16 aprile: appuntamento in Val di Susa per dire No a tutte le Guerre

Daniela Bezzi

 


Verso il 16 aprile e anche oltre, il calendario delle iniziative tra Torino e la Valle:

  • mercoledì 13 aprile: dalle 16.30 in poi Giornata NoTav al Campus Luigi Einaudi di Torino; alle ore 18, ai Giardini Ex Mongolfiera, Piazza Borgo Dora, Presentazione dell’opuscolo “IL Tav all’interno dei corridoi di mobilità militare europea”;
  • dalle 20.30, al Polivalente di San Didero: Incontro con Yurii Colombo per parlare di “Ucraina: alle radici del conflitto”
  • venerdì 15 aprile: ore 20, Taverna Tortuga, ex cotonificio di Bussoleno, inaugurazione delle Mostra “Resistere per esistere” fotografie di Diego Fulcheri (fino al 30 aprile);
  • ore 20.30, alla Credenza di Bussoleno, “Noi non ci arruoliamo! Fermiamo la folle spirale interventista” incontro con Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo), Nicoletta Dosio (Movimento NoTav), Paolo Barisone (Politecnico di Torino e Sindacalista USB)
  • martedì, 19 aprile, ore 21 al Salone Polivalente di Bussoleno: proiezione del film La Scintilla (sul movimento della ZAD a Notre-Dame-des-Landes); alla presenza dei registi Valeria Mazzucchi e Antoine Harari,

San Didero un anno fa: la notte dell’occupazione

“Caro/a concittadino/a,

A breve, qui a San Didero in località Baraccone, nell’attuale area boschiva circoscritta tra statale e autostrada (EX-AUTOPORTO) potrebbero iniziare i lavori di rilocalizzazione dell’attuale autoporto di Susa. C’era già, l’hanno lasciato diventate un rudere per poi abbandonare Susa e riproporlo nello stesso posto in cui è stato abbandonato… il compito dell’Amministrazione comunale è quello di tutelare il proprio territorio e prendersi cura della Cittadinanza (…)”

Proprio l’altro ieri, cercando di ripulire il cellulare dalla zavorra, ecco che mi ritrovo su whatsapp la copia di questa lettera alla cittadinanza, che l’Amministrazione di San Didero aveva fatto pervenire anche a me (la data è 10 aprile 2021), in vista di un Consiglio aperto che avrebbe dovuto svolgersi il sabato successivo nell’imminenza dell’ennesimo cantiere “funzionale al TAV”: il progetto di un nuovo autoporto, che sarebbe andato ad aggiungersi a quello già esistente di Orbassano, 30 km a valle, e in previsione dello smantellamento di quello di San Giuliano di Susa, 15 km a monte, da adibire a Stazione Internazionale dell’Alta Velocità, oltre alle necessità di stoccaggio dello smarino… insomma quell’incubo che incombe sulla Val Susa da oltre 30 anni e che si chiama TAV.

 “Siamo particolarmente preoccupati dalle voci che si rincorrono” proseguiva la lettera, “dal movimento di persone e mezzi nella zona interessata, e temiamo che a breve possano partire lavori che comporteranno la movimentazione di terre da scavo pari a 40.000 metri cubi (…) che 3000 camion dovrebbero trasportare nella vicina cava di Caprie o chissà dove…”, terre oltretutto avvelenate dai residui tossici, diossina, PCB e chissà cos’altro, interrati nel corso di chissà quanto tempo dalle ex acciaierie; uno scenario insomma molto allarmante sotto il profilo ambientale, che giustamente l’amministrazione del piccolo comune di San Didero riteneva urgente valutare con la cittadinanza.

Il confronto (per l’esattezza: manifestazione statica, perché si era ancora in tempi di lockdown e zone rosse) avrebbe dovuto tenersi il sabato successivo presso il parcheggio di località Baraccone. E avrebbe coinvolto parecchi altri sindaci con tanto di fascia tricolore, oltre ai rappresentanti della Comunità Montana, e naturalmente il Comitato tecnico al completo “per capire cosa potrebbe accadere a breve in questa piana, e per visitare inoltre il presidio NoTAV tenuto da ragazzi giovani che vogliono prendersi cura della terra, pronti a difendere il territorio dall’ennesima colata di cemento…”

Non ci fu alcun incontro con la cittadinanza, perché arrivò prima l’esercito. Un anno fa ieri notte, la Val di Susa subiva la violenza più inaccettabile che un territorio possa subire, piccolo o grande che sia: la violenza dell’invasione, senza alcun preavviso. La violenza della requisizione manu militari di un’area boschiva di 68mila mq, estesa come nove campi da calcio, che negli anni era cresciuta intorno a quella costruzione di cemento ormai ridotta a rudere.

