Extinction Rebellion: parliamo con Asia, attivista a Torino

Intervista a cura di Germana Marchese


Extinction Rebellion
Photo by Joël de Vriend on Unsplash

Extinction Rebellion è un movimento nonviolento, nato nel Regno Unito nel maggio 2018, che chiede ai governi di tutto il mondo di intervenire con azioni radicali e immediate per affrontare la crisi climatica, fermare la perdita di biodiversità e minimizzare il rischio di estinzione umana a causa del collasso ecologico e sociale.

Dall’inizio del 2019 il movimento approda anche in Italia, dove iniziano a costituirsi i primi gruppi locali in città come Torino, Milano, Mestre, Bologna e Roma. Dopo le ultime azioni del movimento nella città di Torino, concentratesi soprattutto di fronte a Palazzo Lascaris, e dopo gli ultimi raduni nazionali a Roma, città che ultimamente è stata protagonista di numerosi blocchi stradali da parte di Ultima Generazione, abbiamo deciso di parlare con alcun* ragazz* del movimento per capire meglio chi sono e come operano. Il 17 dicembre 2021 abbiamo incontrato e intervistato Asia, attivista a Torino.

Quali sono gli obiettivi che perseguite?

Extinction Rebellion ha tre richieste: verità, azione e istituzione di assemblee cittadine. È necessario informare che la crisi che c’è in corso andrà a creare degli scompensi a livello sociale, di conseguenza è sì il dichiarare che siamo nel mezzo di una crisi climatica ed ecologica, ma anche che questa crisi non è qualcosa di separato rispetto alle nostre vite quotidiane. Le istituzioni devono quindi farsi carico di informare i cittadini e le cittadine sulla reale situazione. L’agire ora, e quindi nello specifico, azzerare le emissioni di anidride carbonica e ridurre la sua presenza nell’atmosfera.

Siamo in grado di vedere che ci sono responsabilità a diversi livelli, ci sono delle aziende e delle multinazionali che hanno un via libera, che permettono tutto ciò. A ciò si ricollega la terza delle richieste, le assemblee cittadine. Ossia delle assemblee eterogenee estratte a sorte che vanno a discutere e poi deliberare su quali sono le misure per affrontare la crisi che c’è in atto; sarebbe interessante vedere che idee potrebbero uscire fuori da queste assemblee. Per esempio, una risposta potrebbe riguardare la tassazione delle multinazionali.

Come perseguite gli obiettivi che vi siete prefissati?

Nel perseguire questi obiettivi agiamo attraverso la disobbedienza civile nonviolenta all’interno di una cornice di dieci principi e valori. Questi ultimi sono degli strumenti e delle metodologie che ci permettono di arrivare a questi obiettivi, come ad esempio la cultura rigenerativa. Quest’ultima fa parte dei nostri principi ed è anche il modo di stare insieme sia con noi stess*, sia tra di noi sia con l’ambiente esterno che richiede un grosso sforzo in prima persona. Qui si inserisce la comunicazione nonviolenta, ma anche una questione di cura e supporto che emerge evidentemente durante le azioni.

Ci sono poi altri principi che possono essere, ad esempio, l’agire in maniera nonviolenta. Questo è il nostro modus operandi, oppure la questione di autonomia e decentralizzazione, che ci permette di ragionare secondo gruppi di affinità ovvero cellule operative e che autonomamente posso decidere di fare un’azione. Ossia esistono tanti gruppi che sono gruppi di affinità, che sono delle cellule operative e che autonomamente decidono di andare a fare una determinata azione. Per lo stato attuale in Extinction Rebellion Italia e Extinction Rebellion Torino si prevede anche il coordinamento tra altre persone. Altri principi, poi, che tornano utili nel perseguire gli obiettivi sono il fatto dell’arrivare a mobilitare il 3,5% della popolazione.

Questo del 3,5% è un obiettivo?

No, non è tra gli obiettivi. Tuttavia da diversi studi sociali che sono stati fatti è emerso come con il 3,5% della popolazione attiva c’è il cambiamento. Se ci pensi è una percentuale bassissima; sono esistite situazioni in cui addirittura è bastato l’1%.

Siete tanti in Italia?

