Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni – Recensione di Isabella Bresci
Andrea Corrado e Igo Mariottini, Cinema e autori sulle tracce delle migrazioni, Ediesse, Roma 2013, pagg. 155, € 12
Riconoscibilissimo per chi ha visto il film Nuovo Mondo di Emanuele Crialese, il fotogramma riportato in copertina di una delle scene più toccanti: «(…) il mare si insinua lentamente e inesorabile tra chi resta a terra, sul molo, e chi è imbarcato, sul ponte della nave: l’immagine è quella di un’umanità attonita, compatta e silenziosa, lacerata dall’ignoto che separa la speranza dalla povertà. (…)».
Il libro è un’interessante ed esauriente carrellata su tutta la produzione cinematografica italiana in tema di migrazione. Il linguaggio non è quello tipico degli «addetti ai lavori» perché la prospettiva non sta nella critica cinematografica bensì nella ricerca che rivela, con sorpresa, un consistente numero di film italiani sull’argomento.
Gli autori iniziano il percorso dagli albori del cinema, quindi dal muto, dove il tema della migrazione era già molto presente, e arrivano fino ai nostri giorni dividendo il libro in capitoli che corrispondono a quattro grandi blocchi temporali: 1915-1943 dove i film narrano la migrazione degli italiani che si recano all’estero alla ricerca di fortuna e lavoro (per il 45% negli Stati Uniti e per il 70% dal Mezzogiorno) inclusa quella verso il Nord Africa propugnata dal fascismo; il periodo dal dopoguerra agli anni Ottanta, dove la migrazione è essenzialmente interna da Sud a Nord ma contemporanea a quella di chi torna per godersi «al paese» la meritata pensione; il periodo del boom economico degli anni cinquanta e sessanta quando il dramma si trasforma in commedia tragicomica, spesso sarcastica, e i registi prendono le distanze dal concetto di integrazione evidenziando invece la «nevrosi dell’emigrante che ne certifica l’estraneità dalla cultura ospitante»; infine gli ultimi trent’anni dove la produzione si concentra sulla migrazione di stranieri dall’estero verso il nostro paese. Il primo coraggioso autore fu Michele Placido con Pummarò nel 1989, poi la produzione si intensifica sopratutto dal 2005 quando sia gli autori che i produttori «cominciano a prendere in considerazione la presenza degli stranieri nella quotidianità produttiva, sociale e culturale». Di notevole interesse gli approfondimenti nei box di testo: Matteo Garrone, Il Belgio per la patria, Sulle note dell’integrazione, Piccole storie di piccoli profughi e migranti, Memorie migranti, Geografia della migrazione, I misteri dello straniero, Con lo sguardo dei migranti.
I film citati nel libro, a prescindere dal fatto che siano capaci o meno di un «inquadramento storico-politico capace di contestualizzare il fenomeno», sono inseriti all’interno della panoramica sulla produzione italiana e tutti descritti da una breve sinossi in modo da stimolare interesse e curiosità.
Rilevante la conclusione «Prospettive: dallo sguardo sugli altri allo sguardo degli altri» dove gli autori riflettono sul fatto che il nostro cinema non si è ancora sganciato, come è avvenuto in altri paesi europei, dal punto di vista prettamente nazionale e documentaristico. Si auspica che la strada del cambiamento appena timidamente imboccata, prosegua per dare spazio a «(…) nuovi sguardi, quelli degli immigrati e dei loro figli» perché «attraverso i loro occhi sarà più facile capire e riconoscersi. (…)».
In fondo al testo si trova la corposa filmografia di tutti i titoli citati nei vari capitoli, centoventotto in tutto. Due bibliografie di riferimento completano il primo e il terzo capitolo.
Un grande lavoro di ricerca presso le cineteche di tante città italiane, una lettura appassionante per chi è attento ai cambiamenti della nostra società raccontati attraverso il cinema e più per gli amanti della settima arte.
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