Un anno fa si era ancora in lockdown, pochissimi i veicoli autorizzati a circolare dopo le 10 di sera – e dunque immaginiamoci lo shock di quel momento. 80 veicoli che arrivano incolonnati nel buio della notte e vomitano una spropositata quantità di truppe. L’allarme lanciato a chiunque potesse arrivare al più presto. Il corpo a corpo con quanti tentavano di difendersi essendo già lì. La bruciante mortificazione delle autorità locali ridotte a testimoni impotenti, palesemente defraudati di qualsiasi ruolo – di responsabilità, voce in capitolo, tutela…

16 aprile
16 aprile

Questo è ciò che è successo un anno fa ieri notte nel nostro paese: un vero e proprio attacco a un territorio, e per di più sorpresa, come non sarebbe accettabile neppure per la conquista di un territorio ostile. “Insomma una guerra, una cosa da non credersi” fu il commento di Loredana Bellone, consigliera comunale di San Didero dopo esserne stata sindaca per ben tre mondati “impossibile credere che una cosa del genere possa essere successa nel nostro Paese, e però è successa, come mostrano i filmati.”

Lo sgombero durò meno di due ore e meglio di ogni rievocazione valgono le foto di Diego Fulcheri che come sempre era lì, per documentare. Incredibile che una situazione del genere possa essere successa in un paese democratico come dovrebbe essere il nostro; ma è successa e la ferita brucia ancora oggi.

Incredibile che il giorno dopo i pochi articoli sulla stampa ne abbiano parlato solo in termini di “ennesimi disordini in Val Susa” ma così è stato. E incredibile che si siano spesi 5 milioni di euro, per procedere alle immediate recinzioni di qualcosa che una volta era bosco e adesso sembra Gaza (con tutte le ben maggiori priorità sul fronte, per esempio, della sanità), ma queste sono le cifre. Incredibile che a distanza di un anno gli unici ‘lavori’ eseguiti all’interno del fortino siano stati di spiantamento di non si sa quante centinaia di alberi, che per legge dovrebbe essere concordato con le autorità locali… ma di questo stiamo parlando: di un territorio ex industriale, sicuramente degradato da decenni di nocività, che la natura stava risanando al punto da diventare l’unico polmone verde tra la bassa e l’alta valle … che non c’è più.

L’ennesima spettacolare devastazione a colpi di ruspe. L’ennesima fortificazione per dire Area di Interesse Strategico e quindi interdetta. Vietato l’accesso anche a chi all’interno di quell’area aveva dei campi. Pattugliata giorno e notte da un numero imprecisato di agenti, a spese di noi tutti contribuenti.

Il giorno dopo, un anno fa oggi, 13 aprile 2021, la situazione avrebbe previsto che le autorità potessero effettuare un sopralluogo all’ex presidio sloggiato la sera prima, se non altro per verificare le condizioni di salute di quel manipolo di attivisti rimasti dentro, rifugiati nel capanno che era stato costruito ad hoc in cima all’edificio. Situazione sotto ogni punto di vista delicatissima, in termini di incolumità, legittimità, responsabilità… ma anche in quel caso ci fu il muro contro muro, con le Forze dell’Ordine (teoricamente incaricate della sicurezza di un territorio in tutte le sue componenti) ridotte all’unico obbligo di difesa del ‘bottino’, per conto della privata franco-italiana TELT.

Della conferenza stampa che i sindaci della valle convocarono en plain air nel pomeriggio, è rintracciabile on line la registrazione, che val la pena riascoltare come corale J’accuse: …

… ancora una volta si è sfiorata ieri notte la tragedia … … come cittadini italiani prima ancora che come sindaci dovremmo provare vergogna… … io direi che tutti gli italiani dovrebbero provare vergogna, per quanto è successo ieri notte in Val di Susa… … ma poi, è pensabile che una Grande Opera possa continuare in questo modo con la militarizzazione di un’intera valle… …esigiamo spiegazioni… chiediamo di essere ascoltati… ieri notte si è toccato il limite…

Ma solo poco più tardi, nella luce gloriosa del tramonto, ecco di nuovo la piana di San Didero trasformata in Piccolo Vietnam, con i lacrimogeni saettanti contro i dimostranti che cercavano di ripararsi in qualche modo tra i campi, inseguiti fin dentro le prime strade del paese, tra case abitate da persone anziane, atterrite, alcune di loro con disturbi respiratori. Una cortina di fumi tossici che sarebbe rimasta nell’aria per ore. Una quantità di bossoli che per giorni avrebbero tenuto occupati i volontari-spigolatori del piccolo, placido, indifeso comune di San Didero: poco più di 500 abitanti, neanche un negozio…

Invece dell’incontro con la cittadinanza, il sabato 17 aprile fu giorno di manifestazione, la prima dopo mesi di lockdown per cui bellissima, partecipatissima, un fiume in piena, di slogan, canti, bandiere… Ma la stessa notte, in risposta a quella che le FFOO interpretarono come “incursione ostile”, ci furono di nuovo tafferugli, candelotti a casaccio, l’ennesima tragedia sfiorata per un pelo, con la povera Giovanna (attivista di Pisa, storica amica delle valle) colpita in testa da un lacrimogeno e portata d’urgenza in ospedale a Torino, perché in tutta la valle non esiste un Ospedale! Viva per miracolo e però con il volto tumefatto per il trauma: un dolore anche solo guardarle quelle immagini sui social, la mattina dopo …

San Didero un anno dopo: tutti in marcia il 16 aprile

Tutto questo succedeva un anno fa negli stessi giorni che quest’anno saranno di Pasqua, per cui la marcia che il Movimento NoTAV ha programmato per sabato 16 non potrà che essere “Marcia di Resurrezione”, come l’ha definita Alberto Perino a conclusione dell’Assemblea che si è svolta a Bussoleno qualche sera fa.

