Proibire il nucleare è l’unico modo per sfuggire alla catastrofe

Frida Berrigan

Per scongiurare una guerra nucleare e le sue potenziali ricadute, la nostra arma di difesa migliore è la partecipazione attiva alle manifestazioni antinucleari, non rifugiarci in un bunker: bisogna proibire il nucleare.

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Che cosa c’è nel vostro seminterrato? Il mio è pieno di cose che ho dimenticato di avere: attrezzi acquistati per progetti che non ho mai portato a termine, attrezzatura sportiva abbandonata da tempo, mobili che volevo riverniciare secoli fa e barattoli di vernice mai utilizzati recuperati da alcuni amici che se ne stavano sbarazzando.

Viviamo in questa casa da quasi dodici anni, da poche settimane prima che nascesse nostro figlio, e in tutto questo tempo sono sempre andata nel piano interrato per fare il bucato e riporre le mie cose – che, inspiegabilmente, non smettono mai di accumularsi. Nel tempo quello spazio ha raggiunto un livello di disordine tale da far venire i capelli bianchi a Marie Kondo, la famosa guru giapponese dell’organizzazione domestica.

Qualche giorno fa ho notato due opuscoli appesi a una delle travi del sottoscala. Incuriosita, e non avendo biancheria da lavare, ho cercato di staccarli utilizzando dei cacciaviti, ma, non trovando quello con la testa adatta, alla fine mi sono servita di un martello.

Mantenere la calma e procedere verso Ovest

Il primo opuscolo – che mi era stato inviato in qualità di residente – si intitolava “Pianificazione delle emergenze nelle centrali nucleari del Connecticut: guida per i nostri vicini”. In quelle 23 pagine, in cui non sono riuscita a trovare alcuna data, c’erano numerosi riferimenti alla Connecticut Light and Power, servizio di fornitura elettrica, nonché alla Connecticut Yankee, una centrale nucleare dismessa da quasi 30 anni.

Proibire il nucleare

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Siamo abituati a ricevere questo tipo di materiali informativi poiché viviamo a poco più di dieci chilometri da Millstone, l’ultima centrale nucleare attiva della zona, situata su una suggestiva penisola protesa sul canale marino di Long Island. Ero seduta in cucina e tenevo tra le mani quel vecchio opuscolo mentre ascoltavo il ronzio del frigorifero (guarda caso, alimentato proprio da energia nucleare!). L’attuale linea di comunicazione descrive l’energia nucleare come un ponte economico e affidabile in grado di condurci verso le energie rinnovabili, nonché un alleato essenziale per un futuro a emissioni zero. Metà dell’energia prodotta qui nel Connecticut proviene dallo stabilimento di Millstone, che è gestito da Dominion Energy.

Lo stabilimento di Millstone preleva ogni giorno 2,2 miliardi di galloni[1] di acqua dal canale di Long Island – sulla penisola tra le spiagge di Pleasure e Hole-In-the-Wall – per alimentare le sue torri di raffreddamento. Secondo uno studio della Yale School of Management, l’acqua riversata nel fiume sarebbe 32 gradi più calda rispetto al momento in cui viene prelevata. Gli scienziati stanno studiando i flussi di acqua calda provenienti da Millstone, Indian Point e altre centrali nucleari della costa orientale per cercare di capire il loro impatto sui livelli di ossigeno e di nutrienti in quelle acque.

Secondo lo studio: “Nel corso degli ultimi vent’anni numerose specie importanti per il commercio, tra cui l’aragosta e la platessa, sono diminuite drasticamente nel canale marino di Long Island, ma non è chiaro se a incidere siano la pesca eccessiva, il degrado dell’habitat, le malattie o gli scarichi di acqua calda provenienti da Millstone”.

