21 settembre, la giornata internazionale della pace

Gianmarco Pisa

La ricorrenza del 21 settembre, giornata internazionale della pace, istituita con risoluzione 36/67 (1981) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite allo scopo di promuovere gli ideali della pace in tutti i suoi aspetti e dimensioni, è un’opportunità preziosa per riflettere intorno al valore e all’importanza dell’impegno per la pace e del «lavoro di pace» propriamente detto, nonché per individuare strumenti concreti e possibilità efficaci per attivarsi, a titolo personale o in ambito collettivo, di fronte alle guerre del nostro tempo.

Il tema della giornata del 2023 è dedicato alle «Azioni per la Pace: la nostra ambizione per i Global Goals»: la promozione della pace contribuisce alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e il conseguimento di questi ultimi può alimentare una cultura di pace.

Com’è stato osservato, tanto nella letteratura quanto nella prassi, «non è il conflitto il contrario della pace, il contrario della pace è la guerra»; pertanto, così come alimentano il conflitto sia elementi di ordine strutturale, a livello economico, sociale, istituzionale, vale a dire le contraddizioni, sia elementi di ordine culturale, a livello morale, ideale, ideologico, vale a dire gli atteggiamenti, in modo analogo concorrono alla costruzione della pace tanto contenuti di carattere culturale, approcci e «culture profonde» orientate all’incontro, al dialogo, alla relazione, quanto contenuti di tipo strutturale, condizioni sociali e «strutture profonde», tese alla partecipazione, inclusione e condivisione.

Nella sua dimensione più generale, presupposto della costruzione della pace è la realizzazione di una vera e propria «cultura di pace»: non si tratta di una generica propensione ideale, bensì della realizzazione di una serie di condizioni volte a favorire una condizione di pace nelle relazioni, tanto in ambito sociale quanto a livello internazionale.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la sua risoluzione 53/243 (1999) recante la «Dichiarazione e programma di azione per una cultura di pace», pone chiaramente in evidenza che «la pace non è solo l’assenza del conflitto, ma richiede anche un processo positivo, dinamico e partecipativo, in cui il dialogo sia incoraggiato e i conflitti siano risolti in uno spirito di reciproca comprensione e cooperazione».

La risoluzione definisce una cultura di pace come «un insieme di valori, atteggiamenti, tradizioni, condotte e stili di vita basati, tra l’altro, sul rispetto per la vita, la cessazione della violenza e la promozione della pratica della nonviolenza attraverso l’educazione, il dialogo e la cooperazione; il pieno rispetto dei principi di sovranità, integrità territoriale e indipendenza politica delle nazioni, e non intervento nelle questioni che rientrino essenzialmente nella giurisdizione interna di ciascuno Stato; il pieno rispetto e la promozione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali; […] il soddisfacimento dei bisogni di sviluppo e di tutela dell’ecosistema».

Nella sua dimensione più specifica, un compito importante, e non semplice, consiste nel declinare tale impostazione in profili definiti e ambiti operativi che possano istruire o orientare i «percorsi di pace» o, in termini più concreti, l’impegno collettivo finalizzato alla prevenzione della guerra, alla cessazione delle guerre laddove siano deflagrate, alla prevenzione dell’ulteriore insorgenza di conflitti violenti, alla riduzione delle tensioni e alla promozione del processo di pace, vale a dire alla costruzione delle condizioni affinché i bacini della violenza siano estinti, le relazioni sociali siano riconfigurate nel senso della giustizia sociale e le possibilità della pace possano essere concretizzate.

Non si tratta, come la letteratura ha ormai assodato, della realizzazione di pace «negativa» (assenza o cessazione della guerra e nulla più), per quanto questa dimensione rappresenti in ogni caso un punto di partenza ineludibile (la rapida cessazione delle ostilità e la predisposizione di spazi per la politica, e quindi per la soluzione politica del conflitto, restano le condizioni essenziali); si tratta, piuttosto, della costruzione della pace «positiva», vale a dire dell’affermazione dei diritti umani e della giustizia sociale indispensabili affinché la pace possa essere costruita e sostenuta.

Nella formula della pace immaginata da Johan Galtung, la dimensione «positiva» della pace viene espressa nei termini dell’incremento delle condizioni di «equità e armonia» nelle relazioni (tra le persone, le comunità, gli Stati) e della riduzione o risoluzione di «traumi irrisolti e conflitti violenti» presenti all’interno della società. Come ha ricordato Nanni Salio, da un lato «costruire equità, […] forme di cooperazione per realizzare benefici mutui e uguali, o almeno non clamorosamente diseguali e peggiorativi», dall’altro «risolvere i conflitti presenti, […] superare sia le contraddizioni e le incompatibilità sia gli atteggiamenti e i comportamenti negativi» nel tessuto delle relazioni.

E come si diceva poc’anzi – a maggior ragione nel contesto di una giornata della pace nel pieno di tante guerre in giro per il mondo, e di una guerra per procura in piena Europa – una dimensione essenziale nella costruzione della pace resta quella della «prevenzione della guerra». Come ha ricordato, con grande chiarezza, Alberto L’Abate, «il metodo di analisi processuale della guerra ci porta a comprendere che la guerra e la pace non sono fatti che avvengono, in un certo momento, per cause non sempre chiare, ma sono processi che cominciano molto prima, si estendono molto dopo, e si sviluppano in modo da portare a questa conclusione. Ciò significa che, per prevenire le guerre e i conflitti acuti, dobbiamo intervenire prima, quando il processo è ancora allo stadio iniziale».

Un’indicazione, nel senso della costruzione della pace (peacebuilding) in senso positivo, di grande momento, nell’occasione della giornata internazionale della pace di questo 2023.


Riferimenti:

  • Dichiarazione e programma di azione delle Nazioni Unite per una cultura di pace (risoluzione A/53/243 1999).
  • United Nations Conflict Prevention and Preventive Diplomacy In Action: An overview of the role, approach and tools of the United Nations and its partners in preventing violent conflict, UN Department of Political Affairs, New York, 2018.
  • Mel Duncan, David Hartsough, “Una proposta per una forza di pace internazionale”, San Francisco (CA), 1999.
  • Johan Galtung, La trasformazione dei conflitti con mezzi pacifici (Metodo Transcend), ed. it. Centro Studi Sereno Regis, Torino, 2006.
  • Alberto L’Abate, “Un’introduzione al libro sulla metodologia di ricerca per la pace”, Firenze, 2012.
  • Gianmarco Pisa, Fare pace, Costruire società. Orientamenti di base per la trasformazione dei conflitti e la costruzione della pace, Multimage, Firenze, 2023.
  • Nanni Salio, Una formula per la pedagogia della pace, Centro Studi Sereno Regis, Torino.

 

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