«Dio non esiste». L’ultimo tabù?

Enrico Peyretti

Dio non esisteIn attesa del bus in piazza Castello, con innegabile sorpresa leggo sulla borsa di tela di una giovane donna “Bestemmiare aiuta”. A casa, aperto il computer, leggo un titolo da MicroMega:«Dio non esiste»: l’ultimo tabù? Due recenti romanzi narrano di un papa che proclama l’inesistenza di Dio davanti alla folla sbigottita di piazza san Pietro. Il primo romanzo, del 2016, è del sociologo Marc Augè (Le tre parole che cambiarono il mondo). Il secondo, recentissimo , del senologo Giorgio Macellari, della Fondazione Umberto Veronesi, è D.N.E. L’ultima rivoluzione. Curiosamente, dunque, anche chi ha dato il titolo a questi due libri ha ritenuto preferibile omettere la frase «Dio non esiste». Ragioni di marketing, – si chiede MicroMega – o un tabù di ardua rimozione?

«Dio nessuno l’ha mai visto», afferma due volte la parte cristiana della Bibbia. Può significare che noi non lo conosciamo, oppure che non esiste. E come mai i cristiani credono che Dio esiste, vive e agisce? E chi è? Il nome non aiuta: “dio” è un nome generico, che vale per Giove come per Maradona-dios, e ha tanti plurali, di ogni specie: dèi, divi, sacerdoti, duci….

Oggi alcuni teologi discutono attorno al post-teismo, volendo liberare Dio da immagini mitiche inaccettabili: arrivano a dire che non è persona, ma energia che si identifica con la natura. Vedete voi. Dalle parole di Gesù tramandate, si vede che lo chiama molto più spesso Padre che non Dio. Gesù dice di essere in stretta relazione con lui: «Io e il Padre siamo una cosa sola». Il cristiano crede che Dio è vivo e vero perché Gesù di Nazareth lo mostra nella sua vita come forza viva di amore pieno. Credendo all’uomo Gesù e a ciò che traspare in lui, noi crediamo in Dio, non viceversa.

Ho sempre ammirato una pagina trasparente di Umberto Eco, “nell’ipotesi che Dio non esista”. Dice che l’uomo, cioè noi, per trovare il coraggio di attendere la morte, aspirerebbe a costruire narrazioni capaci di fornirgli una spiegazione, una immagine esemplare. E tra le tante che riesce a immaginare, «ha, ad un certo punto, la forza, religiosa, morale e poetica, di concepire il modello del Cristo, dell’amore universale, del perdono ai nemici, della vita offerta in olocausto per la salvezza altrui».

Se fossi un viaggiatore che proviene da lontane galassie, «di fronte a una specie che ha saputo proporre questo modello, ammirerei soggiogato tanta energia teogonica, e giudicherei questa specie miserabile e infame, che ha commesso tanti orrori, redenta per il solo fatto che è riuscita a desiderare e a credere che tutto ciò sia la verità. (…) Se Cristo fosse pur solo il soggetto di un grande racconto, il fatto che questo racconto abbia potuto essere immaginato e voluto da bipedi implumi che sanno solo di non sapere, sarebbe altrettanto miracoloso (miracolosamente misterioso) del fatto che il figlio di un Dio reale si sia veramente incarnato. Questo mistero naturale e terreno non cesserebbe di turbare e ingentilire il cuore di chi non crede (Umberto Eco. Cinque  scritti morali, Bompiani 1997, pp. 90-91).

A me pare che possiamo tutti concordare che l’uomo si sente aperto, incompiuto, anelante a non sa che cosa, e questo lo porta all’immaginazione artistica, come alla volontà di dominio sugli altri, come alle imprese umanitarie, come pure a rincattucciarsi nel privatissimo per evitare i rischi dell’avventura umana infinita. Ci sono persone-sete più vive degli altri, e ci sono persone-senza-sete, già morte prima del funerale. L’uomo è sete, ma la sete non dimostra la sorgente, dice Sartre.

Però noi siamo sete. Se sentiamo zampillare qualcosa, ci muoviamo incontro. Che lo chiamiamo Dio o con mille altri nomi o desideri, noi lo cerchiamo. Sbagliando, riparando, ascoltando, noi lo cerchiamo. Umberto Eco restava alla finestra aperta, più dei dimostratori a tavolino che fuori dalla finestra non c’è niente, anzi, che non abbiamo neppure una finestra. Per loro, infatti, siamo nel «governo planetario della scienza», che tutto sa e vede, saprà e farà, togliendoci ogni sete. Contenti voi…

Di Bogaerts, Rob / Anefo –  Beeldbank Nationaal Archief, CC0, Collegamento


1 commento
  1. INDEMINI PAOLO
    INDEMINI PAOLO dice:

    Grazie a Enrico Peyretti e naturalmente grazie a Umberto Eco per la modalità con la quale affrontano, con poche parole, un tema decisamente impegnativo.
    Non così è da parte degli intellettualoidi di MIcromega che non si rendono conto del fatto che:
    !) L’affermazione “Dio non esiste” non è in realtà un “tabù”: semplicemente (e loro che materialisti sono dovrebbero saperlo) non è un’affermazione dimostrabile (e quindi scientifica) proprio come da un punto di vista materialistico non è dimostrabile l’esistenza di Dio.
    2) Non sono d’altra parte consapevoli di essere loro stessi portatori di una “fede” ben più inconsistente, di questi tempi, dal momento che è assai più agevolmente dimostrabile che oggi “la sinistra” non esiste.
    3) Il concetto da loro tanto aborrito di “fede” è oggi tranquillamente trasposto sulla cosiddetta “scienza” che era diventata autonoma proprio per svincolarsi dai dogmi della religione, per giungere ora a reggersi essa stessa su altrettanti dogmi.
    4) Nella loro immobilità (appunto… “dogmatica”), non si rendono neppure conto che l’umanità, nonostante tutto, si è evoluta e che, a fianco di una fede cieca magari un po’ infantile, esiste una diffusa… “sete” (direbbe Peyretti) di conoscenza alla quale ad esempio Rudolf Steiner ha dato risposte che ci indirizzano verso una più profonda consapevolezza individuale, facendo leva sulla nostra libertà di pensiero.
    5) Con la loro sponsorizzazione di contenuti quali quelli che emergono nei due libri citati, diventano (inconsapevolmente?) sostenitori di quel “governo planetario della scienza, che tutto sa e vede, saprà e farà, togliendoci ogni sete. Contenti voi…” come saggiamente conclude Peyretti.
    6) In preda all’ossessione (o non è forse “paura” del contrario?) di negare l’esistenza di Dio, non si rendono conto che finiscono per negare l’esistenza… dell’Uomo!

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