Tre giorni prima che compissi cinque anni, si verificò un incidente di fusione del nocciolo presso la centrale nucleare di Three Mile Island, a circa 120 chilomentri a nord di Baltimora, dove ho vissuto la mia infanzia. Ecco perché mi terrorizzano le torri di raffreddamento e le radiazioni nucleari. E l’opuscolo da poco ritrovato non ha certamente aiutato a placare le mie ansie. In caso di crisi della centrale, stando al piano di evacuazione contenuto nell’opuscolo, bisognava percorrere una serie di strade a due corsie che negli anni successivi alla pubblicazione sono diventate sempre più intasate. «Se possibile, usate una sola auto, e se avete posto date un passaggio al vostro vicino di casa. Tenete chiusi finestrini e bocchette dell’aria”.

Inoltre si consigliava di mettere in valigia il necessario per un viaggio di tre giorni, con un elenco di cose indispensabili, come cuscini e prodotti da bagno. Infine, si esortava a mantenere la calma con queste parole, poco confortanti: “A differenza di quanto comunemente si crede, un’emergenza nucleare non è improvvisa, ma richiede tempo per svilupparsi, permettendo alle autorità statali e locali di agire e proteggere in modo tempestivo”. Certo, ma andate a dirlo alle popolazioni di Chernobyl e Fukushima: chi stabilisce che il tempo a disposizione sia sufficiente per salvarsi?

Costruire un bunker e sopravvivere alle radiazioni (ma non all’onda d’urto)

Nel secondo opuscolo, scritto in stampatello, leggo: “COME PROTEGGERSI DALLE RADIAZIONI PER ABITAZIONI DOTATE DI SEMINTERRATO” ed era stato inviato al nostro indirizzo nel maggio del 1967 dall’Ufficio di Difesa Civile. Sfogliando quelle pagine di oltre sessant’anni fa mi sono resa conto che il primo proprietario della casa lo aveva appeso proprio lì nel sottoscala in risposta a un suggerimento riportato sul retro dell’opuscolo: “Per una rapida consultazione, appendi questo opuscolo in un angolo del seminterrato”.

L’opuscolo era stato personalizzato per la nostra abitazione sulla base di un questionario che il vecchio proprietario doveva aver compilato, poiché venivano indicati alcuni punti da seguire per aumentare del 40% il nostro “Fattore di Protezione” dalle radiazioni. Secondo il libretto, ogni “uomo-tuttofare della casa” sarebbe stato in grado di costruire un perfetto rifugio nel seminterrato di casa o almeno di pianificarne uno da realizzare rapidamente in seguito a un attacco nucleare. L’opuscolo spiegava anche come improvvisare un rifugio una volta che ci fossimo rintanati lì sotto, benché, recitava l’opuscolo, “un rifugio antiatomico fornirebbe una protezione limitata dalle esplosioni”.

Tuttavia, non c’era un terzo libretto che istruisse “l’uomo-tuttofare di casa” su come proteggere la propria famiglia da una potenziale esplosione nucleare nel quartiere e, a distanza di anni, il nostro seminterrato non è stato convertito in un rifugio antiatomico, né disponiamo di materiali per costruirne uno. A ogni modo, essendo i miei genitori dei noti attivisti antinucleari e avendo sempre temuto la possibilità di una futura guerra nucleare, ero rimasta inchiodata nel seminterrato, immaginando la mia famiglia di cinque persone che cercava rifugio qui sotto durante una catastrofe nucleare. Le pareti di questa casa, edificata nel 1905, sono fatte di pietre accostate con malta, la quale si sfalda sempre, ricoprendo il pavimento di una specie di neve secca e friabile.

Di tanto in tanto spruzziamo della schiuma espandente nei buchi delle fondamenta, ma c’è ancora un angolino dove i miei figli amano tendere la mano ed esclamare: “Sento l’aria!” e “Che puzza di fango!”. Secondo l’opuscolo quell’angolo è il più “resistente”, quindi prima di un attacco nucleare spero di riuscire a chiudere tutti quei buchi.

A dirla tutta, in quel seminterrato la nostra esistenza sarebbe abbastanza triste, soprattutto se non sistemo quell’angolo in cui i bambini sentono gli spifferi. Ci sono molte biciclette, un’enorme canoa e dei salvagenti, un sacco di barattoli, un disidratatore, lampade termiche e altri accessori per l’allevamento dei polli, nonché il materiale per la produzione e la distillazione di birra di mio marito. Il problema è che la maggior parte di queste cose sono praticamente inutili senza elettricità, calore o acqua potabile.

