Il mondo oltre il disordine globale
19 ottobre 2015 – Relazione introduttiva, (Il mondo oltre il disordine globale) 13a Sessione del Forum Pubblico Mondiale “Dialogo di Civiltà” – Rodi, Grecia, 9 ottobre 2015
La forza di questo forum è la sua attenzione focalizzata sulle civiltà; usiamola per l’analisi e i rimedi. Le principali forme di disordine utilizzano la violenza; la guerra è violenza di stato organizzata. Gli stati più bellicosi sono gli Stati Uniti d’America e Israele, ambedue con radici di civiltà.
L’evangelismo nazionale, la civiltà cristiana Protestante USA – più nazionale che evangelica –giustifica la guerra USA come eccezionalismo di un popolo scelto da Dio, con un destino manifesto di gestire il mondo. L’ebraismo ortodosso giustifica la guerra israeliana di conquista ed espansione dal Nilo all’Eufrate come diritto e dovere verso l’Eterno.
Il terzo paese più bellicoso, il Regno Unito, non crede più di essere scelto da Dio bensì scelto dagli USA; non proprio lo stesso ma pur sempre qualcosa.
Ma la causa radicale del disordine globale sta nell’Occidente – con l’Islam – che si considera la sola civiltà universale valida per tutti in tutti i tempi, mentre tutti gli altri si sbagliano. Ne conseguono attività missionaria, schiavitù, colonialismo, commercio di sfruttamento, capitalismo da rapina.
Gli USA hanno preso dall’ebraismo l’idea del Popolo Eletto e della Terra Promessa. Eppure Israele è in effetti l’opposto degli USA: una terra per soli ebrei, lo 0.2% dell’umanità; non un mondo per tutti gestito dall’egemonia USA.
Queste anomalie devono finire. Comportano disastri per chiunque sia d’ostacolo agli Eletti, con gli USA intenti a uccidere in oltre 100 paesi e Israele che s’infila in una Terza Intifada dopo attacchi crudeli a Gaza. L’uno e l’altro con bombe nucleari, a livello divino di distruzione, pronte per l’uso.
Le soluzioni passano per dei cristianesimi e degli ebraismi più morbidi, per nessun aiuto militare agli USA o Israele, per il boicottaggio e altre forme di resistenza; ma soprattutto per politiche alternative. Per gli USA il ritirarsi a un Messico-USA-Canada nordamericano, per Israele un’enclave garantita dall’ONU in una regione westasiatica-nordafricana (WANA), nell’antica tradizione d’autonomia del millet dell’Impero Ottomano/califfato.
Come persone informate di morte imminente, essi negano qualunque crisi nel loro mondo e nei loro imperi regionali. Ma la realtà controbatte, negando la negazione. Si prenderanno misure più adeguate, forse prima del 2020.
Questa prospettiva colloca le soluzioni nelle regioni (si intendono le macroregioni, ndt), non nei rapporti inter-statali; più in particolare la WANA e il Nord-America. Con meccanismi per la riconciliazione dei traumi, per la soluzione dei conflitti, la cooperazione a vantaggio reciproco e uguale, l’armonia, la condivisione degli alti e bassi – quattro compiti! – le regioni senza veto possono cavarsela benissimo. Il loro rapporto potrebbe essere trattato da una [organizzazione delle] Regioni Unite parallela alle Nazioni Unite; ma senza nessuna di esse al di sopra delle altre.
Guardiamo la carta geografica: altre tre regioni mancanti: due in Asia – una regione dell’Asia Centrale centrata su Afghanistan-Pakistan con la ferita aperta della linea Durand del 1893 risanata mediante confini aperti; e una Comunità NordEst-Asiatica (NEAC), per la cooperazione fra Giappone e l’Estremo Oriente Russo, le due Cine e le due Coree, che condivida isole e sovranità contese.
In Europa, una Casa Europea per l’Unione Europea e la Russia ampliata, per quei quattro compiti. Quella Casa U-kraina [ai confini] – al confine cattolico-ortodosso sorto 1600 anni fa – potrebbe essere una federazione con presidenti a rotazione, neutrale, gas-petrolio che scorre da Est a Ovest, traffico mercantile UE da Ovest a Est, e la Crimea del 2014 intesa come correzione del 1954.
