Palestina e Israele: come sarebbe la pace

Johan Galtung

{Nota del caporedattore di TMS: Editoriale originariamente scritto da Johan Galtung per l’edizione TMS del 22 sett. 2008 – stesso titolo. Le visioni/intuizioni di Galtung son quanto mai rilevanti oggi in vista della pulizia ernica degli abitanti di Gaza, da parte IDF (Forze di Difesa Israeliane) oscenamente micidiale —debitamente disinfettata, banalizzata, normalizzata, trasformata in intrattenimento dalle narrazioni dei telegiornali mondiali. Il riferimento a Hamas del presidente Biden come ‘l’altra squadra’ rivela le loro mentalità: si tratta di una partita, non una faccenda di vita e di morte per i 2 milioni d’abitanti di Gaza massacrati mentre ne parliamo. È tragico che le guerre vincano le elezioni nelle (cosiddette) democrazie dell’Occidente.   —   Antonio C.S. Rosa


Palestina e Israele si sono incontrati per la pace lo scorso weekend [22 sett. 2008] o meglio l’hanno fatto parti positive delle rispettive società civili, sotto l’egida non del governo italiano bensì della Regione Toscana, a Pisa, dove c’è una torre pendente che sta però ancora su. Il tema era l’ Unione Europea come mediatrice. Con il governo israeliano in coma permanente, la casa palestinese si è spaccata contro sé stessa, contro gli USA e Israele che hanno in comune il brutto karma di essere fondati su terra rubata, e di spingerne gli abitanti in bantustan o peggio, con la base navale di Annapolis che manca ovviamente di navigarne le acque. Quella voce di Washington era assente a Pisa. Ce n’erano altre, di Speranza e futuro, con splendidi progetti congiunti.

Ma non basta il peacebuilding, abbiamo bisogno anche del peacemaking –una soluzione politica – e di peacekeeping. E qui entrerebbe la UE: non solo come mediatrice, ma come modello, che ha brillantemente sistemato una Germania resasi molto difficile da digerire per i paesi circostanti; ieri. Come Israele; oggi.

Cominciando dall’inizio, l’unico punto di partenza, con un approccio costruttivo al futuro, la tesi è che una sostenibile per Israele-Palestina ha tre livelli:

Un accordo bilaterale Israele-Palestina entro il diritto internazionale

Una Comunità del Medio Oriente a sei stati di Israele con i paesi confinanti

Un’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Asia Occidentale

L’approccio è olistico, non basato sulla “pace pezzo per pezzo” del risolvere un problema alla volta, con rispettivi accordi parziali con i confinanti di volta in volta, come quelli intergovernativi d’Israele con Egitto e Giordania, puntellati da incentivi esterni. Sicché una soluzione a 2-stati Israele e Palestina si considera solo come parte di rapporti pacifici con tutti i 5 paesi confinanti. Il percorso per confini sicuri si considera passare attraverso rapporti pacifici con tutti loro e con altri paesi della regione.

L’approccio è multi-livello, con l’entità bi-stato Israele-Palestina incassata in una Comunità del Medio Oriente (MEC) a 6 stati, a sua volta incassata in una Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Asia Occidentale (OSCWA); del tutto verso, ma non con, i tre colossi: Russia, India e Cina.

La proposta non confonde la soluzione con la sistemazione, documento firmato, ratificabile; necessario, ma non sufficiente. Iniziamo con la parte della sufficienza, che questa di fatto condurrebbe alla pace, trattando poi la necessità.

Parte dell’argomentazione è per definizione. Una Comunità, usando il Trattato di Roma del 1° gennaio 1958 come ovvio modello, è un progetto congiunto per la cooperazione economica (joint venture), culturale (educazione alla pace e lavoro ecumenico congiunti), militare (pattugliamento congiunto) e politico (conduzione congiunta con qualcosa come il Consiglio dei Ministri e la Commissione UE). Ci sarebbero confini aperti per persone, idee, merci e servizi, e un’agenda ricorrente per la  for trasformazione dei  conflitti al loro apparire. Sistemazione definitive e investimenti possono arrivare più avanti. Una comunità è un progetto congiunto per la pace.