L’opuscolo non offre consigli su come rifornire un rifugio antiatomico di acqua, birra o altro, né ci dice quanto tempo dovremmo rimanere lì sotto. Dice però che: “Fino a quando l’entità della minaccia di radiazioni nella vostra città non sarà determinata da controllori esperti, è necessario rimanere nel vostro rifugio il più possibile. Per i bisogni essenziali, è possibile lasciare il rifugio per qualche minuto”. Infine, aggiunge di procurarsi una radio a batteria.

Queste informazioni risalgono a 57 anni fa, molto prima dell’avvento dei media moderni. Oggi potrei andare su internet e vedere un numero infinito di tutorial su come costruire un bunker e fare scorte di cibo. Ormai, la preparazione ai disastri, siano essi nucleari, convenzionali o di fantasia, rappresenta un business multimiliardario. È persino possibile iscriversi a un corso di sopravvivenza nella natura selvaggia per 800 dollari. Tuttavia, nulla di ciò che ho letto su quel corso offre indicazioni su come sopravvivere a “una guerra, un collasso della società o un qualsiasi disastro” quando si hanno tre bambini; perciò, credo che non andrò da nessuna parte. Anche se quella di procurarsi una radio a batteria potrebbe non essere una cattiva idea.

https://wagingnonviolence.org/2022/02/doomsday-prepping-we-cant-survive-alone/

Non puoi nasconderti dalle bombe atomiche

Scendo nel seminterrato soprattutto cercando di distrarmi con le solite faccende di casa, ma l’idea di una guerra nucleare mi ronza costantemente in testa. È una paura fissa e che penso mi distingua dalla maggior parte degli americani. Sembra che la maggior parte di noi affronti questa questione cercando di evitarla il più possibile, qualora ci venisse in mente. Per quasi un decennio, la Chapman University ha monitorato con sondaggi annuali le paure degli americani e ha scoperto che prime fra tutte ci sono la corruzione e il collasso economico, oltre alla malattia e alla morte dei propri cari.

C’è anche la paura della guerra, che è altrettanto diffusa, ma non quella paura in particolare che tormenta i miei sogni. Ho paura che si ripeta l’incubo abbattutosi sugli abitanti di Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945, quando persero la vita 100.000 persone, facendo degli Stati Uniti la prima e unica nazione a usare armi nucleari.

Sono consapevole dell’eccentricità della mia preoccupazione, ma è pur vero che vivo nella sedicente “Capitale Mondiale dei Sottomarini“, tra New London e Groton. Qui si costruiscono sottomarini nucleari fin dagli anni Cinquanta e nelle acque della base navale si trovano ben 15 sottomarini nucleari d’attacco. Come posso non preoccuparmi?

Per non parlare delle due terribili guerre che stanno infuriando in questo momento tra invasori dotati di armi nucleari (Russia e Israele) e entità non nucleari (Ucraina e Hamas): sono questi conflitti minacciati dal nucleare che mi preoccupano. Sono poi forse l’unica a essersi accorta che l’“Orologio dell’apocalisse” segna ancora 90 secondi (sì, 90 secondi!) dalla mezzanotte? Inoltre, ho letto abbastanza per sapere che solo nel 2024 il governo spenderà più di 55 miliardi di dollari per la ricerca, lo sviluppo e i test sulle armi nucleari. Tale cifra non include nemmeno gli enormi investimenti nei nuovi sistemi di lancio nucleare come i sottomarini di classe Columbia o il potenziamento del bombardiere B2 Spirit . A volte questo pensiero mi sconcerta, soprattutto quando scuole, ospedali e rifugi per i senzatetto faticano a restare aperti.

