Appello per la sanatoria dei migranti irregolari ai tempi del Covid-19
Ai tempi del Coronavirus, lo sguardo e l’attenzione della politica e dei media sulla situazione in Italia si focalizzano sugli effetti sanitari, sociali ed economici della diffusione del virus, lasciando in stand by tutto ciò che costituisce mera ordinaria amministrazione.
In qualche modo è inevitabile: lo stato di emergenza porta con sé una serie di ricadute, sulle quali si stanno esprimendo con diversi approcci e punti di vista tanto opinionisti mainstream, quanto settori di movimento, interrogandosi su temi che vanno dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e delle sperimentazioni bio-tecnologiche sulla diffusione dei virus, agli effetti dei processi di dismissione della sanità pubblica in favore dell’imprenditoria privata, alle tutele necessarie per assicurare reddito ai lavoratori, in specie precari, colpiti dalla sospensione o comunque dalla contrazione dell’attività e ancora al modello di società autoritaria che si sperimenta con l’adozione di misure che non solo limitano la socialità, ma comprimono diritti fondamentali quali quelli di riunione, di circolazione, di sciopero.
In questo scenario è scomparsa dal dibattito pubblico, semmai ci fosse entrata, la discussione, pur ancora allo stato embrionale, sulla possibilità per il governo di emanare un provvedimento di sanatoria dei migranti che soggiornano irregolarmente nel nostro Paese, tema oggetto dell’ordine del giorno votato il 23 dicembre 2019 dalla Camera dei Deputati in sede di approvazione della legge di bilancio [1] e ribadito dalla ministra dell’interno Lamorgese il successivo 15 gennaio 2020 [2]. Il tema, però, non può essere accantonato e rimandato a tempi migliori; anzi, diventa ancor più rilevante e urgente nella contingenza che ci troviamo ad attraversare.
Il punto di partenza non può che essere quello del numero degli immigrati sans papier presenti in Italia; nell’evidente impossibilità di censirli, ci si deve riferire alle ricerche effettuate dagli istituti specializzati [3], che quantificano in oltre mezzo milione a fine 2018 le presenze irregolari, un numero che è andato aumentando nel corso degli ultimi anni e che è destinato a crescere ancora in conseguenza delle politiche bipartisan adottate dai governi, che si sono succeduti nell’ultimo decennio.
Sono molteplici le cause della crescita del numero di presenze irregolari, a iniziare dalla natura strutturale dei fenomeni migratori, di fronte alla quale sono votate al fallimento le politiche di chiusura delle frontiere adottate dall’Unione Europea, e dagli scenari di crisi internazionale coi fronti bellici apertisi negli ultimi anni, in particolare in Libia, Siria e al confine russo-ucraino. A un contesto globale che spinge moltitudini a migrare, risponde l’assoluta inadeguatezza della gestione del fenomeno da parte dell’Europa e nello specifico dell’Italia.
Nel nostro Paese, alla endemica mancanza di canali regolari e continuativi di ingresso (il sostanziale azzeramento delle pur insufficienti opportunità offerte dai flussi annuali e l’abolizione della figura dello sponsor hanno di fatto blindato le frontiere) e di qualsiasi forma di regolarizzazione a regime per chi già si trovi nel territorio italiano, si devono aggiungere la riclandestinizzazione operata dalla legge Bossi-Fini (in conseguenza del rapporto inscindibile tra disponibilità di un lavoro e permesso di soggiorno) e gli effetti della controriforma salviniana, che ha abrogato le norme che consentivano il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai richiedenti asilo.
Proprio il tema dei richiedenti asilo impone qualche, seppur breve, considerazione ulteriore: le domande presentate in Italia tra 2017 e 2018 sono state 175.000 circa [4]; al termine della procedura amministrativa per il vaglio delle richieste e dei gradi di giudizio per i ricorsi contro i provvedimenti di diniego (che si sono assestati tra il 60 e il 70%), è lecito attendersi che almeno altre 100.000 persone andranno ad aggiungersi al numero delle presenze irregolari.
