, a incominciare dal golpe contro Allende, poi la guerra dei contras al regime sandinista, ecc.)?
Sappiamo come è finita la storia di Cuba. La pace è stata ottenuta solo ritirando i missili e lasciando sola Cuba a tirare avanti con i denti, mentre gli USA si vedevano riconosciuto il diritto di mantenere in stato di sudditanza nucleare, militare ed economica tutti i Paesi limitrofi e ben oltre.
Tirando le somme da questo caso precedente: nell’arena internazionale è tacito che una superpotenza lasci poco spazio ai Paesi confinanti. Ma non per questioni ottocentesche di metri di confine da difendere con la cavalleria, ma per avere un minimo tempo di reazione preventiva ad un attacco nucleare, cioè in quel tipo di guerra su cui si misurano tutte le superpotenze.
Nella guerra in Ucraina le parti di allora si sono invertite: ora i missili nucleari sono di USA e NATO. Essi hanno circondato la Russia fino a chiudere il cerchio sull’Ucraina; e la Russia ha scatenato una guerra che non è nucleare ma ci si avvicina. In conclusione del paragone, perché gli USA possono imporsi sui Paesi confinanti e la Russia no?
Allora vediamo che la rappresentazione della guerra in Ucraina come guerra di difesa dei confini nazionali è parziale, perché oggi questi hanno una funzione molto ridotta rispetto al passato: la vita dei cittadini è espansa a tutto il mondo, ci sono 80 milioni di migranti che varcano le frontiere senza passaporto, i cellulari bucano qualsiasi barriera sulla superficie terrestre…; e noi vorremmo ancora rifarci al romanticismo di Enrico Toti che tira la stampella al nemico? Oggi il mondo è essenzialmente INTERDIPENDENTE (come lo dimostrano anche le sanzioni, che sì colpiscono i Paesi sanzionati, ma hanno grossi effetti boomerang su quelli che le fanno), Oggi il livello della interdipendenza mondiale ha importanza superiore a tutti gli altri livelli inferiori. Quindi quella rappresentazione della guerra attuale per mezzo dei confini di una nazione è in ultima analisi falsa, perché “prendere la parte per il tutto significa perdere tutto” (Lanza del Vasto).
Dico ciò sia per realismo politico, sia per strategia DPN. L’abbiamo sempre detto che la difesa nazionale non deve conservare per prime le cose, in particolare i confini. La DPN può anche accettare l’invasione territoriale (Il Dalai Laima l’ha subita da decenni; l’Irlanda del Nord lo subisce da secoli). È la determinazione popolare che conta; come fu nel 1968 in Cecoslovacchia, dove il popolo, per evitare stragi, lasciò che il territorio fosse invaso, ma per sei mesi seppe resistere come mai era successo (mentre nel 1956 l’Ungheria delle bombe Molotov aveva resistito appena cinque giorni e con un bagno di sangue). Soprattutto il popolo cecoslovacco nel 1989 seppe riprendere prontamente la riscossa con la rivoluzione svolta assieme ai popoli confinanti.
Ma perché oggi in Ucraina gli USA e la NATO perseguono questa strategia della “mano morta” in maniera così pesante e così decisa? (in un anno gli USA hanno dato all’Ucraina 110 miliardi di $, cioè più del doppio del costo annuale della guerra in Afganistan; e hanno mandato armi a più non posso, tanto che hanno messo in crisi i loro depositi di munizioni)
Ma, bombardati dalle immagini della guerra, per caso ci siamo dimenticati che noi non violenti abbiamo un primo obiettivo di importanza storica nella politica internazionale?
Dall’inizio della guerra in Ucraina (come tante altre volte dopo il 1989) i giornali ci fanno la corte (sia pure un po’ brutalmente): “Voi che siete così appassionati a fare la pace, fateci vedere come siete bravi in questa guerra! Su, fateci vedere, che noi ameremmo molto che la pace avvenisse, tanto più nel vostro modo!” Ciò ricorda la favoletta di Esopo della volpe che vide una cornacchia che stava mangiando un pezzo di formaggio su un ramo di un albero. La volpe le disse: “Che bella voce hai! Fammi sentire come sei brava!” La cornacchia lusingata si mise a cantare come meglio sapeva (!); il formaggio cadde a terra, la volpe lo prese e lo mangiò.
Il nostro pezzo di formaggio è il Trattato per il Bando delle Armi Nucleari (TBNW). È stato ratificato da più di 60 Stati; ciò ha creato per la prima volta una spaccatura tra i Paesi del mondo sul tema pace: quelli che la vogliono subito e quelli che invece vogliono mantenere (a qualsiasi costo) il potere di fare la loro guerra nucleare. Anche il Vaticano lo sostieme e il Papa ha condannato chi possiede le armi nucleari. Se il Bando venisse attuato nessun Paese avrebbe da temere che gli arrivino missili nucleari da troppo vicino.
