United #FromHateToHope con Fulvio Grandinetti

A cura di Roberto Frittelli


United #FromHateToHope con Fulvio Grandinetti

Questa settimana, il Centro Studi Sereno Regis prende parte alla campagna UNITED #FromHateToHope con Fulvio Grandinetti, presidente della sezione ANPI “68 martiri” di Grugliasco, che mosso da un irrefrenabile entusiasmo e sguardo lucido sulla realtà attuale, ci ha spiegato in che modo l’associazione si impegna quotidianamento a preservare la Memoria attraverso la narrazione di storie partigiane, con l’obiettivo concreto di riconoscere le tendenze neofasciste e intervenire a livello locale per impedirne pericolosi sviluppi.

Io sono Fulvio, sono nato nel luglio dell’85, ultima chiamata per il servizio militare. Quando è arrivata la lettera a casa ho deciso di rifiutare perchè preferivo fare altre scelte. Ho studiato agraria ma non mi sono laureato per motivi lavorativi. Infatti mi occupavo, e mi occupo ancora oggi, di gestione e sorveglianza delle residenze universitarie. Sono quindi abbastanza a contatto con il mondo giovanile, anche se di passaggio. Ho incontrato giovani studentesse dell’area dell’est Europa, nipoti di partigiani come me (e di gente deportata). Nonno Michele è morto nell’82 per cause legate alla guerra, significa che la guerra non finisce mai, prosegue oltre gli accordi che dividono le terre dopo la guerra.

Ancora oggi si trovano gli ordigni inesplosi che, quando esplodono, sono come un prolungamento della guerra stessa. Qualche tempo fa dei ragazzi che lavoravano in un campo a Novalesa, in Val di Susa, hanno trovato degli oggetti arancioni (bombe a mano italiane della seconda guerra mondiale) che purtroppo sono esplose provocando diverse ferite agli occhi. Anche le guerre più recenti come quelle in Vietnam lasciano ancora oggi dei crateri. Abbiamo quindi sempre sentito l’eredità dell’impegno politico antifascista e del portare avanti la Memoria.

Quando abbiamo occupato l’Università di Veterinaria e Agraria di Grugliasco i partigiani dell’ANPI Grugliasco ci sono venuti a supportare; noi eravamo galvanizzati perché se avevamo il loro supporto voleva dire che eravamo nel giusto. Purtroppo molti di quei partigiani non ci sono più. Ma comunque ci siamo affezionati a loro, soprattutto a quelli legati al territorio e alla fine ci siamo inseriti nel direttivo fino ad arrivare a gestirlo. Quindi tutte le iniziative culturali nelle scuole e anche qua con il Sereno Regis ci hanno fatto entrare in contatto con molti soggetti diversi, che ci hanno fatto capire come la Storia abbia comportato un’evoluzione delle lotte e dell’impegno, che noi dell’ANPI facciamo coincidere con la Costituzione, in quanto quello che è scritto lì dovrebbe essere realizzato anche se ancora non è stato fatto.

United #FromHateToHope con Fulvio Grandinetti

Abbiamo imparato nel tempo a considerare tutte le sfumature e non vedere le cose bianche o nere. In questa fase storica, come ANPI stiamo recuperando un discorso relativo alla Memoria, contro una vulgata revisionista che emerge (visto che i testimoni diretti iniziano ad essere pochi) e sul nostro sito si trovano più di 550 videotestimonianze dei partigiani. In più, portiamo avanti l’impegno a occuparci di cosa succede adesso. Quindi quando i neofascisti si insinuano nei cortei per attaccare i sindacati noi sappiamo che è successo 100 anni fa, non c’è niente di nuovo. Loro quando possono rifanno le stesse cose che facevano i loro bisnonni politici. Per questo bisogna vigilare sempre.

L’ANPI è un’associazione un po’ rigida, legata al mondo degli ex combattenti. Siamo ancora sotto il ministero della difesa ma è un mondo che non c’è più; l’associazione è cambiata molto. E’ però molto difficile che questo accada ad un macro livello, perché ogni associazione dell’ANPI sul territorio fa un po’ storia a sé. Abbiamo anche un ruolo storico di stimolo e critica nei confronti delle istituzioni. Se ci sono cose da fare le facciamo, se c’è da prendere posizione lo facciamo anche quando non c’è un legame diretto con i nostri interessi, come la Val di Susa e No Tav che noi leghiamo alla difesa del territorio e quindi a principi costituzionali.