Di Ignoto – <a href=”https://en.wikipedia.org/wiki/Image:Rometreaty.jpg” class=”extiw” title=”en:Image:Rometreaty.jpg”>Image:Rometreaty.jpg</a> (en.wikipedia), Pubblico dominio, Collegamento

Pertanto i 3 obiettivi principali d’Israele dichiarati pubblicamente, uno stato a carattere ebraico, confini sicuri, e il diritto al ritorno verrebbero soddisfatti, il terzo peraltro entro limiti. E così pure i 3 obiettivi principali della Palestina dichiarati pubblicamente, uno stato, con capitale a Gerusalemme Est, e il diritto al ritorno [degli sfrattati – ndt] entro limiti. La Palestina otterrebbe il suo stato secondo il diritto internazionale (risoluzioni ONU 194, Consiglio di Sicurezza 242 e 338), la risoluzione del Consiglio Nazionale Palestinese (PNC) del novembre 1988 di avallo a una soluzione a due stati; e  Israele sarebbe riconosciuto da tutti gli stati arabi come da dichiarazione del 2002 in Arabia Saudita, avallata dalla Lega Araba.

Ma la proposta aggiunge a ciò una Comunità del Medio Oriente (MEC) nella scia della Comunità Europea, e un’organizzazione west-asiatica per la sicurezza e la cooperazione sullo schema OSCE, per pura necessità. Una soluzione a 2 stati, come fosse una pace fra Germania e Lussemburgo, non arriverebbe a tanto.

la vistosa asimmetria a favore d’Israele sarà la causa d’interminabile manipolazione, sfruttamento, tensione. Anche peggio, la “pace” con la Palestina farà sì che s’ingrossino ancor più problemi con Libano e Siria, Giordania ed Egitto. Cinque “paci” manipolate, pur con governi trattabili, non valgono una singola pace autentica.

Israele stesso ha ben più da guadagnarci da una pace autentica che vuol dire e-q-u-i-t-à. La co-esistenza è esattamente questo: fianco a fianco, e non abbastanza soddisfacente. Convivialità significa in certo modo un “noi”, per paesi noti come una “comunità”. Ma ciò sarà sostenibile solo a un alto livello di equità, vale a dire che i benefici non sono solo reciproci ma uguali. E dovranno essere abbandonati progetti sionisti come da Genesi 15:18.

La CEE ebbe anch’essa una Comunità del Carbone e dell’Acciaio a due stati come prima fase verso la riuscita integrazione della Germania, ma i due stati erano equilibrati. La pace ha anche bisogno di equilibrio, non militari per la dissuasione, cosa che porta a gare d’armamenti, bensì equilibrio economico-cultural-politico perché l’equità produca una pace positiva. Una MEC dischiude tale possibilità.

La proposta a una MEC aggiunge poi un’OSCWA corrispondente all’OSCE, per come va la politica mondiale un successo come la CEE. Perché non costruire su premesse riuscite? Ci sarebbero i , e così la Turchia, i paesi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo (GCC), Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e le repubbliche centrasiatiche. Le grandi potenze occidental, USA, UK e Francia (e Germania), come le altre potenze del Consiglio di Sicurezza ONU, Russia e Cina (e India) potrebbero essere invitate come osservatori con diritto di parola ma non di voto. Che Asia Occidentale/Medio Orente/Mediterraneo Orientale (con Cipro tutta intera) sia(no) esattamente questo. Un’organizzazione-ombrello regionale è indispensabile, che colleghi Israele-Palestina al tema curdo, all’Iraq dopo il ritiro USA, e a una zona denuclearizzata.

S’impari dal Nepal il potere di proposte concrete, costruttive, creative. Si spenda 50% per immagini convincenti di pace, 30% per il procedimento e 20% criticando il passato. Non al contrario.

Per ulteriori dettagli, vedere Johan Galtung, 50 Years, 100 Peace & Conflict Perspectives, TRANSCEND University Press, 2008, capitolo 16, disponibile presso www.transcend.org/tup.


EDITORIAL, 23 Oct 2023

#819 | Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

https://www.transcend.org/tms/2023/10/palestine-israel-what-peace-would-look-like/

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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