Oggi questo Trattato, che ha reso concreto (anche giuridicamente!) il disarmo nucleare, è una seria minaccia per i Paesi nucleari!!! È chiaro che questi Paesi si ribellino al Trattato. Per discolparsi, dicono che senza le loro armi i Paesi nucleari cattivi prevarrebbero. Perciò essi ci vogliono dimostrare che quelle armi sono necessarie, inevitabili con una dimostrazione brutale: scatenare (direttamente o indirettamente) guerre che vadano fino all’orlo della guerra nucleare: cosicché la gente occidentale, per timore di venire coinvolta, si convince che gli USA e la NATO debbono mantenere quelle armi.
Ma se capiamo la favola di Esopo, lasciamo a loro la responsabilità di condurre questa politica di provocare guerre nel mondo; non inseguiamoli sul loro terreno. Invece prendiamo i problemi dalla testa, non dalla coda. La testa dei problemi mondiali è il Trattato, poi viene il problema guerra in Ucraina. Se non otteniamo adesso il disarmo nucleare effettivo, allora quando? Paradossalmente gli stati nucleari, innescando guerre al limite dello scontro nucleare, si danno anche la zappa sui piedi; favoriscono la decisione mondiale dei popoli di dire “Basta!” una volta per tutte a queste minacce apocalittiche.
Nelle due votazioni ONU sulla guerra dell’Ucraina i Paesi rappresentanti di 4 miliardi dell’umanità (India, Brasile, Cina, Sud Africa, ecc.) si sono astenuti, perché non è quello il vero problema dell’umanità di oggi. Allora uniamoci a questi Paesi e con loro facciamo il nostro lavoro politico di portare avanti il nostro primo punto politico: il disarmo nucleare!
Inoltre, il Trattato rimette il nostro massimo alleato in questa politica di pace al di sopra di ogni Stato, anche se nucleare, l’ONU, che viene rimesso al centro della politica internazionale come il migliore garante della pace! Per cui non basta chiedere agli altri la pace senza se e senza ma, occorre lottare per 1) rimetterci all’autorità mondiale dell’ONU, 2) attuare il TBNW; 3) obbligare la Russia, che ha dichiarato guerra fuori dell’ONU, a riparare i danni colossali causati; 4) ridimensionare la pretesa dell’Ucraina di scegliersi la superpotenza alleata, invece di rifarsi all’ONU o magari diventare neutrale come l’Austria.
Sarà la PRIMAVERA? ….
è il secondo giorno che sento e leggo parole sensate
ieri all’Istituto di Studi Giuridici Internazionali del CNR-ISGI, l’Ambasciatore Cinese nell’Aula Convegni del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha esposto il piano Cinese per la PACE, abituata a sentire contestazioni (anche nei Congressi UNESCO) sono rimasta sbalordita nel sentire finalmente dire la verità sulla CINA, guarda caso dai responsabili dei DIRITTI UMANI ITALIANI che operano direttamente con le NAZIONI UNITE
in ITALIA ed in EUROPA non si rispettano i DIRITTI UMANI…….
Dell’intervento di Antonino Drago mi ha colpito soprattutto il seguente passaggio:
“Dico ciò sia per realismo politico, sia per strategia DPN. L’abbiamo sempre detto
che la difesa nazionale non deve conservare per prime le cose, in particolare i confini. La DPN può anche accettare l’invasione territoriale […]. E’ la determinazione popolare che conta; come fu nel 1968 in Cecoslovacchia, dove il popolo, per evitare stragi, lasciò che il territorio fosse invaso, ma per sei mesi seppe resistere come mai era successo […]. Soprattutto il popolo cecoslovacco nel 1989 seppe riprendere prontamente la riscossa con la rivoluzione svolta assieme ai popoli confinanti.”
Io penso che l’accettazione dell’invasione, nella situazione che si era creata – che avevamo creato, come NATO e come Unione Europea! – un anno fa, sarebbe stata l’unica scelta giusta, l’unica scelta che poteva aprire prospettive di pace vera, anche se sicuramente a lunghissima scadenza, l’unica scelta nonviolenta ammissibile, l’unica scelta ambientalmente sostenibile.
Confesso di essere tra quelli che fino al 24 febbraio 2022 erano stati assolutamente disattenti, tra quelli che praticamente ignoravano la guerra dimenticata del Donbass, tra quelli che pensavano che le rivoluzioni colorate fossero nonviolente, fra quelli che si facevano sempre convincere dagli esperti che dicevano che la guerra non ci sarebbe stata.