“Marcia di Resurrezione, perché è di questo che abbiamo bisogno! Di risorgere! Tutti quanti, tutti uniti! Per dire NO alla Guerra, NO alla filiera della Morte, NO alle devastazioni nel nome di uno sviluppo che è solo distruttivo, NO a un TAV che, come abbiamo sempre detto, NON serve come treno-merci, NON serve come treno-passeggeri, ma certamente servirà per tutte le guerre prossime venture, per il trasporto dei carriarmati, dei droni e di tutto ciò che potrà rendere sempre più efficiente la logistica della Guerra…”

Prima di lui avevano parlato il reporter di guerra Domenico Quirico (“Biden ha già detto qual è il suo obiettivo, spodestare lo Zar, per cui… non sarà una guerra breve…”), lo scrittore Sandro Moiso (“la sola cosa che possiamo fare è disertare: disertare, disertare, disertiamo tutti…”) e soprattutto i portuali del CALP di Genova, protagonisti di quelle azioni di opposizione concreta alla Guerra, che si stanno replicando anche in altri porti e poli logistici, da Trieste a Pisa alla Grecia.

Il blocco delle navi, la chiusura dei cancelli, l’astensione dalle operazioni di carico in caso di armi – tutte azioni coraggiosissime, che li vedono già da tempo attenzionati, in alcuni casi inquisiti, e che perciò sollecitano la massima solidarietà da parte di tutti noi. E anche i portuali del CALP parteciperanno infatti alla Marcia di Resurrezione in Val di Susa il 16 aprile. Da Bussoleno a San Didero, arriveranno in tanti anche da Fuori Valle.

San Didero continua: la cura è nella terra

Una Resurrezione che il territorio di San Didero sperimenta anzi progetta già da tempo. Ben due incendi nell’arco di poche settimane dai primi di quest’anno hanno ridotto in cenere una dopo l’altra entrambe le casette di legno che fungevano da Presidio e Punto informativo, proprio di fronte al Fortino dei militari. E con l’usuale resilienza valsusina, le casette sono di nuovo in piedi: ricostruite, arredate e corredate, tutti i mercoledì sera ci si trova per l’apericena.

Quanto al futuro, questo venerdì mattina si inaugura un bellissimo progetto di agricoltura partecipata che, a un anno dall’occupazione militare che abbiamo descritto, il Comune di San Didero ha deciso di promuovere sul modello delle CSA, Comunità a Sostegno dell’Agricoltura. E si parte appunto con questo momento/evento che sarà proprio di Semina Collettiva. Per ribadire nel concreto che La cura è nella terra come diceva quel murales coloratissimo sulla facciata dell’ex-autoporto prima di venir sgomberato…


16 aprile

Ci sono state parecchie riunioni, che hanno permesso di mappare le tante iniziative di micro-agricoltura che stanno ripartendo, e di fare rete tra i tanti giovani della valle (alcuni anche di fuori) già contadini o aspiranti tali. E quanto alla terra: l’Amministrazione comunale ha messo a disposizione un abbondante appezzamento di terreno che si estende proprio accanto a quell’osceno fortino (lo vedete nella foto). Ed ecco che il progetto prenderà il via appunto venerdì mattina. L’appuntamento è alle 8 alla pista di go-kart di Bruzolo “…porta zappa, rastrello e pranzo al sacco”: per archiviare l’aggressione subita un anno fa, ci si divertirà seminando circa 1000 mq con diverse varietà antiche di ceci, donate da “Il Mulino dei Semi” del Monastero Bormida, specializzato nella conservazione, mantenimento e diffusione delle sementi.

Perché proprio i ceci? Andando a spulciare gli archivi del Comune di San Didero (spiega il Comunicato Stampa di questa iniziativa) qualcuno ha scoperto che fino al 1750 vi si coltivavano i ceci e in tale abbondanza da motivare una festona annuale, con grandi paioli di rame a sobbollire e distribuzione gratuita per gli indigenti.

E perché un progetto agricolo partecipativo? La lotta al TAV e alle nocività prodotte dal sistema industriale ha creato terreno fertile per la costruzione di un pensiero radicale di autonomia e opposizione al sistema capitalista dominante.

Perché ora? Di fronte all’emergenza climatica e alle vulnerabilità che la pandemia ha evidenziato appare chiaro quanto sia intrinsecamente fragile il sistema di consumo globale, e inefficiente di fronte alle crisi che ci attendono.

Se non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità è il problema è venuto il momento di costruire alternative concrete ed efficaci, verso l’autodeterminazione dei territori e di chi li abita. E se non ora… quando?


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