Non voterò per Beppe Grillo – Pietro Polito

Le varie conversazioni con amici e parenti tentati o conquistati da Beppe Grillo non mi hanno persuaso. Allo stesso modo sono rimasto immune alle fascinazioni che il Movimento 5 stelle esercita su una certa sinistra intellettuale pro grillina (fenomeno messo in evidenza da Onofrio Romano, Se la luce delle cinque stelle abbaglia la sinistra, “Il Ponte”, a. LVIII, n. 12, dicembre 2012, pp. 25 – 28).

Anzi, dopo la lettura del programma Cinque Stelle, che trovo povero perché non affronta il tema dei diritti, non si pone questioni di giustizia sociale e di eguaglianza, elude il grande tema della pace e della guerra, mi confermo sempre più nella convinzione di non prendere in considerazione l’idea di votare per il nuovo Santone che il suo Guru ha paragonato addirittura a Gesù Cristo. Né mi ha fatto cambiare idea l’incontro estemporaneo con alcuni attivisti che in Via Garibaldi distribuivano il programma del movimento, giovanissimi di cui mi ha colpito l’entusiasmo al limite della fede per il proprio Capo.

So che occorre distinguere e distinguo tra il “grillismo” e le pratiche concrete di opposizione ed ora anche di governo del Movimento Cinque Stelle, che ha un elettorato in gran parte di sinistra che proviene in una certa misura o dal Partito democratico o dall’astensione di sinistra. Ma ciò non basta a farmi cambiare idea perché il “grillismo” è un’ideologia che rifiuto per ragioni ideali e politiche.

Il mio voto è sempre stato legato a una scelta ideale. Non ho mai votato per scambio, lo scambio di un’idea, per un favore, una protezione, un avanzamento è per me la più immorale delle azioni, ho sempre votato per appartenenza alla sinistra, scegliendo tra le varie formazioni quella che in ciascuna determinata circostanza mi è sembrata la più rappresentativa delle mie idee e insieme quella con il programma politico più adeguato.

Finché è esistita, la mia preferenza è andata alla sinistra indipendente. Tra le altre formazioni ho scelto: Partito comunista, Partito radicale, Rifondazione comunista, l’Asinello di Prodi, Sinistra e libertà, mai Partito socialista (per quello che è stato il Partito socialista in Italia), mai il Partito democratico, per quello che avrebbe potuto essere e non è questo partito. Non mi sono mai astenuto, nel mio curriculum elettorale, una scheda annullata alle europee e una alle elezioni per il consiglio comunale di Torino.

Non voterò per Grillo perché mi sento idealmente appartenente alla sinistra, sia pure a una sinistra che (ancora) non c’è, una sinistra che si esprime in un grappolo di valori primari, prima ancora che in questa o in quella formazione politica. Il “grillismo” non è di sinistra né idealmente né politicamente, anzi si pone programmaticamente al di là della destra e della sinistra. Perché premiare una posizione ambigua, che non sta né di qua né di là, forse starà e di qua e di là, più o meno come fanno la Lega o l’Unione di centro?

Non voterò per Grillo perché la prima e più importante riforma politica di cui ha bisogno questo paese è che si costituiscano e si radichino nella società una destra e una sinistra attorno a una tavola di idee, valori, progetti, programmi e non attorno a vecchi e nuovi personalismi.

Il culto della personalità è la seconda ragione per cui non voterò per Grillo. Il “grillismo” si pone in netta antitesi con la via democratica, è una sorta di sfascismo che nega “la possibilità che siano i soggetti collettivi organizzati a determinare la realtà” e affida il destino delle persone “all’uomo della provvidenza che tutto risolve” (Onofrio Romano).

Dal punto di vista del modo di fare politica il “grillismo” è un residuo del passato, una delle più perfette espressioni della stagione del Sultano, un altro partito personale. Un partito dove il capo (e la sua ombra) decide su tutto, ordina, comanda, approva, condanna, scomunica.

Le somiglianze con il partito-azienda sono sorprendenti. Il grillismo porta all’ennesima potenza il berlusconismo, questo riduceva la politica alla televisione, quello la risolve nella rete, in entrambi i casi scompare la politica come incontro tra le persone.

Il rapporto con il capo è diretto, fiduciario, senza mediazioni, si sviluppa in una sola direzione dall’alto verso il basso. Sarà pure un’antica usanza novecentesca, d’altri tempi, ma la linea politica di un partito o di un movimento si elabora, si discute, si decide in un congresso. Il partito-azienda non ha mai fatto un congresso vero, quando ne ha fatto uno è stato di plastica. Non mi risulta che i grillini si siano mai riuniti in un congresso.