In democrazia, qualunque opera civile va fatta senza ausilio dell’esercito, del filo spinato, senza militarizzare e soprattutto con un rapporto diretto e democratico con le istituzioni locali che rappresentano la popolazione. Questa cosa la dovrebbero capire tutti, dagli anziani ai bambini che disegnano via i cattivoni dai prati dove per cattivoni non intende i neofascisti ma i poliziotti in divisa. Questo per noi è un problema perché vorremmo che chi indossa quelle divise faccia il suo dovere in termini strutturali di difesa della Costituzione… E poi ci sono episodi come quello di Cucchi o Aldrovandi… il rapporto con le forze dell’ordine e quindi le istituzioni è un elemento sempre più critico.

I partigiani c’entrano con il No Tav per un collegamento con i diritti costituzionali. C’è chi ci dice: “ho avuto la famiglia partigiana, come vi permettete di entrare su una roba che riguarda i trasporti?”. Va spiegato che non riguarda i trasporti ma il filo spinato, l’esercito e i mezzi militari che prima erano in Afghanistan… che ci fa l’esercito a sorvegliare un buco nella montagna? Noi abbiamo conosciuto i partigiani della Val di Susa e loro fin dall’inizio hanno partecipato alle manifestazioni per via delle spinte repressive. Persone come Giovanni Pirolo, come Ugo Berga sono molto conosciuti in Val di Susa. Ugo Berga che aveva un ruolo di commissario politico all’epoca e sapeva quindi leggere e scrivere, faceva la scuola politica in montagna. Lui una volta disse che il movimento partigiano condivide con quello No Tav l’elemento di sabotaggio della ferrovia.

Quando rappresenti l’ANPI,ovviamente devi essere serio e coerente con la storia dell’associazione, non puoi occuparti di tutto, ma di tutti i fenomeni che hanno dei risvolti sul vivere comune democratico. Ad esempio nel nord America ha preso fuoco una città intera per cause naturali e questo è un problema. Se arrivano queste persone nelle nostre coste lo fanno anche per motivi climatici non solo per la guerra. Quindi ha molto a che fare con il nostro modo di vivere.

La questione migranti ha poi dei risvolti nei nostri ambiti più stretti come razzismo, neofascismo, leggi come i decreti sicurezza. E’ un collo di bottiglia, tutto quello che noi sappiamo passa dal 1945. Anche nelle scuole i bambini lo sanno che l’arma più potente è la bomba atomica. I film come Indiana Jones, che sono un forte riferimento culturale, sono contro i nazisti, non si fa problemi a prenderli a calci perchè era giusto farlo anche per un archeologo. Non esiste un film in cui i nazisti fanno la parte dei buoni, tranne un film fatto in Italia per parlare di foibe. Quindi in un’ottica revisionista, ma sulle foibe si aprirebbe un mondo quindi meglio lasciar perdere.

Per fare un po’ di contesto: in che modo l’ANPI si è modificata ed evoluta nel tempo? Cosa faceva prima e cosa fa adesso? Visto che i partigiani non ci sono oggi, a cosa serve l’ANPI?

C’è infatti chi ci considera come i Vietcong che si sono nascosti nella foresta senza accorgersi che la guerra era finita. L’ANPI si è aperta ufficialmente alle nuove generazioni nel 2006. Ci sono figli di partigiani che dicono di essere iscritti dagli anni ‘80 ma è solo dal 2006 che l’ANPI li ha riconosciuti ufficialmente come iscritti con diritto di voto passivo e attivo, prevedendo anche la possibilità di diventare Presidente dell’associazione, come nel mio caso. L’ANPI è restia al cambiamento ma l’apertura del 2006 ha portato molti benefici soprattutto in termini operativi.