In questi ormai tredici mesi ho tentato di capire, ho letto, ho ascoltato e penso di avere ora idee almeno un po’ più chiare. Credo che sia evidente che NATO ed UE abbiano “raccontato storie” agli Ucraini per tantissimi anni e abbiano scommesso sul fatto che Putin non avrebbe scatenato la guerra o che comunque poteva, può, essere vinto.
E sono in tanti che continuano a raccontarci che il rischio nucleare è solo teorico. Quest’anno sono sessant’anni dalla promulgazione della Pacem in Terris e l'”alienum a ratione” sembra sia solo una fissazione di quattro nonviolenti che per di più sono anche dei cattolici!
Le volte che ho l’occasione di fare una domanda a qualche relatore, dopo un ennesimo incontro sulla guerra, chiedo sempre se il 24 febbraio – quando apparve evidente che NATO ed UE avevano perso la scommessa! – farsi invadere e arrendersi non sarebbe stata la scelta migliore da parte dell’Ucraina e tutte le volte mi rispondono che gli Ucraini non possono concepire la resa, che, se anche non ci fosse Zelensky, loro continuerebbero a chiedere armi e a fare la guerra, e che, appunto, il rischio nucleare è solo teorico, etc.
La cosa che però mi colpisce di più è l’affermazione da parte di nonviolenti che il 24 febbraio non si poteva fare più niente, che la DPN deve essere preparata, che ci vogliono risorse (ovviamente pochissime a confronto di quello che costa una guerra), che ci vuole tempo, etc., che insomma non si può chiedere una soluzione alla nonviolenza quando ormai la guerra è scoppiata.
Insieme però ci diciamo tutti contrari all’invio delle armi e chiediamo tutti un negoziato etc.
Mi chiedo, ormai da tredici mesi: se non avessimo preparato la guerra, se non si fossero inviate armi dopo il 24 febbraio, se almeno ora non inviassimo più armi, non avremmo obbligato, non obbligheremmo l’Ucraina ad arrendersi? se ci fosse un negoziato, non si dovrebbe inevitabilmente arrivare a concessioni territoriali “inaccettabili” (la Crimea ovviamente, ma anche gran parte o tutto il Donbass etc.)? Mi chiedo insomma: a che cosa sono serviti tredici mesi, e chissà quanti ancora, di guerra, la distruzione di mezza Ucraina, i milioni di profughi, la crisi economica in mezzo mondo, se le condizioni per arrivare alla “soluzione”, al cessate il fuoco, sono le stesse che potevano essere subito accettate il 24 febbraio o magari qualche mese prima?
Tornando all’affermazione “La DPN può anche accettare l’invasione territoriale”, sarò io che non me ne sono accorto, che non ho letto, che non ho ascoltato, ma mi sembra che la proposta della resa e dell’auspicata riproposizione della meravigliosa esperienza cecoslovacca del 1968 non sia fatta da tanti e non sia, soprattutto, fatta da tutti i nonviolenti. Sono io che non leggo, che non mi accorgo, o c’è davvero ancora troppo poca “visione” anche tra i nonviolenti?
Caro Mauro, grazie delle tue osservazioni.
A mio parere, il punto non è che “il 24 febbraio non si poteva fare più niente…” (non ricordo di aver sentito o letto nulla del genere e non so a quali prese di posizione tu ti riferisca…).
E’ ben possibile che uno stato assuma questa decisione, ma deve essere chi è stato aggredito a farlo, in considerazione delle valutazioni che ritiene di fare in quello specifico contesto. Non possiamo certo essere noi a dire come dovevano comportarsi gli Ucraini, quali decisioni prendere, come difendersi dall’aggressione che stavano subendo.
Noi possiamo sostenere che non sarà l’invio di continui quantitativi di armi a portare alla fine della guerra, tanto meno alla “vittoria” degli aggrediti, ma solo ad alimentare l’incendio, anzichè cercare di spegnerlo, e quindi legittimamente lottare contro queste decisioni dei nostri governi. .Il ruolo della comunità internazionale, come sostenne in un lucido articolo il costituzionalista Azzariti poco tempo dopo l’invasione, è quello di aiutare le parti a sedersi ad un tavolo di pace, per affrontare le questioni con mezzi diversi da quelli della guerra.
Possiamo inoltre fare valutazioni come quelle di Tonino che riguardano quanto avvenuto in passato su altri casi, lo stato delle relazioni internazionali e l’urgenza dell’approvazione del Trattato ONU sul bando delle armi nucleari. Qui sì, visto che siamo direttamente coinvolti, dobbiamo dire cosa deve fare l’Italia, ovvero ripensarci e aderire subito al trattato, rinunciando ad ospitare armi nucleari Nato sul nostro territorio.
Un caro saluto
Angela