Costo zero?

Cinzia Picchioni

Quando pensiamo ai costi – di ogni bene che acquistiamo/utilizziamo/eliminiamo – dovremmo sempre calcolare i (nas)costi. Nulla è a costo zero.

Quelle che scriverò, anche grazie a www.ecobnb.it e alla giornalista Alessia Sforza, sono tutte cose che, ragionando in termini di «semplicità volontaria» avremmo potuto sapere (e applicare) già da molto tempo. Sono tutte cose che vado dicendo da anni – perlopiù inascoltata quando non ridicolizzata e/o tacciata di voler vivere nel Medioevo – tanto che, addirittura, non ho, non voglio, non uso (neanche quello degli altri, cioè non chiamo nemmeno), cellulare, smartphon ecc., ma nemmeno cordless, consigliando chiunque di mantenere il telefono fisso, e di smetterla di affermare il falso con la frase: «Il telefono fisso costa troppo».

Non so voi, ma io ho un contratto Telecom (telefono+connessione internet+segreteria telefonica) che per i primi 2 anni è costato circa 24 euro al mese, e ora – da anni, è fisso a 46 euro e qualcosa al mese. 46 euro e basta, però. Non devo mettere l’apparecchio in carica (costo dell’energia elettrica), non devo ripararlo (a mie spese), non devo comprarne l’ultima versione, non devo fare le ricariche ogni mese, o trimestre o…, non devo pagare (in più) per ascoltare la segreteria telefonica, non ho sfruttato un bambino innocente (anche quello è un costo) per estrarre il litio che serve alla batteria del cellulare, l’apparecchio che uso è un vecchio telefono che a suo tempo mi è stato regalato da mia sorella che si è comprata un cordless (e già, così può telefonare dal bagno. Vuoi mettere la comodità? …).

Quando pensiamo ai costi – di ogni bene che acquistiamo/utilizziamo/eliminiamo – dovremmo sempre calcolare anche i (nas)costi. Come quelli del mondo digitale. Anche in questo campo non è vero che inviare un’e-mail non costa nulla (come si sente dire in modo insopportabilmente impreciso e irresponsabile); come non è vero che fare foto non costa nulla (e pensando così ne facciamo centinaia, brutte, che poi lasciamo lì, nel cloud: nome poetico, nuvola, per quello che in realtà è un immondezzaio). Non sembri troppo forte il termine “immondezzaio”. Non dovremmo dimenticare l’impronta ambientale del digitale e il conseguente inquinamento.

Spazzatura digitale

Spedire una lettera con la posta elettronica, videochiamare il nipotino, conservare documenti (ma anche foto, come abbiamo già detto) in archivi on-line ha un impatto ambientale. Una semplice e-mail da 1 megabyte produce 20 grammi di Co2. Pensiamoci, la prossima volta in cui «scriviamo» solo «ok» per confermare un appuntamento che non richiedeva conferma!

Nessuno qui sta dicendo di tornare a scrivere lettere con penna e calamaio (a parte il fatto che in certi casi sarebbe meglio, oltreché più bello); si sta solo cercando di riflettere sul fatto che ogni azione ha un impatto sull’ambiente. Quindi dobbiamo come minimo cercare di evitare quelle inutili e ridurre di numero quelle inevitabili. Ecco qua che cosa suggeriscono i partecipanti a un meeting sull’impatto che il digitale ha sul cambiamento climatico. I consigli sono 12come i mesi e i verbi sono all’infinito come il tempo:

  1. Ridurre le dimensioni. Cercare cioè di spedire e-mails leggere. Perché ovviamente più pesano (con allegati ecc.) più inquinano. Dunque messaggi brevi e allegati solo se davvero necessari (e comunque di dimensioni ridotte).
  2. Cancellare gli account inutilizzati, che consumano energia comunque giacché i server utilizzano elettricità per spegnersi/accendersi e acqua per raffreddarsi.
  3. Iscriversi solo alle newsletter che interessano davvero (e quando non sono più utili cancellarsi. Cleanfox è uno strumento gratuito per farlo).
  4. Eliminare files inutili e disinstallare dallo smartphone le app inutilizzate. Ormai lo sappiamo. Poche righe più su abbiamo letto che la conservazione negli archivi digitali inquina – oltre che occupare spazio nei server, che per funzionare usano varie fonti energetiche e inquinano ecc. Sempre per lo stesso motivo – i server funzionanti – bisogna eliminare le app, perché anche se non le usiamo più continuano ad essere aggiornate (e gli aggiornamenti mettono in moto una mole di dati tra i vari server che per funzionare usano… eccetera, già letto.
  5. Ascoltare musica e guardare film senza usare internet, cioè non rimanendo collegati.

Meglio scaricare i video e la musica, e non guardarli/ascoltarla on-line. Altrimenti i dati sono utilizzati continuamente (e i server per funzionare… eccetera, ri-già letto).

  1. Sostituire i dispositivi elettronici solo se (e solo quando) è necessario. Quindi non per moda, né per status-symbol, né perché il primo venuto ci dice che “non è più aggiornato” eccetera. Non sprecare risorse, acqua, metalli preziosi, terre rare, necessari a produrre modelli nuovi di dispositivi (che diventano “vecchi” in pochi mesi) è un imperativo etico, oltreché economico-ecologico.
  2. Riparare ogni volta che si può, aderendo a Progetti di riuso e riciclo come questi:

https://serenoregis.org/2021/02/11/restart-cafe-un-cafe-ma-con-la-moka-non-con-la-macchinetta/

http://www.engimtorino.net/artigianidigitali/

https://serenoregis.org/2021/07/19/on-the-r-o-a-d/

  1. Optare per dispositivi ricondizionati. Idem come al Punto 6. E leggere anche qui: https://www.fairphone.com/it/
  2. Spegnere la telecamera durante le riunioni on-line. Secondo studi dell’Università di Yale e del MIT di Boston, un’ora di videocall emette da 150 grammi e 1 chilo di anidride carbonica (e richiede da 2 a 12 litri d’acqua)
  3. Limitare i messaggi vocali. Anche se un audiomessaggio trasmette meno dati rispetto a foto e video, è comunque più inquinante rispetto a un messaggio di testo. Preferire telefonate brevi piuttosto che lunghi messaggi vocali.
  4. Guardare i video in bassa risoluzione inquina di meno: nel 2018 il traffico video on-line ha causato più di 300 milioni di tonnellate di CO2.
  5. Ridurre il tempo trascorso sui social-media. Utilizzare lo smartphone anche solo un’ora al giorno, alla fine dell’anno avrà prodotto 1,25 tonnellate di CO2 (dati del Global Carbon Project).

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