Questo conduce a un importante punto per la mediazione: identificare le tendenze maggiori e costruire soluzioni su di esse. Un nuotatore che voglia farsi una lunga nuotata veloce deve nuotare secondo, non contro, corrente. In un mondo dove gli stati stanno svanendo in regioni – eccetto per i cinque o sei più grossi – si possono dissolvere i conflitti nelle regioni; come nei quattro proposti qui.
Lo Stato Islamico è una regione; di moda. La Russia sbaglia a ucciderli: ne uccidi uno, te ne ritrovi altri 10, anche dalla Russia stessa. Come l’attacco all’Afghanistan del 1978-79: “Eccoli che lo rifanno“, dicono i musulmani.
Ma gli stati cedono anche alle comunità locali e alla società civile. Si costruisca su questo, con una quota maggiore delle economie in mani locali, si combatta la disuguaglianza elevando le condizioni dei più miserabili nelle comunità più miserabili.
Poi le civiltà, ma non in conflitto; parola presa dall’editore di Huntington da Bernard Lewis per un libro sulle religioni. Focalizziamoci sui loro aspetti positivi, per la cooperazione, non per scontri:
– Ebraismo: dialoghi in quanto verità, non dichiarazioni finali; intellettualità;
– Ortodossia: ottimismo a lungo termine nel cristianesimo della domenica “Cristo risorto”;
– Cattolicesimo: perdonare il peccatore che confessa e rigetta il suo peccato;
– Protestantesimo: individualismo/cultura dell’io, responsabilità individuale
– Americanismo: libertà d’innovare nella scienza, cultura, economia;
– Islam: collettivismo/cultura del noi, condivisione della sottomissione, dai ricchi ai poveri;
– Africanismo: donne al potere, distribuzione più che crescita, ubuntu;
– Hinduismo: celebrare nascita-protezione-morte, comunità linguistiche;
– Buddhismo: la società come reti di relazioni, non nodi individuali;
– Taoismo: realtà come dialettica yin/yang di forze/controforze olistiche;
– Confucianismo: sia diritti che doveri, sia al vertice sia al fondo;
– Cinesismo: sinergia buddhismo-taoismo-confucianismo nel sollevare il ceto più basso;
– Umanesimo: gli umani come misura di tutte le cose (Protagora);
– Naturismo: natura–diversità-simbiosi come misura di tutte le cose;
Stimolare la cooperazione basata sugli elementi positivi, non di sicurezza paranoide fondata sugli elementi negativi: gli “studi sulla sicurezza” sono una paranoia accademica.
Esempio: Cina e India potrebbero scambiare l’elevazione del ceto più basso per un autentico federalismo; Protestantesimo-Americanismo potrebbero ammorbidire l’individualismo imparando da Islam e Buddhismo in cambio di libertà e innovazione.
E potrebbero imparare tutti il dinamismo senza fine del taoismo. E una chiave basilare alla stabilità dal naturismo: diversità con simbiosi.
Che mondo ricco! Qualcosa per ognuno da imparare ovunque.
I rifugiati, migranti di oggi? NO, una migrazione di popoli, interi popoli in movimento, 50 milioni, 50 anni? Dall’Africa devastata dalla schiavitù, dal colonialismo, dal commercio, dal capitalismo, dall’Africa e Asia centroccidentale dalle guerre scatenate principalmente da parte dell’Occidente. Ne risulta una ricerca di mezzi di sussistenza, di cure materne dai paesi-madre coloniali in quanto coloni non invitati come lo erano i colonizzatori, ma disposti a osservare norme locali. Adesso è il nostro turno.
La soluzione? L’Africa si sviluppa da sé, come fece un tempo l’Asa orientale usando il modello giapponese, non Smith-Ricardo ma Kaname Akamatsu usato dalla Cina, in modo non riconosciuto. L’ucciso Gheddafi favoriva tale modello.
Il ruolo della UE? Ospitarne milioni, non foss’altro che per compensare la bassa fertilità europea; altrimenti se ne stia alla larga, si scusi, elargisca compensazioni. L’Occidente ha fatto abbastanza danni nel mondo; è meglio che si reinventi.
Titolo originale: The World beyond Global Disorder
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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