Nell’Associazione si è innescata una dinamica di incontro-scontro. A volte non viene capito ma il processo è iniziato. Presto o tardi ogni tipo di muro e criticità è tenuto a cadere. Le iniziative gestite dai giovani che sanno anche banalmente montare un impianto si organizzano facilmente. Provate a spiegare a un 90enne cosa è Facebook e perchè dobbiamo esserci, perchè va usato. Da poco siamo anche su Instagram grazie ad una proposta di un ex servizio civilista del Sereno Regis. Per dire, quando lui ce lo propose 3 anni fa, rispondemmo scherzando che quando scopriremo che esiste, discuteremo per degli anni su come farlo e poi con calma ci arriveremo.

Sono processi irreversibili su cui scontiamo un ritardo cronico, ma piano piano ci stiamo mettendo in pista nel 21° secolo. Oggi rispetto al passato ci occupiamo ad esempio di cambiamento climatico, anche perchè abbiamo un sacco di studi sull’argomento effettuati da Aurelio Peccei, un intellettuale torinese antifascista che fu torturato dai fascisti nella galera di via Asti a Torino, e rinchiuso nella stessa cella del nostro Presidente di ANPI Grugliasco, Antonio Falbo.

Dagli anni ‘70 si ha consapevolezza della non rinnovabilità delle risorse, della sovrappopolazione, e di tutti i problemi energetici che ne sarebbero sorti. Questi problemi sono anche democratici. Le cose non si possono scindere perché non si può avere un mondo pulito ma sotto il quarto reich. Vogliamo un mondo pulito ma anche giusto dove non mi dicono niente se indosso la minigonna o se ho la pelle scura. Anche su questo ci sono delle resistenze nell’associazione. Quando prendemmo parte al nostro primo pride come ANPI Grugliasco, uno dei nostri anziani ci disse: “Ma siete sicuri di voler andare? L’ANPI è ente morale…”. Noi abbiamo sorvolato, anche perché eravamo sull’uscio. Parlandone dopo e mostrando anche le foto si è potuto discuterne meglio.

Oggi nessuno direbbe più una cosa del genere, anche perchè il pride è una manifestazione antifascista a cui bisogna partecipare. A noi stupiva che ci fosse ignoranza all’interno dell’associazione sulla genesi del pride, che è una genesi di lotta. Stonewall nel giugno del ‘69 dove, di fronte a un intervento repressivo di chi porta la divisa, quindi con un atteggiamento anche razzista, le persone si sono rotte di subire e si sono ribellate. Da quella ribellione deriva poi il pride come festa. Come il 25 aprile, che oggi è una festa ma viene da un contesto di lotta. Bisogna essere bravi a fare questi paralleli, per fare aggiornamento serve gente giovane e formata, in quanto la giovinezza non è un valore in sé. Le organizzazioni neofasciste lo dimostrano.

A proposito di fascismo… In che modo si è modificato il movimento fascista? E come lo avete vissuto?

Anche se non piacerà molto quello che sto per dire, i neofascisti hanno saputo aggiornarsi, comunicare e riorganizzarsi meglio di noi, e questo è un fatto. Hanno capito che bisognava ampliare e occuparsi anche di eventi e tematiche non direttamente riconducibili alla loro ideologia ma che fungessero da anticamera (ambiente, sport, socialità, animalismo). I giovani interessati a queste tematiche, ma che non sono spinti da interessi neofascisti, vanno da Casapound perché è una realtà associativa presente in questi ambiti.

Se anche noi facessimo queste cose probabilmente potremmo intercettare questi giovani, anche perchè a noi aprono le porte delle scuole e a loro no. Casapound per poter entrare nelle scuole ha dovuto farsi la sua associazione di facciata. Loro si sono riorganizzati, hanno capito come si sta nel 21° secolo, hanno gruppi giovanili e locali frequentati anche da non fascisti che ci vanno anche solo per una volta perché capita. Pensiamo all’ARCI che è enorme e antifascista: a volte mancano i rapporti, sono da ricostruire.

I neofascisti sono stati efficaci ed efficienti e infatti quando li smascheri dicono di riconoscersi nella Costituzione. Casapound e Forza Nuova rivendicano di essere fasci e nazi ma Fratelli d’Italia che ha una forte presenza istituzionale non può dire le stesse cose, non in modo esplicito almeno. Il pericolo è che più si va avanti più li si accetta: come fai a sapere che quella palestra è gestita da neofascisti? Magari è un prestanome, magari il titolare conosce gente di Casapound… ormai sono stati sdoganati e noi li stiamo rincorrendo su quel terreno. Un po’ non è stata capita e un po’ abbiamo dei ritardi, in compenso abbiamo un filone mai interrotto con le scuole.