Proibire il nucleare

FILE PHOTO — The B-2 Spirit is a multi-role bomber capable of delivering both conventional and nuclear munitions. A dramatic leap forward in technology, the bomber represents a major milestone in the U.S. bomber modernization program. The B-2 brings massive firepower to bear, in a short time, anywhere on the globe through previously impenetrable defenses. (U.S. Air Force photo)


Guardare l’orologio (nucleare) durante le riunioni di famiglia

Anche se mi sforzo di avere altri interessi e preoccupazioni, non riesco a scacciare questi pensieri dalla testa il cui ronzio, talvolta, si fa assordante. Mia madre, attivista antinucleare, era costituzionalmente impossibilitata a non parlare di armi nucleari, cosa che per me è un monito. Ricordo ancora che i primi dieci giorni di agosto non andavamo mai ai matrimoni o alle riunioni di famiglia perché dovevamo commemorare i bombardamenti di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945). E poiché mia madre era nata in una numerosa famiglia irlandese cattolica, con sette fratelli e decine di nipoti, negli anni ci siamo persi tantissimi eventi nella prima metà di agosto proprio in virtù di questo principio.

E forse è stato meglio così poiché ricordo uno scambio davvero imbarazzante tra mia madre e un parente:

“Oh, ciao, Liz, che piacere vederti. Hai un aspetto delizioso. Come stai?”.

E mia madre rispose: “Beh, sono stata meglio. Mancano tre minuti alla mezzanotte nucleare, sai, e questo ci tiene molto occupati”. (A quei tempi, l’orologio dell’apocalisse era leggermente più lontano dalla “mezzanotte”).

Seguì un silenzio imbarazzante che si diffuse come un inverno nucleare e alla fine il parente si scusò e andò a prendere un altro Martini.

Cerco di non fare lo stesso con amici e parenti ignari, ma mentirei se vi dicessi che a volte non la penso come mia madre.

Diversamente da me, temo che la maggior parte delle persone, abbia messo nel famoso seminterrato (ma non il nostro, ovviamente) tutta la storia, la scienza e la politica di questa pericolosissima tecnologia. Perciò immaginate la mia sorpresa quando proprio tutta questa strana storia è riemersa dal mio scantinato!

La messa al bando è l’unica misura protettiva

Ora che ci penso, la miglior forma di protezione che si possa trovare nel mio seminterrato è la nostra scorta di cartelli di protesta antinucleari. In un angolo ci sono tutti quelli usati dal Comitato del Connecticut per la Proscrizione delle Armi Nucleari. Ci sono cartelli con la scritta “Vogliamo subito il disarmo”, un robusto striscione giallo con citazioni del Trattato per la proibizione delle armi nucleari e una pila di 70 manifesti di ringraziamento per ciascuna delle nazioni che hanno aderito al Trattato.

I miei figli, alcuni amici e io abbiamo realizzato questi cartelli per esprimere la nostra gratitudine a paesi come il Benin, l’Honduras e la Tailandia che hanno accettato (a differenza dei nove paesi che possiedono tali armi) di non sviluppare, testare, produrre, fabbricare, acquisire o possedere, e tanto meno stoccare armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari, né di accettare armi nucleari da altri paesi, né di permettere che vengano stoccate sul loro territorio.

Mark Twain avrebbe affermato che la guerra è il modo in cui gli americani imparano la geografia. Realizzando quei cartelli e sventolandoli vicino al complesso locale della General Dynamics, incaricata di progettare la prossima generazione di sottomarini a capacità nucleare, i miei figli e io stiamo imparando un altro tipo di geografia. La nostra è una resistenza che ci permette di celebrare la geografia delle vere superpotenze del pianeta, le nazioni che stanno cercando di aprire la strada a un futuro senza nucleare e senza bunker, in cui i bambini non dovranno nemmeno immaginare di nascondersi nei propri scantinati.

Nel frattempo, appenderò questi due libretti nel sottoscala del seminterrato, a memoria di quella che mi piacerebbe considerare un’epoca passata. Devo solo trovare il cacciavite giusto.

Nota

[1] 1 miliardo di galloni corrispondono a più di tre miliardi di litri di acqua NDT.


Fonte: Waging Nonviolence, 6 febbraio 2024

https://wagingnonviolence.org/2024/02/the-only-protection-from-nuclear-catastrophre-is-prohibition/

Traduzione di Luca Castelletti per il Centro Studi Sereno Regis. Questa traduzione è frutto del partenariato con Unicollege.


 

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