In assenza di un intervento legislativo, il numero dei migranti sans papier è quindi destinato a lievitare ulteriormente, ricomprendendo decine di migliaia di persone che, in virtù del permesso di soggiorno temporaneo come richiedenti asilo, per anni (tanto ci vuole a portare a esaurimento la procedura davanti alle Commissioni territoriali prima e i processi giurisdizionali poi) hanno costruito relazioni sociali, svolto attività di lavoro subordinato, o comunque lavori di pubblica utilità, frequentato corsi di lingua italiana, in vista di un inserimento sociale che viene bruscamente reciso all’esito del rigetto definitivo della domanda.
Delineata per sommi capi la situazione attuale e i suoi possibili sviluppi nel breve periodo, dovrebbe apparire evidente a chiunque che non è sostenibile la presenza in Italia di 700-800 mila stranieri sprovvisti del permesso di soggiorno, e quindi deprivati dei diritti elementari della persona e destinati allo sfruttamento intensivo del lavoro nero, a sistemazioni abitative precarie, in alcuni casi alla contiguità con la microcriminalità.
La soluzione al problema non può certo essere individuata nello strumento dell’espulsione, fosse anche solo, e così ovviamente non è, per l’impossibilità concreta di eseguirne un numero così ingente. La soluzione non può che essere una e una sola: un provvedimento di sanatoria generalizzata (senza altro requisito ulteriore rispetto al mero dato fattuale della presenza in Italia), che si accompagni alla previsione per il futuro di una regolarizzazione individuale a regime, che consenta di ottenere il permesso di soggiorno allo straniero, che ne sia sprovvisto e che presenti determinati requisiti (solo a titolo esemplificativo: un’offerta di lavoro, condizioni personali di vulnerabilità, uno sponsor che si faccia carico dell’ospitalità e del mantenimento, ecc.).
Si potrebbe concludere così: un provvedimento di regolarizzazione dei sans papier è necessario e urgente, anche ai tempi del coronavirus: anche se adesso l’emergenza è (o sembra essere) un’altra, anche se l’attenzione generale in questa fase si rivolge altrove, anche se qualcuno ne approfitterebbe per imbastire una becera propaganda politica, additando al “popolo” gli untori che attraversano il mare a bordo dei barconi.
Invece, i tempi del coronavirus rendono ancor più necessario e urgente l’intervento del Governo, perché adesso alle buone ragioni della sanatoria si aggiungono anche le esigenze di tutela della salute collettiva, compresa quella delle centinaia di migliaia di migranti privi del permesso di soggiorno, che non hanno accesso alla sanità pubblica.
Il migrante irregolare non è ovviamente iscritto al Sistema Sanitario Nazionale e di conseguenza non ha un medico di base e ha diritto soltanto alle prestazioni sanitarie urgenti. Il migrante sprovvisto del permesso di soggiorno, nei casi di malattia lieve (qualche linea di febbre, un po’ di tosse) non si rivolge alle strutture sanitarie, mentre nei casi più gravi non ha alternativa al presentarsi al pronto soccorso, il che contrasterebbe con tutti i protocolli adottati per contenere la diffusione del virus. Il sans papier ha timore di presentarsi in un ospedale, perché potrebbe incappare in un controllo che lo condurrebbe all’espulsione o alla reclusione in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio. Il “clandestino” è costretto a soluzioni abitative di fortuna, in ambienti spesso degradati e insalubri, condivisi con altre persone.
Insomma, gli “invisibili” sono per molti aspetti soggetti deboli, che se non sono più esposti al contagio del virus, più di altri rischiano di subirne le conseguenze: sanitarie, per la plausibile mancanza di un intervento tempestivo, ma anche sociali, per lo stigma cui rischiano di essere sottoposti a causa di responsabilità e inefficienze non loro ascrivibili.
Dovrebbe quindi essere evidente la necessità di “agganciare” anche queste centinaia di migliaia di persone: per contenere il loro rischio di contrarre il virus, perché possano con tranquillità usufruire dei servizi della sanità pubblica nel caso di sintomatologia sospetta, perché non diventino loro malgrado veicolo di trasmissione del virus. Affinché ciò sia possibile, però, devono essere sottratte oggi, ed è già tardi, alla condizione costretta di “invisibilità”, attribuendo loro pienezza di diritti, quanto meno di quelli che il sistema riconosce come diritti universali, in primis quelli alla salute e a un’esistenza degna.
