All’ombra di Charlie: la stampa francese di destra non-così-divertente
Autore
Chaim Narag
Con i valori della Francia a un bivio in seguito a un rinnovato dibattito su Charlie Hebdo, i commentatori dei media stanno forse sottovalutando la radicalizzazione della stampa “spazzatura“?
Nelle ultime settimane, il clima socio-politico francese ha raggiunto picchi febbrili. Le copertine dei quotidiani rispetto al processo attualmente in corso a Charlie Hebdo, unito al macabro omicidio di Samuel Paty, hanno riacceso il dibattito sul principio repubblicano, amato quanto imperfetto, della libertà di espressione.
Allo stesso tempo, la nuova legge sulla sicurezza globale introdotta il mese scorso non ha aiutato. Il suo divieto di riprendere e filmare gli agenti delle forze dell’ordine, alla luce di una recente ondata di virali episodi di brutalità da parte della polizia, ha portato infatti a violente proteste e tumulti pubblici. Queste circostanze convergenti rendono la discussione sulla libertà in Francia ancora più inevitabile.
Molti al di fuori del mondo francofono sono venuti a conoscenza dell’esistenza di Charlie Hebdo solo dopo la controversa pubblicazione delle caricature del Profeta nel 2006. All’epoca, il presidente francese Chirac condannò fermamente le azioni “apertamente provocatorie” di Hebdo.
Sei anni dopo, la rivista ha pubblicato ancora una volta una serie di caricature che ritraggono il Profeta, scatenando una nuova ondata di indignazione e polemiche. Un micidiale attacco terroristico agli uffici parigini nel 2015 ha suscitato non solo clamore e lutto a livello globale: ha infatti lasciato la Francia intera scossa eppure fortemente determinata a proteggere i valori fondamentali della Repubblica.
L’avanzamento veloce verso il 2020 e l’assassinio di Paty, un’insegnante che era stata presa di mira dopo aver mostrato alcune delle suddette caricature in una lezione sulla libertà di espressione, hanno lasciato molti nazionalisti decisamente arrabbiati e volubili nelle loro reazioni. A differenza di Chirac, Macron si è rifiutato di condannare queste caricature, promuovendo ulteriori scosse d’urto. Alcune nazioni come la Turchia e il Kuwait hanno condannato la posizione di Macron e hanno chiesto per questo il boicottaggio dei prodotti francesi.
Alla critica internazionale e gli outsiders, Charlie Hebdo sembra essere l’unica rivista sugli scaffali dei chioschi di notizie francesi che possa meritare attenzione. Ma in realtà non è così.
Hebdo è semplicemente il più noto “provocatore in capo” e a dir la verità si batte per l’indecenza della morale pubblica attraverso una stampa reazionaria di destra la cui spudorata ragione d’essere è quella di vendere storie di paura disgustose volte a fomentare il razzismo e la xenofobia.
È imperativo però analizzare tali storie di paura in una più ampia tradizione di razzismo in Francia. Dalla giustificazione del colonialismo alla teoria razziale, fino al sostegno al governo di Vichy; i temi dell’orientalismo, dell’antisemitismo e dell’etnocentrismo sono state le realtà passate e presenti dei discorsi culturali, sociali, politici e, naturalmente, mediatici della Francia. La stampa di destra reazionaria si basa direttamente su questa tradizione oscura ed è giunto il momento di dedicare attenzione a questa minaccia pubblica molto visibile per il tessuto sociale e la sicurezza della Francia.
GIUDICARE UN LIBRO DALLA COPERTINA
Un mese prima della morte di Paty, Hebdo ha ri-pubblicato la raccolta di caricature controverse per segnare l’inizio del processo sull’attentato del 2015. Una scelta editoriale che ha accentuato ulteriormente il carattere conflittuale del processo. Questa cornice di principi omogenei francesi e idealismo universale contrapposta alla tradizione “islamica” è infelice, pericolosa e spesso intenzionale.
Eppure, molti dei cittadini francesi affermeranno che i valori della Repubblica sono visti come niente di più che virtù idealiste che afferrano poca realtà all’interno della propria esperienza socio-politica ed economica. Il malcontento dei Gilet Jaunes, gli scioperi ormai continui del settore pubblico e le nuove proteste per la legge sulla sicurezza globale ne sono la prova.