Noi ci siamo organizzati per essere disponibili però siamo un numero limitato, ma per fortuna il tema della Memoria viene coperto da molte associazioni e iniziative… Il Treno della Memoria, ad esempio, è un’idea geniale. Ora a causa dei fondi limitati è diventato il bus della Memoria, che anche dal punto di vista simbolico è meno impattante. Rimane comunque un’esperienza molto forte e intensa, infatti tutti i ragazzi e le ragazze se lo ricordano perché la vivono…Non funziona più andare a parlare ai ragazzi. Lo si fa ancora in periferia, nei piccoli centri di montagna. Meglio di niente, ma non è efficace.

Secondo te, perchè i nostri nemici ce l’hanno fatta? Dove hanno trovato la forza e le risorse?

Prima di tutto, la fase storica è favorevole per loro, non per noi. Lo vedete anche dal consenso. Le persone non votano più, e tra i voti espressi la maggior parte va soprattutto a destra. Lasciamo stare la vittoria del cosiddetto centrosinistra a Torino, ma se andate a guardare i voti che hanno preso quelli di Fratelli d’Italia e la Lega 5 anni fa, non le percentuali, i numeri reali: FdI è passato da 5000 voti a 30-35000 voti; non è una cosa buona. Ciò è dovuto a motivi sociali e culturali.

L’altro motivo è il nuovo discorso giovanile. Si è dato spazio ai giovani, cosa cercano? Cercano, cerchiamo, spazio per fare cose con le persone con cui siamo in contatto, in cui fare esperienze e in cui realizzare noi stessi: socialità, divertimento, tempo libero, meglio ancora se in chiave formativa. Ciò è una cosa che i neofascisti offrono. Siamo noi che non abbiamo ancora capito che per parlare di resistenza si può anche evitare di essere noiosi. Perché la convenzione con il Ministero dell’Istruzione l’ha fatta l’ANPI a livello nazionale e non la può fare Casapound? Perché la guerra l’abbiamo vinta noi, noi abbiamo conquistato certi diritti, e la Costituzione italiana si basa sull’esperienza della Resistenza partigiana.

Ma noi dobbiamo rendere fighe, appetibili, le cose fatte dai nostri nonni e padri. La sede ANPI di Torino è vicina al Comala, ma insieme non hanno mai organizzato iniziative… il solo pensiero mi fa venire la pelle d’oca. Si potrebbero fare concerti, percorsi della memoria, feste…Lì c’è anche un’Associazione Sportiva dedicata a Luciano Domenico, un ragazzino di 11 anni, con nome di battaglia “Undici”, che è stato ammazzato dai nazisti nel febbraio del 1945 a Givoletto. Gli hanno dedicato il campo perché era del quartiere Borgo San Paolo. C’è anche una lapide al fondo del parco, sul marciapiede. È pieno di elementi per costruire delle attività, anche insieme a Comala, che sono sempre disponibili e interessati.

Il vantaggio istituzionale dell’ANPI dovrebbe essere colto, perché non è necessario muoversi nell’ombra come le associazioni neofasciste…

Hai assolutamente ragione, è un’eredità grossa, che implica anche una grande responsabilità. Se tu ancora adesso rappresenti l’Associazione dei partigiani devi sentire la responsabilità di ciò che stai facendo, anche se sei arrivato dopo. Non puoi vantare la tessera del nonno, devi fare qualcosa attivamente, con umiltà e determinazione, andando a stimolare i gruppi più refrattari dell’Associazione. Lì c’è gente che porta avanti l’Associazione da molti anni, non ci si deve imporre, ma si può trovare un dialogo positivo per far capire l’importanza oggi di prendere contatti con associazioni giovanili come Comala. O altre realtà internazionali come Euphemia.

Sono sempre esperimenti, tentativi, che secondo me andranno bene. Anche solo un cineforum, un ciclo di incontri, lasciare volantini nella più grande aula studio della città con 500 posti. Casapound non può attecchire lì. Se gli studenti si trovassero un volantino lì con un QR code che spiega chi è Luciano Domenico, si andrebbe a creare un grande valore aggiunto. Un’idea semplice ma che si può fare, basta avere pazienza e cercare di fare le cose sforzandosi di capire la difficoltà delle persone anziane a capire le dinamiche contemporanee. In tutte le famiglie è normale litigare, non capirsi, ma si è parte della stessa famiglia comunque.