Domando: come è stato scelto il capo? Come viene verificato il consenso? Come si può, se si può, esprimere il dissenso? Come vengono prese le decisioni collettive?

Sì lo so, sono domande procedurali, formali, ma la procedura è la sostanza della politica, almeno della politica democratica.

La ragione principale per cui non voterò per Grillo è di stile.

Non amo la volgarità. Che non avrei mai potuto votare Grillo mi è parso definitivamente chiaro dopo la scomunica di Federica Salsi. Mai avrebbe potuto avere la mia fiducia chi si rivolge a una donna nel modo come Grillo ha apostrofato una dirigente del Movimento Cinque Stelle, consigliera comunale a Bologna, rea di avere disobbedito al Capo, contestandole non quello che aveva detto nella trasmissione “Ballarò” ma solo la sua presenza. Sono rimasto ferito dalla grevità della scomunica grillina motivata con argomenti sessuali (e dall’indulgenza con cui questa è stata commentata da donne importanti di sinistra, del Movimento e della comunicazione). Avvicinata dagli Arancioni, Salsi ha declinato l’offerta di candidatura con queste parole: “Non mi candido da nessuna parte, a differenza di Grillo per me la parola data ha un valore”. Tra lo stile dell’uno e quello dell’altra, non ho dubbi quale preferire.

Come se non bastasse, Grillo, emulo di Berlusconi nel culto della personalità, ora lo supera sul terreno più caro al Sultano annunciando che tornerà in televisione. Ciò che era proibito ai sudditi diventa lecito per il loro Signore.

Apprendo dai giornali di domenica 27 gennaio che Capitan Gradasso (l’espressione è di Francesco Merlo) sta trattando con il Grande Cerimoniere per essere ammesso nel tempio della Prima e della Seconda Repubblica. Per l’evento è annunciata una grande sorpresa. Non c’è che dire, ora “c’è in Italia un Berlusconi più Berlusconi di lui”. Il campione del rifiuto della politica a Porta a Porta è, come scrive ancora Merlo, “la politica trasformata in spettacolo, è il giornalismo baraccone, l’informazione ridotta a circo con i trapezisti, i trampolieri e le donne cannone”.

Postilla: il Grillo sfascista

Nella penna avevo trattenuto l’accusa di neoqualunquismo al grillismo (che nelle pagine precedenti ho cercato di analizzare come un fenomeno politico nuovo dei tempi nuovi, rilevandone euristicamente i limiti da un punto di vista di sinistra e riconoscendone l’indubbio credito che esso riscuote presso un’ampia opinione di sinistra).

Dopo le ultime esternazioni del Capo supremo non ce la faccio più. Mi sono convinto con Curzio Maltese che con Grillo ci troviamo di fronte all’eterno qualunquismo italiano.

Davanti al Parlamento a un giovanotto neofascista che lo intervistava per Casa Pound alla domanda: “Ma lei è antifascista?”, Grillo ha risposto: “È un problema che non mi compete”, aggiungendo che tra grillini e fascisti del terzo millennio ci sono moltissime cose in comune. L’unica discriminante per poter essere ammessi nelle liste Cinque Stelle non è certo l’antifascismo – la distinzione tra fascismo e antifascismo è superata come quella tra destra e sinistra – ma non rompere le scatole a Grillo e a Casaleggio.

L’incompetenza in materia di fascismo e antifascismo (e la dimestichezza con le rotture di c… … …) è ben dimostrata dalla considerazione che Grillo ha dei partiti, dei sindacati, dello Stato. Da un discorso recente pronunciato in un uno dei suoi show elettorali estraggo questa perla: “Voglio uno Stato con le palle (sic). Eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti. Le aziende devono essere date ai lavoratori”.

Probabilmente è eccessivo pensare “che il vecchio Beppe sia andato fuori di testa” (Maltese). Mi domando però: “Sa Grillo l’esatto significato di ciò che dice tra un vaffa … e l’altro?”.

Sarebbe bene ricordare che l’Italia ha già avuto uno “Stato con le palle”, uno stato che come egli auspica abolisce i partiti e i sindacati e dà le aziende a chi lavora: è lo Stato fascista che politicamente si fonda sul partito unico, economicamente sulla camera dei fasci e delle corporazioni.

Rivolto ai nemici della democrazia parlamentare travolta dal fascismo Piero Gobetti osservava: “Il regime rappresentativo non ha più il favore popolare. Ma che cosa volete sostituirgli? La teocrazia?”. Agli attuali nemici (gli stessi?) si potrebbe e si dovrebbe obiettare: “Ma che cosa volete sostituire al Parlamento? «Una sorta di assemblea permanente della piazza, dell’officina o del computer»?” (Carlo Sini).