In pratica, questi stessi valori sono diventati campi di battaglia simbolici e ideologici, che vengono sfruttati e incanalati da un tipo di comunicazione mediatica provocatoria e politicizzata. Questo dibattito, scatenato in parte dall’atteggiamento di Hebdo “con noi o contro i valori francesi” fa poco per difendere il diritto di espressione o la libertà di stampa in modo inclusivo e sfumato.
Sì, la libertà di espressione assicura la capacità e la libertà di pensare, dire o stampare ciò che si vuole, a condizione che non inviti alla violenza e non inciti all’odio. Ma solo perché si è liberi di provocare non significa che sia responsabile, saggio o produttivo farlo.
Le critiche a Hebdo non sono una novità e sono attese, se non inevitabili. Non c’è da stupirsi che il marchio di fabbrica di Hebdo sia una miscela di dichiarazioni provocatorie e satira politica che si espone a interpretazioni errate, intenzionali o meno. In una democrazia è salutare per la società deliberare su ciò che costituisce libertà e violazione, ma tali riflessioni possono alimentare tensioni e frammentazioni tra gruppi sociali, etnici e religiosi.
Eppure, la verità frustrante è che, al di fuori della Francia, pochissimi – anche quelli che si oppongono attivamente a Hebdo – hanno effettivamente letto la pubblicazione incriminata. Giudicando letteralmente una rivista in base alla copertina, si perde ogni sfumatura e ogni possibilità di un dibattito significativo.
VALORI SPAZZATURA SUGLI SCAFFALI DEI CHIOSCHI
Molti lettori possono aver sentito parlare di Charlie Hebdo, ma in Francia in realtà c’è un intero ecosistema mediatico in cui tante altre riviste generano influenza e seguito di massa come Hebdo. Da notare in particolare Valeurs Actuelles, un settimanale di attualità di destra fondato nel 1966 e dal 2016 di proprietà del magnate franco-libanese Iskandar Safa. Il suo caporedattore tra ottobre 2012 e maggio 2018, Yves De Kerdrel, ha descritto il suo tipico pubblico come “coloro che vengono… dalle province, non sono politici ma uomini sociali. Vogliono sentirsi raccontare della ‘teoria del genere’, della ‘famiglia’, della ‘scuola’ e dell’‘Islam’”.
Da quando De Kerdrel è diventato caporedattore di Valeurs Actuelles, la pubblicazione ha visto i suoi lettori passare da una media di 88.000 nel 2012 a oltre 123.000 nel 2015, un anno particolarmente segnato dal terrorismo jihadista in Francia. Nel periodo 2019-2020, questa cifra è scesa a circa 107.000 lettori.
Valeurs Actuelles è noto per le sue storie da copertina incendiarie, sensazionaliste e allarmistiche, che riguardano, tra le altre cose, Islam (ism), immigrazione e integrazione. Jean-Claude Dassier, ex vicepresidente della rivista, ha difeso tali copertine e titoli, sostenendo “È una provocazione, lo facciamo apposta, ovviamente. Nel chiosco, bisogna capire che siamo esposti accanto ad Alternatives économiques e Jeune Afrique. Quando sei così piccolo e al fondo della classe, devi essere un po’ chiassoso per farti notare”.
Tra i titoli pubblicati ci sono: “Barbarie, terrore, sharia: gli islamisti che vogliono mettere in ginocchio la Francia”; “Islamismo: la minaccia interna”; “Islam, immigrazione: come la sinistra vuole cambiare il popolo”; e “L’invasione della moschea: la nostra identità minacciata”. Intanto, tra i pattern visivi comuni ci sono, prevedibilmente, le donne musulmane velate e i jihadisti barbuti. In parole povere, questa tossica miscela molto carica di retorica e di crude insinuazioni xenofobe è un orribile ritorno alle narrazioni anti-immigrazione, islamofobiche e pro-nazionaliste del Fronte Nazionale di estrema destra degli anni Ottanta.
Una particolare copertina del 2013 con la velata Marianne (la matriarca francese) non ha fatto presagire nulla di buono e ha scatenato infatti una causa in cui i redattori sono stati condannati a pagare 2.000 euro di risarcimento danni a enti di beneficenza antirazzismo.