Direi sì e no. Siamo tanti se si guarda a livello di partecipazione locale, quando ci sono i raduni nazionali è sicuramente più difficile essere in tant*, richiede di doversi spostare. Se pensiamo ai raduni che ci sono stati a Roma, sicuramente sono stati partecipati, diverse persone hanno attraversato gli spazi. Noi siamo estremamente consapevoli del fatto che ci siamo noi del movimento, Extinction Rebellion, ma che ci sono tanti altri movimenti che lottano per la giustizia climatica, sociale e non c’è alcuna pretesa di predominare. Il nostro desiderio sarebbe avere un’unione di movimenti che siano eterogenei sia a livello di partecipazione che di tematiche e che si possa effettivamente considerare parte di un movimento più grande e più ampio.

Abbiamo parlato del fatto che i governi dovrebbero informare riguardo la reale situazione; cosa pensare, allora, del fatto che si stanno progettando dei metaversi anche in previsione considerando che non si potrà più abitare il mondo? Ci dovremo chiudere nelle abitazioni, stanno sperimentando queste realtà accettando l’idea che il mondo sia destinato a collassare su sé stesso.

Noi abbiamo questi obiettivi e richieste, sappiamo che questo ci rende affini, poi su tante questioni, più politiche, intese come dinamiche e battaglie visibili sulle quali noi non prendiamo posizione. Questo perché come movimento, per la struttura che abbiamo non c’è modo di avere una posizione comune su tutto. Noi siamo apartitici ma non apolitici. In qualche modo ci relazioniamo con la politica facendo delle richieste al governo. Detto questo è chiaro che è un fatto che preoccupa; noi attraverso la disobbedienza civile, però, facciamo sentire la nostra voce.

Ci sono stati attivist* del movimento che raccontano di episodi in cui, durante le azioni, loro stessi hanno provato a instaurare un dialogo con i celerini, senza intento provocatorio. Ma si può instaurare un dialogo con i reparti mobili?

È faticosissimo, ma sì, si può. Anche a livello individuale, è molto faticoso perché devi spogliarti di una serie di pregiudizi. Si tratta di conoscere l’essere umano che c’è dietro quella divisa. Riconoscerlo nonostante stia indossando quella divisa e in quel momento ti stia intimando di andare via; non tutt* riescono in questo. Nella mia esperienza ciò che ho visto è stato sempre un tentativo di spiegare perché facciamo quello che facciamo, cosa ci fa paura, cosa ci fa star male e provare a far capire che lo facciamo anche per loro, anche per chi non si batte per fermare quello che sta succedendo. Forse quello che ci aspettiamo è che loro stessi disobbediscano, oltre a dire ciò che ci preoccupa, possiamo chiedere di non agire contro di noi ma siamo anche pronti a ricevere come risposta un “non possiamo non intervenire contro di voi”.

Il conflitto spesso è inevitabile, come vi ponete nei confronti di esso?

La nonviolenza non nega il conflitto, in qualche modo anzi lo acuisce. La nonviolenza stessa è funzionale a far emergere quanta violenza ci sia in realtà nel sistema in cui viviamo. Si percepisce nei momenti di tensione in cui non si sta facendo nulla se non stare in mezzo alla strada e dopo un paio di volte che ti hanno pres* e portat* via e tu torni lì sul posto, in un certo senso provocandoli, loro si innervosiscono.

In questo momento, una costola del movimento Extinction Rebellion, Ultima Generazione sta praticando dei blocchi stradali a Roma. Cos’è e cosa sta succedendo?

A proposito di Ultima generazione, posso risponderti solo parzialmente. È un argomento delicato per il movimento, è una campagna che non ha una dimensione locale e quindi all’interno ci sono persone da tutta Italia. Cosa fa? Disobbedienza civile nonviolenta. Hanno iniziato il 7 dicembre la prima iterazione, quindi la prima discesa in strada, e terminerà il 18 dicembre. Sostanzialmente loro sono andati sul raccordo anulare facendo blocchi stradali. Già dai primi giorni gli attivist* hanno ricevuto denunce e fogli di via. Inoltre, hanno dichiarato che la campagna ha la durata di un anno e l’obiettivo specifico che portano avanti è l’istituzione di assemblee nazionali di cittadin* entro il 2022.

