Non possono distruggere un’idea

Ilaria Zomer

Incontro con Abdallah Abu rahma, coordinatore dei Comitati Popolari di Resistenza palestinesi

Abdallah Abu rahma ha incontrato in Italia centinaia, migliaia di persone, ha potuto toccare con mano la solidarietà nei confronti del villaggio di Bil’in un puntino insignificante in Palestina, addossato a quello che molti definiscono muro della Apartheid, uno dei tanti posti non-luoghi che la politica di Israele considera metri di terra, ulivi da tagliare ma che per i palestinesi sono vita delle generazioni presenti, passate e di quelle future. Ma la verità è che Abdallah è venuto in Italia ad incontrare un movimento di resistenza popolare fratello, un altro nodo di una rete mondiale di piccole resistenze di tutti, dei bambini, dei vecchi e delle donne, perchè non c’è bisogno di essere, giovani, forti e armati per resistere; coraggiosi sì, bisogna essere coraggiosi. Per questo Abdallah è venuto in Val di Susa a conoscere il Movimento NoTav, “abbiamo tante cose in comune”, ci spiega nella Sala Gandhi del Sereno Regis, “entrambi usiamo nelle nostre azioni la creatività, entrambi blocchiamo strade e soffriamo sotto i lacrimogeni”, l’oppressione è sempre uguale, non è molto creativa ma cambia qualcosa: “Noi abbiamo Israele che ci opprime,mentre in Val di Susa è lo stato che opprime i suoi cittadini”.

Mantiene uno sguardo timido, quasi si stupisce che le cose che dice interessino a qualcuno, ma il tono di voce diventa sicuro “Il potere della nonviolenza è più grande di quello della violenza. L’esercito israeliano è addestrato a rispondere a qualsiasi forma di resistenza armata, ma non sa come rispondere quando usiamo la nonviolenza. Abbiamo fede di essere nel giusto. Nel 2002 era difficile parlare di nonviolenza, c’erano stati tanti morti, adesso, invece sono circa 50 i comitati di resistenza popolare nati dopo quello di Bil’in”.

“Ogni venerdì, ogni settimana, che piova o faccia caldo, siamo lì a manifestare, ma ogni settimana è diversa, organizziamo manifestazioni sempre diverse, creative. Ricerchiamo continuamente l’attenzione dei media, anche grazie al fondamentale supporto degli internazionali. Anche se non abbiamo molta fiducia nelle corti israeliane continuiamo a denunciare e portare avanti le nostre lotte anche lì”. Creatività, informazione, internazionalizzazione e stato di diritto sono le bombe a mano di questa lotta ormai decennale e le azioni portate avanti dai comitati paiono essere sempre più grandi, reticolari e dirette al cuore del potere Israeliano. “Nel 2013 ci siamo ripromessi di raggiungere tutta la Palestina! Israele ha deciso di costruire altri 3000 alloggi in una zona chiamata E1, tra Gerusalemme e Gerico, se questo nuovo insediamento verrà realizzato la comunicazione fra nord e sud in Cisgiordania verrebbe impedita per questo abbiamo deciso di usare la loro stessa strategia, abbiamo deciso di costruirlo noi un villaggio. Quest’ azione ha avuto il supporto e ha messo d’accordo tutti i comitati palestinesi. Scegliemmo il 10 gennaio come giornata dell’azione. Il nostro problema era: come far radunare 1000 persone da tutta la Palestina senza che l’ esercito lo sapesse?”. Ora Abdallah sembra sicuro e conduce l’uditorio fra le pieghe della creatività e i colpi di fortuna dei Comitati di resistenza palestinese. “Ma non avevamo considerato che ogni 6-7 anni un giorno, ed uno solo all’anno, in Palestina nevica. Bene, ha nevicato proprio il 10 gennaio. Al mattino ci siamo svegliati e le montagne erano bianche. Il mio cellulare non smetteva di squillare, tutti dicevano di rimandare, che l’azione non era fattibile, che la gente non sarebbe venuta per la neve. Invece abbiamo pensato, e se la neve ci aiutasse? Magari i controlli dei checkpoint saranno meno stretti e così è stato, ci siamo riuniti a Ramallah, e a bus di 20 persone distanziati, per non destare sospetto, abbiamo raggiunto l’area E1. Eravamo preparati, c’erano delle persone che sapevano come montare una tenda in 10 minuti. Dopo 3 ore il villaggio era costruito”. Per l’esercito israeliano era già troppo tardi anche perché, di primo mattino gli avvocati del movimento richiedevano ai tribunali israeliani un permesso per rimanere nella zona E1, permesso concesso per 6 giorni. Organizzazione e disciplina, anche nella nonviolenza niente è lasciato al caso, c’è una strategia e una tattica sul terreno e la notizia rimbalza per tutto il mondo, Bab Al Shams, il primo nuovo villaggio palestinese è una realtà.

“Gli attivisti- racconta Abdallah- aumentavano di giorno in giorno, venivano bloccati e rimandati indietro ai checkpoint e altri ci raggiungevano a piedi camminando anche per 5 ore e saremmo aumentati ancora, dormendo sotto sulla nuda terra con il cielo come tetto, per questo dopo solo 2 giorni, contro la decisione della stessa corte israeliana, Netanyahu ha dato ordine di distruggere il campo. Il campo l’hanno distrutto, ma l’ idea no”.

Saluto l’ospite prima di andare via, “Sei stata già in Palestina? In Nablus? E pensi di tornare?”.

“Ci sto pensando” e mi torna in mente una frase detta da poco “Un’ idea non si può distruggere”.

Copia di DSC_5883

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