La guerra cognitiva. Verso nuove forme di guerra (seconda parte)

Rita Vittori

Abbiamo visto nel precedente articolo come si stia profilando all’orizzonte un nuovo tipo di guerra: la GUERRA COGNITIVA O PSICOLOGICA, che ha come campo di applicazione la mente delle persone. In senso lato è un processo di disinformazione per logorare psicologicamente i destinatari delle informazioni, cioè dell’opinione pubblica. Essa si diffonde strategicamente attraverso i social-media, networking, risorse Internet, video, foto scattate fuori contesto, vignette politiche e persino siti web ben pianificati che incoraggiano la disinformazione. La guerra cognitiva può essere applicata in diversi campi: commerciale, politico e militare.

Per certi versi, la guerra cognitiva può essere in parte paragonata alla propaganda. Ma esiste una profonda differenza: lo scopo della propaganda è quello di influenzare le persone affinché adottino l’atteggiamento giusto, che può consistere nel fare determinate cose o, spesso, smettere di farle. La guerra cognitiva, invece, sapientemente pianificata all’interno di una strategia globale, mescola informazioni reali e distorte, fatti esagerati e notizie inventate in modo da generare ansia, paura, senso di smarrimento e soprattutto sfiducia, senza che le persone si accorgano di cosa sta succedendo. Questo porterà l’opinione pubblica a orientarsi secondo il pensiero dominante apparentemente come scelta autonoma, senza la consapevolezza di essere stata indotta dai contenuti scelti e dal tono emozionale dei contenuti proposti.

E anche se assomiglia alla guerra di informazione o alla propaganda, lo strumento di diffusione non è più la stampa tradizionale, ma canali come i social-media globali – Facebook, Instagram, TikTok, Twitter – e i siti di controinformazione che sono più attenti a rilanciare contenuti eclatanti, a volte creati appositamente dagli algoritmi e dalla cosiddetta «Intelligenza Artificiale».

Su cosa si basa?

Tutto ciò si basa sulle nuove conoscenze da parte delle neuroscienze del funzionamento delle capacità cognitive del nostro cervello. Infatti il  cervello:

  • non è in grado di distinguere se una determinata informazione è vera o falsa;
  • è portato ad accettare l’attendibilità dei messaggi dello stesso contenuto in caso di sovraccarico di informazioni;
  • è portato a credere a dichiarazioni o messaggi che combaciano con le proprie idee, anche se questi possono essere falsi o comunque impossibili da verificare.
  • accetta le affermazioni come vere, se supportate da prove, anche inventate, a prescindere dall’autenticità delle prove stesse.

Facciamo alcuni esempi accaduti in questo anno di guerra tra Russia e Ucraina che sono stati poi smascherati, ma indicano nuove modalità che dobbiamo conoscere per alzare il nuovo livello di attenzione:

Un caso riguarda un video su TikTok diventato virale in breve tempo. La clip, mandata in onda persino dalla Bbc, mostra un paracadutista russo che registra un selfie, esultando mentre atterra sul suolo ucraino. Il video – che ha ottenuto oltre 25 milioni di visualizzazioni – è stato inizialmente attribuito all’attuale invasione russa, ma in realtà risale al 25 agosto 2015.

Allo stesso modo, c’è stato un post di Telegram in cui il portavoce della Duma (il parlamento russo) annunciava che Zelensky era fuggito da Kyiv, e fu subito smentito da Zelensky stesso in un video su Istagram.

Un altro ancora è stato l’incidente accaduto nel villaggio polacco di confine di Przewodów (a 6 km dal confine con l’Ucraina) con la morte di 2 cittadini. Un incidente potenzialmente gravissimo, attribuito a un missile russo, ipotesi immediatamente accreditata e rafforzata dagli Ucraini, e in misura minore dai Polacchi. Poi ci sono state le prime immagini che hanno mostrato rottami di un missile antiaereo S-300, seguite dalle dichiarazioni del presidente Biden e le prime indiscrezioni, sempre di fonte americana, secondo il quale l’incidente sarebbe stato da attribuire «semplicemente» a missili antiaerei di Kiev ricaduti in territorio polacco, presumibilmente per via di un malfunzionamento.

Russia-Ucraina: una guerra combattuta anche sui social-media

Quindi i social-media nella guerra tra Russia e Ucraina rappresentano un nuovo terreno di scontro dimostrando come la guerra dell’informazione non sia più una componente aggiuntiva della strategia militare, ma una vera e propria nuova dimensione del conflitto. Da quando questa guerra è cominciata le piattaforme di comunicazione on-line sono state impiegate in diversi modi e con diverse finalità. Dal punto di vista del fronte ucraino, per esempio, i nuovi media vengono utilizzati per reclutare nuove persone alle armi, motivare la popolazione e trovare sostegno da parte della comunità internazionale per l’invio di nuove armi.
Il Cremlino invece, si avvale della comunicazione digitale per diffondere la narrazione e ha addirittura vietato l’accesso ai suoi cittadini ad alcune piattaforme di social-media.

Le informazioni sul conflitto diventano contenuti da postare e commentare, che si diffondono rapidamente on-line e che a loro volta forniscono prove a sostegno di diverse narrative. Così, la guerra diventa sempre più ibrida e strumenti utilizzati solo per il marketing on-line si affiancano a tecniche di propaganda militare.

Gli ormai famosi video di Zelensky su Telegram sono stati cruciali per sollevare gli spiriti del suo paese in mezzo alla violenza, e per mantenere il sostegno internazionale e far circolare le armi.

Per i nemici di Zelensky, Telegram ha fornito una piattaforma preziosa in Russia, dove Facebook, Twitter e praticamente tutti i media indipendenti sono banditi. Infatti, i canali Telegram russi che sostengono la guerra di Putin sono proliferati. Infatti il Cremlino ha deciso di creare dei propri canali con lo scopo di diffondere la sua narrazione, e dallo scorso dicembre ha pubblicato video di propaganda per attirare nuovi volontari al fronte e combattere contro gli Ucraini. La possibilità poi per i civili di filmare scene di guerra rappresenta una preziosa informazione sulle postazioni nemiche che vengono utilizzate dagli avversari per scatenare offensive in quel luogo. Insomma l’esplosione di informazioni ha permesso ai funzionari militari di entrambe le parti di analizzare i piani e le debolezze del nemico, approfittarne per modificare anche la propria strategia.

E non dimentichiamo anche il ruolo che hanno nell’alimentare la retorica di odio tra le parti in conflitto. Come scrive Zanini sul «il Manifesto» del 25 febbraio 2023, Meta, la holding proprietaria di Facebook, di Instagram, Whatsapp e Messanger, non censura più i messaggi di odio verso i Russi e Putin. E questa modifica temporanea vale per gli utenti in Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e naturalmente Ucraina.

Meno di dieci ore dopo la Russia reagisce mettendo al bando Meta e le sue piattaforme.

Anche la Russia usa metodi simili per diffondere odio nei confronti degli Ucraini, come la foto di un soldato ucraino mentre tiene in mano il braccio carbonizzato di una donna. L’accusa era di cannibalismo, ma in realtà si trattava del fotogramma di un film di fantascienza uscito 5 anni prima…

Una guerra combattuta anche sui SOCIAL… ma noi siamo preparati?


 

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