I musulmani francesi non sono l’unico gruppo preso di mira, però; un’altra copertina molto polemica sui rom ha spinto il senatore francese David Assouline a rinominarli opportunamente “Valuers Poubelles” o valori trash, spazzatura. È facile dimenticarsi che questi “valori trashy” hanno conseguenze reali e implicazioni sociali. Eppure permettono un clima di paura e di esclusione che negli ultimi anni ha portato a un allarmante aumento dell’islamofobia e della xenofobia in Francia.
IN CERCA DI LEGITTIMITÀ
La simbiosi tra Valeurs Actuelles e Front National è diventata impossibile da ignorare, da quando è iniziato il mandato di De Kerdrel come redattore, e infatti gli osservatori dei media hanno notato un brusco spostamento a destra.
Marine Le Pen e altri membri del partito scelgono regolarmente Valeurs Actuelles come piattaforma non ufficiale per diffondere la retorica della loro campagna, annunciare le loro politiche o rilasciare interviste esclusive. In diverse occasioni, la stessa Le Pen è stata autrice di articoli sulla rivista ed è persino apparsa sulla copertina principale di vari numeri.
Una tale collaborazione ed un’associazione inequivocabile tra i due non è dunque un errore. Il Front National desidera presentare il suo leader Le Pen, spesso chiamata semplicemente Marine, sotto una luce più umanizzata e per questo utilizza ogni possibile apparizione mediatica per farlo. La rinascita del 2018 come Rassemblement National è l’ultima manifestazione dell’intenzione di Le Pen di essere considerata una valida candidata alla presidenza nel 2022.
Le Pen non è sola però nella sua ricerca di legittimità; Valuers Actuelles, sotto il mandato di De Kerdrel, ha tentato manovre simili per sdemonizzare il suo stesso nome e ridarsi credito. Nel 2015 l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha impreziosito le pagine della rivista con un’intervista esclusiva per assecondare gli elettori del Front National.
Poi – cosa ancora più scioccante – alla fine del 2019 Macron ha accettato un’intervista con loro in cui si è spinto fino a lodare Valeurs Actuelles come “una buona rivista” che “deve essere letta per capire cosa pensa la destra”. All’epoca, più di qualche sopracciglio è stato sollevato al suo passo falso che legittimava ulteriormente questi valori spazzatura come valori rispettabili.
Nell’agosto del 2020, il rapporto tra Front National e Valeurs Actuelles è diventato più teso a seguito della pubblicazione di un contenuto di sette pagine che ritraeva Danièle Obono, un membro nero dell’Assemblea nazionale dell’estrema sinistra La France Insoumise come una schiava africana incatenata. La protesta è stato universale. Anche il Front National ha cercato di prendere le distanze dal gesto, con il tesoriere del partito che ha descritto l’articolo come “umiliante e sprezzante” e il vicepresidente del partito che lo ha etichettato come “di cattivo gusto”.
Eppure, la reazione del leader del partito Le Pen non avrebbe potuto essere più diversa. Postando su Parler, una piattaforma di social media in stile Twitter che ha guadagnato un notevole seguito nei circoli di estrema destra americani ed europei, Marine ha difeso l’uso della libertà di parola da parte della rivista e ne ha chiesto il suo sostegno. Ma dopo aver visto la condanna generale della pubblicazione da parte della collettività, Le Pen ne ha infine seguito l’esempio e ha negato di aver mai fatto commenti del genere, sostenendo di non ricordare di aver dato il suo sostegno all’articolo, cosa abbastanza ridicola!
Da quando le caricature sono state pubblicate per la prima volta, l’Islam e l’immigrazione sono stati oggetto di discorsi che li considerano come una minaccia alla sicurezza sia in ambito politico che mediatico, come il politologo Antony Messina che ha definito questo processo di “securitization” come una “trasformazione di questioni apparentemente non di sicurezza in questioni urgenti di sicurezza”.
Lontano dalla sfacciataggine satirica del “poke-the-bear” (lett. “colpisci l’orso”) di Hebdo, i titoli raccapriccianti, le immagini provocatorie e il linguaggio istigatorio usato da gente come Presse Poubelle lavorano tutti per inquadrare e ritrarre intenzionalmente l’Islam attraverso una lente basata esclusivamente sulle categorie di pericolo o minaccia. Un discorso del genere è dannoso per le relazioni della comunità e la coesione sociale, così come per il pilastro repubblicano della fraternité. Questa deliberata promozione e standardizzazione dei contenuti islamofobici funziona per rifornire gli arsenali pseudo-intellettuali di potenziali “radicalizzati”, sia di destra che islamisti.