Se stiamo davvero attraversando un’emergenza sanitaria, se davvero hanno un senso tutte le misure straordinarie fino a oggi adottate e che incidono così in profondità sulle vite di tutte e tutti, allora deve essere sanatoria per tutte le persone migranti che non hanno un permesso di soggiorno, subito!
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Promotori:
Legal Team Italia, Campagna LasciateCIEntrare, Progetto Melting Pot Europa, Medicina Democratica
Note
[1] La Camera, premesso che:
in attesa di una riforma strutturale che consenta la regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, come prevede la proposta di legge d’iniziativa popolare C. 13 recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», un provvedimento straordinario di emersione dall’irregolarità rivolto a quei cittadini stranieri – già presenti nel nostro Paese ma senza un regolare permesso di soggiorno – che hanno un lavoro ma non hanno i documenti per essere assunti, costituirebbe una vera e propria «operazione legalità».
Con l’emersione di 400.000 persone – quindi una parte dei 500.000-600.000 irregolari presenti sul nostro territorio – si stima circa 1 miliardo di euro di gettito fiscale e oltre 3 miliardi di maggiori contributi previdenziali;
Le modalità di emersione possibili potrebbero essere diverse.
Sul modello delle sanatorie del passato, si potrebbe prevedere la possibilità di legalizzazione ed emersione del lavoro nero rivolto ai datori di lavoro a fronte dell’autodenuncia di un già esistente rapporto di lavoro, con il contestuale rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro al lavoro.
In alternativa, aprendo una finestra per la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, si potrebbe prevedere a fronte dell’immediata disponibilità di un contratto da parte di un datore di lavoro, il rilascio di un permesso di soggiorno col pagamento di un contributo forfettario di 200 euro all’atto della stipula del contratto da parte del datore di lavoro per ogni lavoratore assunto;
Uno studio commissionato dall’Inps nel 2017 ha valutato gli effetti di lungo periodo del provvedimento del 2002; un anno dopo, su 227 mila lavoratori di 107.000 imprese private emersi in quell’occasione, nove su dieci immigrati lavoravano ancora in Italia; dopo cinque anni erano ancora l’85 per cento.
Gli effetti positivi di questa operazione «legalità» per la collettività sarebbero molteplici:
- Si offrirebbe l’opportunità di vivere e lavorare legalmente nel nostro Paese a chi già si trova sul territorio ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto per sopravvivere a rivolgersi ai circuiti illeciti;
- si andrebbe incontro ai tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, non possono assumere persone senza documenti, anche se già formati, e ricorrono al lavoro in nero (come nel caso del lavoro domestico);
- infine, con l’emersione si avrebbero maggiore controllo e contezza delle presenze sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla, e quindi maggiore sicurezza per tutti;
- impegna il Governo a valutare l’opportunità di varare un provvedimento che, a fronte dell’immediata disponibilità di un contratto di lavoro, consenta la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, prevedendo all’atto della stipula del contratto il pagamento di un contributo forfettario da parte del datore di lavoro e il rilascio di un permesso di soggiorno per il lavoratore.
[2] Risposta a interrogazione orale, pag. 22 del resoconto stenografico della seduta della Camera dei Deputati del 15 gennaio 2020:
“L’intenzione del Governo e del Ministero dell’Interno è quella di valutare le questioni poste all’ordine del giorno che richiamavo in premessa, nel quadro più generale di una complessiva rivisitazione delle diverse disposizioni che incidono sulle politiche migratorie e sulla condizione dello straniero in Italia”
[3] La Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) nel suo XXV Rapporto stima in 562.000 unità la componente irregolare al 1° gennaio 2019, su una popolazione straniera complessiva di 6.220.000 persone.
[4] Dati forniti da Eurostat, ufficio statistiche dell’Unione Europea nella scheda annuale di statistiche in materia di asilo.
Fonte: Melting Pot
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