No Grillo non è un fascista è uno sfascista. Tornato a Bologna dove l’8 settembre 2007 partì il “Vday”, affrontando la guerra dei francesi in Mali (appoggiata logisticamente dal governo Monti), in un crescendo che lascia senza fiato è arrivato ad auspicare metaforicamente che Al Qaueda o i francesi bombardino “un punto chirurgico” di Roma “che si chiama Parlamento”.

 

 

 

 

 

 

 

 

3 commenti
  1. Bruno
    Bruno dice:

    Caro Pietro,

    anchio non voterò 5 stelle ma nel pezzo hai dimenticato molti aspetti positivi del movimento creato da Grillo.
    La base è fatta da persone impegnate e competenti per lo più di formazione ambientalista.
    Hanno fatto molta controinformazione
    Hanno iniziato la giusta battaglia contro la casta e le prebende.
    Hanno portato tante piccole forme di partecipazione e trasparenza.
    Ed al voto porteranno via tanti voti al centrodestra.
    Dopo il voto inizierà un' altra storia e lì le tue osservazioni sui limiti del " Capo" avranno grande importanza.
    Ma riferendomi anche allle considerazioni finali dell'ultimo libro di Marco Revelli " Finale di partito" penso che anche il Mov 5 stelle non sarà un approdo definitivo per tanti eletti in Parlamemento ma un tram usato per un pezzo di strada in attesa di nuovi approdi.
    La politica liquida e senza basi reali colpirà anche Grillo. Salvo che non sappia attuare delle grandi trasformazioni della propria forma organizzativa.

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  2. Isabella
    Isabella dice:

    Quesat volta ho fatto lo sforzo ciclopico ad ascoltare tutte le discussioni in tv e mi sono letta un sacoc di cose in rete e sui giornali superando la nausea che mi viene a vedere certe facce.
    Il programma mi sembra il più intelligente e a vedere certi candidati vergognosi non capisco come possono essere peggio i cosiddetti 'grillini' (ridicola definizione mediatica) che prendono € 5000 al mese invece del triplo o peggio come gli altri…

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    • Polito Pietro
      Polito Pietro dice:

      Il gioco della destra

      I commenti di Bruno e Isabella sono importanti perché integrano e chiariscono meglio alcuni punti del mio articolo che è su Grillo e il grillismo e non sul Movimento Cinque Stelle.
      Se il discorso dal grillismo si sposta alle pratiche dei “cinque stelle” nelle istituzioni e sul territorio, certo “i cosiddetti grillini” sono senza dubbio meglio di “certi candidati vergognosi”. Mantengo però le mie perplessità sul fatto che il loro programma sia il più intelligente.
      Grillo e il grillismo non sono da confondere con il Movimento Cinque Stelle, che si compone di “persone impegnate e competenti per lo più di formazione ambientalista”, fa controinformazione, conduce “la giusta battaglia contro la casta e le prebende”, ha “portato tante piccole forme di partecipazione e trasparenza”, toglie tanti voti al centrodestra.
      Questi elementi positivi non sono sufficienti a convincermi a ragionare come fa per esempio Paolo Flores d’Arcais. Il direttore di Micromega, nell’editoriale Ai lettori, pubblicato nell’ultimo fascicolo della rivista, n. 2/2013, scrive che “le liste M5S sono piene di bravissime persone, di giovani dalle migliori intenzioni, qualcuno nato anche nel crogiuolo delle lotte degli scorsi anni”. Tuttavia, egli riconosce, “la selezione che li ha candidati ha una dignità che è perfino inferiore a quella del sorteggio”. Inoltre Flores osserva che il Movimento Cinque Stelle non esisterebbe senza Grillo (e Casaleggio), che “resta motore e fondamento della sua esistenza, il che vanifica ogni retorica su «uno vale uno»”. Benché il Movimento sia “in balia degli umori del padre padrone e delle sue idiosincrasie che troppe volte si tingono di qualunquismo”, Flores invita a votare al Senato Beppe Grillo e alla camera Rivoluzione civile.
      Non afferro il senso di una tale posizione. Cosa c’entrano l’estremismo legalitario di Antonio Ingroia e il populismo dal basso di Beppe Grillo con la sinistra? Mentre Rivoluzione civile ha al suo interno una componente di sinistra (quale che sia il giudizio che si dà o si voglia dare di essa), il grillismo (ma qui non mi ripeto) è una posizione né di destra né di sinistra e come tutte le ideologie che negano la destra e la sinistra alla resa dei conti finisce col fare il gioco della destra.

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