È vero che gli sbocchi mediatici all’estremità del discorso e dell’opinione pubblica si alimentano reciprocamente di shock e provocazioni. Ma elementi come Valeurs Actuelles non operano in solitudine mediatica e dovrebbero essere considerati come rappresentativi di una cultura ben più ampia di Presse Poubelle, dove altri, come Le Point e L’Express, flirtano egualmente con motivi di estrema destra e riflessioni sulla sicurezza.
Ma ciò che manca nella cronaca internazionale della stampa francese è una rappresentazione equilibrata; un riconoscimento del fatto che Hebdo è solo la punta di un iceberg di contenuti degni di critica all’interno dell’establishment mediatico francese.
Eppure, questo articolo potrebbe essere il primo in cui sentite parlare di Valeurs Actuelles o della Presse Poubelle.
Se sono in gioco sforzi consapevoli per criticare pubblicamente l’Hebdo, ci dovrebbe essere anche, come minimo, uno sforzo per contestualizzare ed esaminare obiettivamente altri attori all’interno dell’ambiente mediatico francese.
SFIDA AI “VALOROSI NARRATORI DELLA VERITÀ”
C’è un’ironia agrodolce nel fatto che i media progressisti e liberali siano diventati oggetto di un’intensa critica e di un attento esame da parte del pubblico, mentre le voci reazionarie e illiberali sono libere di trasformare e polarizzare senza la stessa ricezione critica o lo stesso trattamento di risposta sia a livello nazionale che internazionale.
L’intero dibattito scopre la natura frammentaria e paradossale tra i compagni repubblicani dei principi di liberté, egalité, fraternité. L’uso della prima da parte della stampa ha conseguenze e implicazioni dirette per le seconde due.
Sì, entrambe le pubblicazioni citate in questo articolo esercitano il loro diritto di libertà di parola, ma a quale livello è importante la differenza di tono e di intenzioni?
Una richiede ai lettori di guardare oltre la provocazione palese al suo interno per analizzare la sfumatura satirica sottesa, mentre le altre all’interno di Presse Poubelle non hanno alcuna pretesa satirica e si limitano ad armare i principi repubblicani francesi rispettati e onorati, ma non ancora raggiunti.
Ciò che unisce Charlie Hebdo e Valeurs Actuelles, tuttavia, è il modo in cui entrambi si vantano di essere valorosi testimoni della verità della stampa francese; l’unica rivista che osa dire ciò che tutti segretamente pensano o hanno troppa paura di dire.
Due punti distinti sullo spettro della libertà espressiva, eppure solo uno è stato condannato a gran voce e a livello internazionale… fino ad ora.
Al di fuori del dibattito su Charlie Hebdo, la protesta sta diventando di nuovo un evento ricorrente in tutta la Francia, questa volta a causa dell’approvazione di una controversa legge sulla sicurezza che, tra le altre cose, mira a limitare la libertà di riprendere gli agenti di polizia in servizio. L’adozione di questa legge coincide con numerosi esempi di filmati che testimoniano la brutalità della polizia nelle ultime settimane. Gli oppositori alla legge vedono qui un abuso in materia di sicurezza con l’obiettivo di limitare la libertà di espressione pubblica e che permette alle forze dell’ordine di evitarsi la responsabilità delle proprie azioni.
Questa protesta sulla nuova legge ha mostrato più che mai la necessità di comprendere e considerare le implicazioni dei processi di “securitization” sui media e sulla politica. C’è una chiara necessità tribale di rispettare i propri principi in un mondo sempre più diviso, Francia compresa.
Ma se si vuole che la Francia cominci veramente a lottare per i suoi presunti valori di libertà, uguaglianza e fraternità, allora la sfida a gran voce al razzismo sensazionalista, alla xenofobia e ai processi di “securitization” da parte del nostro establishment mediatico e dei nostri rappresentanti politici deve essere in cima a tutte le nostre agende.
Chaim Narang
Chaim Narang è un accademico e ricercatore britannico che vive a Parigi. Laureato in Relazioni Internazionali, il suo ultimo lavoro di ricerca pubblicato si concentra sulla radicalizzazione, la discriminazione socio-economica e i processi di “securitization” dei nordafricani di origine francese.
Fonte: RoarMag, 8 dicembre 2020
Traduzione di Andrea Zenoni per il Centro Studi Sereno Regis
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