Restart Café: Un «café»… ma con la moka, non con la macchinetta!

Cinzia Picchioni

 


Finalmente, dopo vari tentativi – interrotti anche dal Covid-19 – riesco a contattare Antonio Alessio Di Pinto, insegnante del Collegio Artigianelli di Torino, per saperne di più sui Restart Café (eccolo qua il riferimento al misterioso titolo di questo articolino!).

Ne avevo sentito parlare in occasione di uno di questi ritrovi in cui si può far riparare – e guardare, e imparare – un aggeggio elettronico che non funziona più e che saremmo tentati di buttare per comprarne uno nuovo. Eresia! Basta con questa storia che «conviene di più comprarlo nuovo…»; è una fake, una b…, una corbelleria, ma è molto diffusa e conviene al commercio. Finora.

Restart Café

In Francia per esempio le aziende dovranno ripensarla, questa affermazione apparentemente conveniente per loro. Al Parlamento europeo è stato infatti approvato un documento (di David Cormand, dei Verdi francesi) che contiene fondamentali novità per contrastare l’obsolescenza prematura* dei prodotti elettrici ed elettronici e per allungarne la durata.

Lo raccontano i membri di Right to Repair (Diritto alla riparazione, una coalizione che riunisce 38 organizzazioni da 15 Paesi europei): il 79% deicittadini europei, secondo l’Eurobarometro ritiene che i produttori dovrebbero essere obbligati per legge a facilitare la riparabilità dei dispositivi. Dopo il voto all’Europarlamento dello scorso 25 novembre, in Francia da gennaio è in vigore il primo indice di riparabilità in Europa.

Ancora grazie a Giorgia Marino che ci spiega: «Si tratta di un vero e proprio punteggio, su una scala da 1 a 10, che verrà stampato sull’etichetta energetica di cinque categorie di prodotti: smartphone, computer portatili, televisori, lavatrici e tagliaerba. Il punteggio viene assegnato sulla base di criteri come le informazioni fornite dalla casa produttrice (manuali di istruzione, schemi tecnici ecc.), la facilità di disassemblaggio, la disponibilità dei pezzi di ricambio e il rapporto fra il loro prezzo e quello del prodotto intero. “Quest’ultimo – sottolinea [Ugo] Vallauri – è un criterio di valutazione molto importante, in quanto i produttori giocano spesso sulla non convenienza dei ricambi per scoraggiare la riparazione”».

Disegno di Rod Hunt (Fonte: therestartproject.org)

Il Signore degli (artigi)Anelli

Bene, tutta questa «roba» l’ho saputa – e sentita con le mie orecchie, senza andare al Parlamento Europeo – dalle labbra di Antonio Alessio Di Pinto. Mi ha concesso un po’ del suo tempo di insegnante per insegnarmi (appunto) che anche a Torino esiste la possibilità di riparare i dispositivi elettronici. Ma non solo – tramite il Progetto Restart Café, che attualmente è fermo – causa Cov19 – nella sua forma di evento, ma prosegue in quella di Laboratorio di riparazioni.

Di Pinto si occupa – non da solo – della formazione di «artigianelli digitali» che imparano a riparare e possono rendersi disponibili a insegnare a loro volta, sia a coetanei (la peer education – o educazione tra pari – è più efficace di quella tradizionale), sia a noi poveri ignoranti digitali che di fronte al pc che non si accende non sappiamo che fare… Non solo il computer si può riparare, mi dice ancora Di Pinto, ma anche un phon, che a volte ha solo bisogno di essere smontato e ripulito per ripartire, invece di comprarne uno nuovo made in China e trasformare il vecchio in un rifiuto!

Una bellissima notizia, quella degli «artigianelli digitali». Quella dell’etichetta francese, quella dei Restart Café, quella di una comunità italiana che fa riferimento a una più grande e quella di una nuova parola, bellissima, da ricordare e usare d’ora in poi per definire il mondo digitale: informetica, al posto di informatica. E anche al plurale, che fa pensare a molti tipi di etica: riparazioni informetiche.

Insomma non è sbagliato affermare che ho intervistato Alessio Antonio Di Pinto, esperto di informetica, presso la sede degli Artigianelli digitali, davanti a un restart café, fatto con una moka di alluminio riciclato, caricata con acqua del rubinetto. Il cerchio – e anche l’articolo – si è chiuso. L’economia circolare è una (piccola) realtà a Torino.

*Prematura? Ma non si diceva «obsolescenza programmata»? Grazie a Giorgia Marino scopriamo qualcosa in più: «[…] casi di ‘obsolescenza programmata’, cioè quelli in cui determinati componenti riducono la durata di un prodotto, e […] casi molto più diffusi di ‘obsolescenza prematura’, in cui sono le scelte delle case produttrici, come la mancanza di supporto software o l’assenza di pezzi di ricambio, a ridurre arbitrariamente la vita di un dispositivo”», parole di Ugo Vallauri, co-fondatore di Restart project, che insieme all’EEB- European Environmental Bureau, guida la campagna Right to Repair. Sue anche queste parole, evocative di un diritto che abbiamo perso e vogliamo ritrovare: «[…] la coalizione Right to Repair […] si batte “per un diritto universale, perché tutti, senza discriminazione, possano avere accesso a ricambi e manuali”. E perché ogni oggetto rotto abbia una chance di essere riparato» [Giorgia Marino].

Autrice Cinzia Picchioni


6 commenti
    • Cinzia
      Cinzia dice:

      basta fare clic sui nomi in verde (per esempio il primo: Collegio Artigianelli) per avere tutti i telefoni e gli indirizzi che vuoi. Ma il Restart Cafè non è un luogo fisico, si svolge in un luogo fisico – che può essere ogni volta diverso – ma comunque, come è scritto, ora tutto è fermo. Tutto fa riferimento al Collegio Artigianelli di Torino, cui puoi telefonare, scrivere, andare… per saperne di più.
      Cinzia

      Rispondi
  1. Giorgio
    Giorgio dice:

    Ottima iniziativa. Siamo spesso ricattati con l'opzione " costa meno comprarlo nuovo" e non è raro che i tecnici inviati per la riparazione di grandi elettrodomestici non trasportabili si rivelino non preparati e che quindi favoriscano la tendenza piuttosto che approfondire. Capita anche che un bravo amico con cognizioni sull'argomento scopra che si tratti di una banalità. Ben venga Restart. Grazie- Giorgio

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