A scuola di italiano… oltre le parole! Il Centro Studi Sereno Regis incontra CivicoZero Torino

Nadia Scolaro

Dall’11 al 28 agosto, il Centro Studi Sereno Regis e CivicoZero Torino hanno lavorato fianco a fianco per proporre, a una delle classi della scuola di italiano di CivicoZero, quattro incontri di attività ludico-ricreative in alternativa alle classiche lezioni di lingua.

CivicoZero è un progetto di Save The Children finalizzato alla protezione dellɜ minori. La sede di Torino è stata inaugurata nel 2015 in Via Mameli 3, nel cuore di Borgo Dora, quartiere storico e popolare della città.

La presenza, sul territorio torinese, del centro, che nel 2021 ha raggiunto 417 minori non accompagnatɜ e neomaggiorenni solɜ, è essenziale, specialmente in un momento come quello presente, in cui il flusso di minori migranti è aumentato notevolmente, al punto che il numero di chi arriva in Italia è maggiore delle prese in carico, e moltɜ adolescenti, non trovando un posto sicuro nelle comunità destinate a ospitarlɜ, vengono collocatɜ in comunità per adulti che risultano essere luoghi decisamente inadatti al loro sviluppo psicoaffettivo. In un contesto simile, questɜ giovani diventano spesso “invisibili”, sfuggono, cioè, ai sistemi di protezione, accrescendo esponenzialmente la propria condizione di vulnerabilità e, di conseguenza, anche il rischio di criminalità e marginalizzazione.

È qui che entra in gioco CivicoZero, intercettando lɜ giovani a rischio nei principali luoghi di aggregazione della città e facilitandone l’accesso ai servizi istituzionali e alle opportunità di protezione, supporto e integrazione. Oltre a servizi di base di prima accoglienza e di consulenza sanitaria e legale per giovani migranti, CivicoZero offre attività di inclusione e integrazione sociale: tra queste, c’è la scuola di italiano, nel cui ambito il Centro Studi Sereno Regis, in collaborazione con l’insegnante che segue lɜ ragazzɜ, ha proposto, tramite le proprie attività di educazione non formale, modalità alternative per imparare a comunicare, incentrate su ciò che sta alla base della necessità stessa di una lingua: la relazione.

L’incontro tra le due realtà del territorio torinese rientra tra le attività locali di sperimentazione del progetto “Youth Work for young people affected by war and armed conflicts”, finanziato dal programma Erasmus+ e di cui il Centro Studi Sereno Regis è capofila, in co-partenariato con alcune associazioni dagli obiettivi affini con sede in Ucraina, Francia, Germania, Spagna, Polonia, Armenia, Azerbaigian e Kosovo. Le attività di animazione socio-educativa giovanile che il progetto si propone di sviluppare e implementare, hanno, tra i propri obiettivi, proprio quello di trarre lɜ giovani fuori dall’invisibilità, scoprendo e valorizzando le risorse che possono apportare alla società.

Affinché lɜ ragazzɜ coinvoltɜ nel progetto potessero vivere un’esperienza di vera accoglienza e sentirsi liberɜ e in diritto di occupare diversi spazi della città, gli incontri si sono svolti in luoghi sparsi del territorio, trasformando CivicoZero (che è rimasto, nel corso dei quattro incontri, il punto di partenza di ogni spostamento) dal luogo per chi un civico non ce l’ha a quello per chi può sentirsi liberə di abitarne tanti.

La prima giornata si è svolta a pochi passi dalla sede di CivicoZero, al Cortile del Maglio, ed è stata improntata su attività di conoscenza e di fiducia; lɜ ragazzɜ, infatti, presentavano, comprensibilmente, alti gradi di diffidenza (come dimostra il fatto che la maggior parte di loro abbia posizionato la propria mano quasi a contatto con il pavimento quando gli è stato chiesto di indicare il proprio livello di fiducia nel prossimo).

Il gruppo, a netta prevalenza maschile (erano presenti soltanto una ragazza ghanese e una venezuelana) era piuttosto eterogeneo, sia per età (dai 14 ai 19 anni), sia per provenienza geografica: Perù, Venezuela, Repubblica Dominicana, Senegal, Ghana, Kurdistan, Egitto e Marocco. Questa circostanza ha portato lɜ ragazzɜ a dividersi spontaneamente in gruppetti chiusi composti esclusivamente da chi parlava la stessa lingua o proveniva dallo stesso paese. Uno dei bisogni riportati dall’insegnante, quindi, era quello di ridurre la separazione e i pregiudizi tra i vari gruppetti, creando maggiore coesione e apertura, cioè, in sostanza, dinamiche relazionali più positive. A questo scopo, si è puntato sull’interculturalità, che non cancella le differenze, ma valorizza la cultura di provenienza di ciascuno in un senso, però, non di chiusura, bensì di apertura e condivisione. Lo si è fatto attraverso due potenti e universali collanti culturali: il gioco e il cibo.

