Argentina: sindacati e indigeni, “riforma” mineraria e repressione della polizia

Sam Carliner

Fonte: Truthout, 02/07/2023 | Copyright, Truthout.org. Reprinted with permission.

Indigeni e lavoratori si oppongono a una riforma che attacca il diritto di protesta.

Da settimane a Jujuy, in Argentina sindacati e indigeni sono in piazza per resistere agli attacchi della politica di destra contro gli aumenti salariali e il diritto di protesta. Negli ultimi giorni il conflitto si è inasprito con una dura repressione da parte della polizia in tutta la provincia, in gran parte indigena e impoverita: sindacati e indigeni combattono la “riforma” mineraria e la repressione della polizia in Argentina

I resoconti sul campo mostrano una repressione che comprende massicci dispiegamenti di polizia in antisommossa, inseguimenti per le strade e violazioni di domicilio. Tuttavia, ci sono anche molti video di resistenza, tra cui cortei partecipatissimi, donne native che a gruppi tentano di cacciare agenti di polizia in borghese dai cortei e manifestazioni di solidarietà da parte di lavoratori dello zucchero e minatori.

Gran parte del reportage sul campo da Jujuy proviene dalla Rete La Izquierda Diario, una rete di siti web socialisti e che comprende Left Voice e La Izquierda Diario. La rete è affiliata al Partito dei Lavoratori Socialisti, che di recente ha assunto un’influenza crescente nel panorama politico della provincia.

In questione c’è una riforma parziale della Costituzione provinciale che a Jujuy – non lontano dal confine della Bolivia dove c’è la salina più alta del mondo – apre più terre all’estrazione di risorse e criminalizza varie forme di protesta.  Jujuy fa parte del “triangolo del litio”, una regione che detiene oltre il 50% delle riserve mondiali di litio. Nel contesto di una competizione globale per questo metallo, Jujuy e altre parti della regione sono obiettivi strategici per le multinazionali. Ciò pone le basi per un maggiore conflitto tra le comunità che vivono e lavorano nella regione e i capitalisti che cercano di espandere le relazioni con il capitale straniero.

 

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Il governatore di destra di Jujuy, Gerardo Morales – il cui partito Unione Civica Radicale (UCR) detiene la maggioranza nella legislatura provinciale – ha rapidamente portato avanti la riforma nel corso di due settimane. In risposta, le proteste si sono rapidamente mobilitate fuori dalla sede del parlamento e in tutta la provincia.

La riforma contiene molti punti che hanno irritato i lavoratori della provincia e la grande comunità indigena, in particolare la “proibizione dei blocchi stradali”. I blocchi stradali sono una delle principali tattiche di protesta pacifica che la comunità indigena ha utilizzato per far sentire la propria opposizione. Mentre il governatore Morales sta lavorando per imporre la riforma, gli insegnanti di tutta l’Argentina stanno combattendo contro i tagli salariali e questo ha portato gli insegnanti di Jujuy a unire la loro lotta al movimento contro la riforma costituzionale.

La polizia ha usato proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro i manifestanti. Mijael Lamas, un 17enne che ha perso un occhio quando la polizia gli ha sparato un proiettile di gomma in testa, è diventato un simbolo della repressione. Sono stati arrestati operatori sanitari, giornalisti e persino un funzionario eletto. Un video mostra la polizia che arresta Natalia Morales, legislatrice di Jujuy del Partito dei Lavoratori Socialisti, trascinandola per terra lungo una strada asfaltata. Nel frattempo è stata rilasciata, ma decine di persone  sono ancora detenute o scomparse.

La legislatura ha approvato la riforma con il sostegno bipartisan dell’UCR e del Fronte Justicialista di centro-sinistra il 20 giugno scorso. I rappresentanti dell’opposizione multipartitica di sinistra, il Fronte di Unità di Sinistra, tra cui Natalia Morales, hanno denunciato la riforma e si sono uniti alle proteste di piazza. A seguito delle proteste, il governatore Morales ha sospeso due articoli della riforma, il 36 e il 50, che rimuovevano dalla Costituzione provinciale il linguaggio che codificava i diritti delle popolazioni indigene a praticare la loro cultura e che affermava che la proprietà privata non deve interferire con la salute, la sicurezza, la libertà o la dignità umana, ma le mobilitazioni hanno continuato a chiedere l’abrogazione completa della riforma.

Il movimento sta iniziando a raccogliere consensi a livello nazionale e il 22 giugno si sono tenute marce in tutto il Paese in solidarietà con le proteste. Per tutta la settimana, i sindacati hanno indetto scioperi di solidarietà. Tra i più importanti, il sindacato degli insegnanti elementari in Argentina, che ha indetto uno sciopero nazionale il 21 giugno e la Confederación General del Trabajo di Jujuy, la più grande federazione sindacale argentina, che ha indetto scioperi generali a Buenos Aires e Còrdoba insieme a diverse altre federazioni sindacali.

Anche numerose organizzazioni per i diritti umani e importanti attivisti ambientali hanno denunciato la repressione e amplificato la lotta, tra cui Amnesty International, Extinction Rebellion e Greta Thunberg.

È improbabile che il governatore Morales, candidato alla presidenza alle prossime elezioni del 2023, si tiri indietro senza subire forti pressioni. Il fatto che riesca o meno a far passare la riforma a Jujuy avrà probabilmente un impatto sul sostegno che potrà ottenere dai settori amici delle politiche estrattive che rappresenta a Jujuy. Se la posta in gioco è alta per Morales, lo è anche per i lavoratori e gli indigeni di Jujuy e di tutta l’Argentina, che soffrono di una grave crisi economica. È improbabile che sopportino salari ancora più bassi e l’estrazione da parte del capitale straniero. In questo contesto, non sorprende che Jujuy sia diventato l’epicentro della lotta in Argentina e che la resistenza non accenni a diminuire.


Traduzione di Gaia Sartori Pallotta per il Centro Studi Sereno Regis


 

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