I più anziani magari vedono il concetto di famiglia, ma non accettano che siano i più giovani a spiegare loro cosa fare di diverso.

Questo è vero, ma ora che purtroppo la generazione della resistenza è praticamente estinta è tutto più complicato. Il Presidente partigiano Antonio Falbo mi tirava le orecchie, poi però mi offriva una bottiglia di vino e mi invitava a casa sua. Discutiamo di tutto, però se hai l’approvazione e il supporto popolare, usali. Com’è successo con il referendum sull’acqua pubblica, che il parlamento ha comunque ignorato. Usalo quel referendum. Casapound non può permettersi di fare un referendum. I beni comuni sono tali perché sono di tutti e quindi vanno tutelati.

Pensiamo ai turet a Torino. Un’elaborazione sui beni comuni è ancora difficile, però è importante continuare a battere anche sugli argomenti divisivi, li si deve affrontare, non si può evitare il litigio. Il voto, il suffragio universale, non è solo un discorso retorico sulla gente morta per ottenerli, quello è un fatto storico da conoscere. Riguarda tutto. Per fare un esempio concreto, se adesso tutte le organizzazioni di corso Ferrucci legate allo spazio di Comala decideranno di protestare, di occupare, di fare delle scelte anche forti, se arriva la polizia a sgomberare perché devono costruire un supermercato, chiunque si occupi di beni comuni, di partecipazione, di democrazia deve dargli una mano, anche solo da lontano dichiarando il proprio appoggio.

Siamo eredi di un’esperienza inconclusa che va portata avanti per ottenere l’attuazione integrale del dettato della Costituzione Italiana. Quando ai grossi cortei per la liberazione in Piazza Vittorio Veneto a Torino alle donne partigiane fu chiesto di non presentarsi a sfilare con pantaloni e fucili in mano, ovviamente dai comandanti uomini, asserendo che “il popolo non capirebbe”, le compagne si ribellarono e andarono a sfilare anche loro perchè si erano conquistate la libertà sul campo, vivendo tutto ciò che avevano vissuto anche gli uomini. La lotta alle torture – e una donna torturata subisce anche altre cose rispetto agli uomini – le deportazioni, le galere, tutta una dimensione di sofferenza.

Giusto, anche dalle esperienze nelle scuole, pur non avendo molti anni di differenza dai diciottenni di oggi, loro hanno uno sguardo molto diverso dal mio e’ un arricchimento continuo dal contatto con i ragazzi e le ragazze, qualunque sia l’obiettivo di fondo, non puo’ prescindere dall’aspetto educativo.

Proprio così, io sono convinto che il percorso di rinnovamento all’interno dell’Associazione, anche se sono processi lenti, arriverà tantissimo dal mondo della scuola e dell’associazionismo giovanile. Anche perché altrimenti abbiamo sbagliato qualcosa. Tu devi avere a che fare con quel mondo lì, per quanto i giovani possano sembrarti irriverenti, tu devi contaminarti. Tu porti il tuo dna, quello di sempre, come ci hanno insegnato le nostre anziane e i nostri anziani, un po’ come una casa ha i muri portanti, che sono quelli: resistenza, antifascismo, la costituzione, da lì non si scappa. Poi, però, l’arredamento, il colore che dai ai muri bisogna aggiornarlo. Questo è un percorso difficile da portare avanti, non sempre è capito da tutti, ma è l’unica strada possibile.

La Costituzione chi l’ha scritta? Erano persone della nostra età, uomini giovanissimi, donne giovanissime che hanno sofferto e visto compagni di corso, fidanzate e fratelli morti, e hanno comunque garantito in Parlamento pure a quelli che avevano perso la guerra la rappresentanza parlamentare. Questo è ciò che intendiamo per democrazia. Abbiamo garantito i diritti a tutti, pure a quelli che ce li volevano togliere e ci spedivano nei campi. La grande lezione è stata questa e la dobbiamo trasmettere ai ragazzi oggi.


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