Durante la seconda e la terza giornata, che si sono svolte in una delle sale del Centro Studi, lɜ ragazzɜ sono statɜ divisɜ in piccoli gruppi in base alla loro provenienza, per condividere i giochi della propria infanzia e sceglierne insieme uno da spiegare in italiano agli altri gruppi, allo scopo di provare a giocarci insieme. Sebbene non sempre e non tuttɜ si siano lasciatɜ coinvolgere in ogni gioco, ci sono stati alcuni momenti significativi: ad esempio, mentre l’unico ragazzo curdo, il più giovane di tuttɜ, spiegava all’insegnante le regole del gioco con le biglie che avrebbe voluto proporre, alcuni ragazzi senegalesi si sono staccati dal proprio gruppetto, attratti dalle biglie, affermando che anche in Senegal si gioca così e attendendo trepidanti il proprio turno per lanciare le biglie.

L’esperienza ludica, che è in sé un collante, un modo per conoscersi divertendosi, diventa fondamentale in un contesto interculturale, dove, come nel caso riportato, può farsi anche ponte, da un lato tra culture (nel riconoscere somiglianze tra angoli del mondo tanto diversi), dall’altro rispetto alla propria cultura di provenienza (nel recuperare la memoria comune di oggetti e giochi inusuali per il luogo in cui lɜ giovani migranti vivono adesso: dove trovare, oggi, in Italia, unə bambinə che giochi con le biglie?). La condivisione e sperimentazione dei giochi d’infanzia, infine, ha permesso a ragazzɜ fortemente adultizzatɜ di recuperare una dimensione infantile, perduta precocemente o non sperimentata a sufficienza, e di far sentire loro che possono, ancora, concedersela.

Il quarto e ultimo incontro si è svolto all’insegna del cibo: lɜ ragazzɜ si sono divisɜ ancora una volta in gruppi sulla base della propria provenienza, ma, stavolta, hanno scelto alcune ricette tipiche dei propri paesi d’origine da preparare insieme e condividere con il resto della classe.  La prima tappa è stata il mercato di Porta Palazzo, dove lɜ ragazzɜ si sono dovutɜ impegnare per acquistare gli ingredienti di cui avevano bisogno usando l’italiano.

La seconda tappa è stata il Centro Studi, che per l’occasione si è trasformato in una grande e frenetica cucina prima e in un’allegra, un po’ caotica sala da pranzo poi. Qui, ad attendere l’arrivo dellɜ ragazzɜ, c’era Carolina, chef cilena che, prima di iniziare a coordinare la sua insolita brigata multiculturale, ha ricordato allɜ ragazzɜ l’importanza di custodire le proprie radici, restando aperti allo scambio e al dialogo con il nuovo paese di residenza, che, come la combinazione degli ingredienti in un piatto, può apportare grande ricchezza e inaspettata novità. Tramite quest’esperienza lɜ ragazzɜ hanno avuto l’occasione di aprire, metaforicamente, le porte della loro casa e invitare a pranzo tuttɜ lɜ altrɜ, condividendo la tavola, luogo-simbolo della convivialità e dell’incontro.

A giudicare dalle loro valutazioni finali, è stato il momento che hanno apprezzato di più, ma a testimoniarlo sarebbero bastati la cura e la serietà con cui hanno preparato i propri piatti, l’orgoglio con cui li hanno offerti al resto del gruppo, la curiosità con cui hanno assaggiato i piatti dellɜ altrɜ, la malcelata felicità che illuminava il loro volto, quando ricevevano apprezzamenti per la propria preparazione. L’ultima tappa è stato il Caffè storico San Carlo, perché potessero fare esperienza di un luogo esteticamente colmo di bellezza e, ancora una volta, sentirsi accoltɜ e in diritto di abitare ogni angolo della propria nuova casa.

In questi quattro incontri, nati dal lavoro sinergico di CivicoZero e Centro Studi Sereno Regis, educatorɜ, volontariɜ, insegnantɜ e mediatorɜ culturali hanno offerto allɜ ragazzɜ delle lezioni di italiano un po’ speciali, in cui la lingua non fosse mai vissuta come barriera ma solo come uno strumento in più per soddisfare il desiderio di comunicare, strumento culturale tra altri strumenti culturali che fanno relazione e che vanno oltre la parola.


 

 

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