L’analisi di Nanni sul nucleare è sempre attuale

Angelo Tartaglia

Ho letto con attenzione e anche con una buona dose di coinvolgimento emotivo lo scritto di Nanni Salio sul nucleare pubblicato nel 1981. Ho ripensato a un amico che ha dedicato la sua vita all’impegno per la pace e la nonviolenza e che ha saputo farlo utilizzando lucidamente allo scopo la sua stessa competenza scientifica. Sono passati quarantadue anni, ma l’analisi di Nanni sul nucleare è sempre attuale. Certo l’attenzione dei movimenti attivi oggi pone in primo piano temi che allora rimanevano sullo sfondo e oggi il nucleare militare non è di certo dimenticato, ma rimane sullo sfondo rispetto all’emergenza climatica e alla stessa emergenza bellica.

Nel 1981 era passato un decennio dalla pubblicazione, sotto il nome de “I limiti della crescita”, per la verità in italiano tradotto come “I limiti dello sviluppo”, dello studio commissionato dal Club di Roma a un gruppo di ricercatori dell’MIT di Boston che evidenziava, dati e modelli matematici alla mano, come qualmente l’economia globalizzata, basata sul mito della crescita, fosse materialmente insostenibile e prevedeva, se non ci fossero stati sostanziali cambi di rotta, un collasso del sistema a scala planetaria nel giro di pochi decenni.

Anche allora il negazionismo sviluppista di destra e di sinistra si era scatenato con le armi del disprezzo e dell’irrisione, nell’assenza più totale di argomenti, non diciamo scientifici ma neanche semplicemente razionali: nulla doveva cambiare nel sacro paradigma della crescita, motrice di illimitato e radioso progresso. In ogni caso la questione non veniva percepita come un’emergenza e, al di fuori di limitate cerchie di specialisti, di collasso climatico non si parlava proprio. Era viceversa ben visibile il rischio di arrivare a porre fine alla civiltà umana se fosse continuata la logica della guerra fredda e del potenziamento ulteriore di arsenali di armi di distruzione di massa quali le testate nucleari.

Dagli anni ’50 in poi però aveva cominciato a svilupparsi il filone del nucleare civile o “di pace” la cui narrativa ne faceva uno strumento essenziale per garantire il futuro di una illimitata crescita dell’economia.

Proprio su questa dichiarata dimensione “pacifica” si pronuncia nel suo scritto Nanni: con grande chiarezza e razionalità egli mette in evidenza l’indissolubile legame tra nucleare civile e nucleare militare. Dopo di allora si sono avuti, sul versante “civile”, i grandi incidenti, come quelli di Chernobyl e Fukushima (diversi altri c’erano già stati o ci sono stati poi a scale più modeste); sul versante politico-militare si è arrivati, nel 2017, alla messa al bando delle testate nucleari da parte delle Nazioni Unite con un apposito trattato che formalmente è in vigore dal 22 gennaio del 2021; va da sé che non hanno partecipato né alla discussione né, meno che mai, alla ratifica gli stati che ordigni nucleari ne hanno o fanno parte di alleanze militari nelle quali ci sono stati che dispongono di arsenali atomici.

Di Tim Porter. Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Ma riguardo all’interconnessione tra nucleare civile e nucleare militare? La verità è che nulla è cambiato e che tutto quello che Nanni scriveva nel 1981 rimane vero e attuale anche oggi.

In compenso l’evoluzione del militare nucleare è continuata imperterrita verso la realizzazione e la messa a disposizione degli eserciti di ordigni nuovi che vanno dalle testate a fissione “tattiche” (potenze confrontabili con quella della bomba di Hiroshima), potenzialmente utilizzabili sul campo di battaglia, alle testate “sporche” (non necessariamente a fissione) progettate per limitare i danni diretti dell’esplosione ma disperdere su un territorio il più vasto possibile inquinanti radioattivi, ad esempio prodotti di fissione provenienti da centrali nucleari o generati nell’esplosione in modo da massimizzarne la quantità e rendere inaccessibile una vasta area.

Possiamo aggiungere l’utilizzo dell’uranio impoverito, quello che resta dopo l’arricchimento per produrre sia bombe che “combustibile” per le centrali. Avendo una densità più alta di quella del piombo viene usato per proiettili atti a sfondare le corazze dei carri armati, solo che quando viene usato le alte temperature prodotte dall’impatto lo fanno evaporare e poi depositarsi in forma di polvere. Vapori e polveri possono essere inalati da chi si trova in zona, militari o civili che siano, e, visto che si tratta di una sostanza radioattiva, possono indurre tumori già riscontrati in nostri militari per esempio in Kosovo oppure nei poligoni di tiro.

Anche la ricerca per l’impiego militare prosegue in parallelo con quella civile. Un esempio concreto riguarda la fusione, altro mito sventolato per illudere il mondo che non c’è bisogno di cambiar nulla nell’economia globale. Nel dicembre 2022, presso il Lawrence Livermore National Laboratory negli Stati Uniti, si è riusciti, dopo decenni, a produrre un evento di fusione nucleare con un bilancio energetico locale positivo (se si considera l’intero processo il bilancio continua ad essere negativo).

Quello che però vorrei evidenziare è che quel laboratorio è militare e la tecnica utilizzata per l’innesco della fusione, quella a confinamento inerziale che si avvale di fasci laser di potenza, è stata pensata e sviluppata per consentire di effettuare in laboratorio esperimenti che riproducono, a scala estremamente più ridotta, il meccanismo di innesco dell’esplosione in una testata termonucleare. Da tempo è in gestazione un trattato internazionale che mette al bando qualsiasi esplosione sperimentale di testate termonucleari.

Per quanto il trattato non sia ancora operativo perché manca la ratifica di alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, di fatto esperimenti in superficie o sottoterra non ce ne sono più stati, ma i paesi che possono, in questo caso di nuovo gli Stati Uniti, si attrezzano per continuare comunque la ricerca finalizzata allo sviluppo di nuove armi atomiche mettendo a punto tecniche di laboratorio come quella utilizzata al Livermore Laboratory.

Su questo sfondo, da un po’ di tempo in qua, si assiste a scala mondiale e anche nel nostro paese a una campagna mediatica di rilancio delle centrali nucleari vendute niente meno che come “pulite” e come cardine della transizione energetica. L’idea è sempre la stessa: cambiare tutto purché non cambi niente.

Ora però l’emergenza climatica non è più un semplice oggetto di dibattito fra specialisti del settore ma è una realtà istericamente rigettata da chi vive prigioniero del presente immediato traendone grandi vantaggi a scapito della grande maggioranza dell’umanità. Anche i parossismi bellici ci circondano e sono ben visibili.

Insomma: dobbiamo più che mai impegnarci sulla strada tracciata da Nanni, sapendo che non c’è più molto tempo.


 

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