Globalizzare Dio: Religione e pace nelle scienze sociali

Johan Galtung

Cercherò di collegare i cinque sostantivi del titolo, cominciando dall’ultimo – scienze (sociali) – in due iterazioni, una per la diagnosi e una per la terapia.

Le scienze sociali sono frutto del sistema statuale occidentale del 1648 [Trattato di Westfalia – ndt] e dell’illuminismo laico di un secolo dopo; ambedue in declino con Gaia, disturbati da regioni, nazioni, società civile, localismo, globalismo, umanesimo, religioni, dopo aver reso lo stato-paese come singolo oggetto d’analisi esplorativa della condizione umana, e la razionalità inerente alle menti personali occidentali come strumento. Un’isola nebbiosa del mare del Nord costituì una scienza economica come risparmio, competizione e sfruttamento privatizzati, non fu un’isola del Pacifico baciata dalla natura a intenderla come preservazione e condivisione. la dottrina economica prevalente fu quella dell’isola prevalente. E fu quindi così che la geografia fu marcata-sciupata da confini diritti tracciati da anglici in overdose di geometria euclidea di Eton-Harrow.

In un mondo diviso in tal modo, la pace fu ridotta a interessi di stato in competizione; talora in guerra, talaltra in fragile equilibrio, sempre giudicante il Sé dalle buone intenzioni, e l’Altro dalle deprecabili incapacità. Le scienze sociali vedevano il mondo dall’angolazione degli stati, propagata dai propri fratelli gemelli, i media.

La religione, re-ligare, ri-legare, con quel qualcosa di esterno, tat tvam asi, l’unione promessa, con un dio lassù, o nel nirvana. C’era la lettura garbata che dio sia immanente in tutti noi, e la lettura arcigna di un dio trascendente con un Popolo Eletto e una Terra Promessa, come quella esportata dai puritani dell’East Anglia via Leyden [NL] alla Plymouth Rock [Massachusetts]; o che i wahhabiti espansero un secolo dopo con lo stesso messaggio per l’Arabia. Due estremismi l’uno contro l’altro, uno profanatore dell’Arabia nel 1915-45-91, un altro realizzando l’11 settembre 2001.

Dio era il nome per il sacro, per quell’unione con quel fuori inattingibile, ucciso in Occidente con un secolarismo che offriva individualismo materialista, consumismo, costi-benefici egoistici con anomia e tessuto sociale atomizzato, e un’altra vita limitata a un pensionamento di golf-e-giardinaggio. Dio divenne democrazia-diritti umani individualizzati e mercati globalizzati.

La globalizzazione assunse la forma della dottrina economica da isola nebbiosa: il mondo un’isola sconfinata, aperta perfino all’economia di speculazione finanziaria con derivati tossici (4.2 trilioni di dollari scambiati ogni giorno); con epicentro migrato dalla City di Londra a Wall Street.

Con 125.000 morenti di fame e malattie curabili ogni giorno

Turpe. Proviamo una seconda passata, multi-angolare, lasciando da parte il weberismo avaloriale (Che ne direste di un medico che v’indaga a fondo per ottenere dati ma rifiuta di curarvi perché “a-valoriale”?).

Non sappiamo come sarà una scienza globalizzata del ciclo natura-produzione-consumo, che attinga all’esperienza umana di tutti i tempi e spazi, non sciupata dai falsi dilemmi occidentali vero-falso, aggiungendoci i tetralemmi yin/yang daoisti-buddhisti; ma non sarà solo dottrina economica da isola nebbiosa.

La sociologia dovrà fare i conti con l’umanità come oggetto d’analisi, aggregata al globale, da non confondersi con la sociologia comparativa. Attingerà ad epistemi provenienti da ogni dove, senza monopolio d’Aristotile-Cartesio-Hume-Locke.

Fa capolino un paesaggio intellettuale detto Pace: caotico, con geometria frattale, un Passato traumatico, un Presente conflittuale, un Futuro di progetti. Tre compiti chiave: Conciliazione, Mediazione, Costruzione. Ma le scienze sociali hanno segmentato la conoscenza e frammentato il mondo. Dobbamo essere transnazionali, con una visione cosmologica dall’alto, tracciando mappe di parti e obiettivi, mettendo alla prova questi e i mezzi utilizzati per riconoscerne la legittimità (con i diritti umani fra i criteri).

E abbiamo bisogno di molta creatività per attuare una realtà potenziale, più accomodante/ accogliente; una nuova realtà empirica. Dobbiamo essere più transdisciplinari, attingendo a tutta la saggezza acquisita; e trans-livello, facendo sì che un’intuizione dal livello interpersonale ispiri per esempio quello interstatale e interregionale, e viceversa.

L’indisponibilità a distanziarsi dagli errori passati indica debolezza. Volgiamo l’attenzione alle intrusioni occidentali in terre musulmane e ricordiamoci: chi fa del male ad altri ha memoria corta; la vittima non dimentica mai. Come i casi nel 1915 di Sykes-Picot, nel 1945 di Roosevelt-Ibn Saud, del 199l – usando l’Arabia come base militare. Come il vedere la pirateria al largo delle coste somale ma non la pesca predatoria e la discarica di rifiuti tossici.

Le religioni sono né per né contro la guerra o la pace; lo sono le loro letture: quelle arcigne, esclusive, favoriscono la guerra; quelle garbate sono inclusive, come di uno Spinoza, un Buber, dei quaccheri, dei sufi; e favoriscono la pace. Garbati di tutto il mondo, unitevi, e dialogate con i vostri fratelli e sorelle arcigni! Abbiate fede nel sacro aldilà degli individui, come l’unit(ariet)à degli umani di Gandhi, l’ubuntu zulu, l’unit(ariet)à buddhista della vita. Spiritualità e razionalità hanno bisogno l’una dell’altra.

Una Regola Aurea: quella daoista “soffri le sofferenze altrui, gioisci delle gioie altrui”. Una Regola Argentea, egocentrica: Fa’ agli altri quel che …etc. — tenendo presente l’ammonimento di G.B. Shaw: attenzione! possono avere gusti differenti. Una Regola Bronzea, negativa: Non fare ad…etc.

Dio deve globalizzarsi e anzi avrebbe dovuto farlo prima delle borse valori. Le letture arcigne portano all’intolleranza o alla tolleranza malmustosa. Quanto mai necessari: rispetto e curiosità; dialogo e reciproco apprendimento. C’è tanta saggezza! La si selezioni! Si estrapoli conciliando! Si vada oltre i confini territoriali di stato e culturali di nazione, e di trascendano quelli mentali gelosamente protetti, fra le discipline e le religioni. Je prend mon bien ou je le trouve: prendo il mio bene dove lo trovo; non compartimentalizziamo la brama di percezione interiore e unione.


Originariamente pubblicato da TMS il 10 aprile 2010 – #107

EDITORIAL, 18 Mar 2024

#840 | Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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