Ma quindi non è una costola del movimento?

È nata da persone all’interno del movimento, si sta ancora cercando di capire se è possibile coordinarsi e organizzarsi insieme. L’assunto di base è che la lotta è la stessa, ma Ultima Generazione ha una struttura interna che è leggermente diversa da quella di Extinction Rebellion nonostante ne condivida i principi e le richieste.

Com’è organizzato Extinction Rebellion come movimento? Che struttura ha?

La struttura del movimento a me piace molto, è una struttura che mi fa sentire estremamente a mio agio; si tratta sostanzialmente dell’autorganizzazione. In Italia si è preso spunto un po’ da sistemi olocratici o sociocratici, ciò che è emerso è una struttura a cerchi con mandati e con ruoli. Questo significa che ci sono diversi piani, locale innanzitutto.

Prendiamo il caso torinese. Qui ci sono una serie di persone che fanno parte del gruppo e all’interno del gruppo locale di Torino abbiamo diversi gruppi di lavoro. Questi all’interno possono avere o dei sottogruppi o essere divisi in ruoli. Ogni gruppo di lavoro ha un referente interno e un referente esterno. Il primo ha la responsabilità di fare armonia all’interno del gruppo, di assicurarsi che il gruppo svolga il mandato e che le responsabilità che si è dato all’inizio vengano portate a termine. Il secondo invece è la persona che è in contatto con gli altri referenti esterni dei gruppi di lavoro e che ha la funzionalità di fare flusso informativo.

Quindi siete sempre e costantemente divisi, ossia siete dei gruppi di lavoro che con una determinata cadenza dialogano tra di loro.

Esatto. In questo senso sono di fondamentale importanza i momenti informali.

Mi hai descritto un’immagine che raffigura il movimento diviso in gruppi ed il dialogo avviene solo tra rappresentanti dei diversi gruppi. È così o ci sono momenti di confronto in cui siete presenti tutti?

Non è esattamente così. Per esempio, il gruppo di culture rigenerative a ora ha anche la responsabilità di andare a creare la cultura di gruppo. A Torino durante il mese di dicembre, in diversi punti della città, sono stati organizzati dei momenti aperti a tutt?.

Quindi non ci sono dei momenti prestabiliti in cui le singole individualità presenti nei gruppi si confrontano

Se penso alle ultime plenarie torinesi, erano finalizzate a raggiungere degli obiettivi. In particolare, azioni; in questo senso le assemblee sono state organizzate in modo tale da snodare temi che appunto riguardavano il come fare azione e coordinarsi. Dal mio punto di vista, poi, una cosa che aiuta molto il fare gruppo sono i gruppi di affinità, gruppi ristretti di massimo dieci persone; sono cellule operative.

Prendendo come esempio la realtà torinese, a livello di azioni ultimamente vi siete mossi di fronte Palazzo Lascaris. Quando organizzate questo genere di azioni c’è un’assemblea fra tutti i membri di tutti i gruppi per parlare e definire l’azione che si andrà a fare?

No.

Allora come vi organizzate?

Attraverso i gruppi di affinità. Tra i vari gruppi di lavoro c’è il gruppo azioni che ha una composizione particolare. Partecipano i referenti dei vari gruppi di affinità che poi hanno il compito di riportare ciò che è stato discusso.

Quindi possiamo dire che Extinction Rebellion sia un movimento basato sulla autorganizzazione non gerarchica.

Sì, sicuramente è un movimento che si basa sull’autorganizzazione. La gerarchia c’è di scopo, non di persone.

Nei fatti pratici è funzionale il vostro modo di organizzarvi?

Dal mio punto di vista sì. Poi è necessario fare delle considerazioni, innanzitutto è un modo di lavoro diverso rispetto a ciò a cui siamo generalmente abituat?; quindi, ci vuole del tempo per capirne il meccanismo ed entrarci dentro. Detto questo io ritengo sia efficace e mi sembra che si inserisca bene all’interno di una cultura rigenerativa. Vengono divise responsabilità e potere, ognuno fa qualcosa ma non fa troppo.

In un mondo globalizzato dove la quotidianità è pregna di violenza e inviti ad essa, è una metodologia sostenibile in termini di funzionalità quella adottata dal movimento?

Extinction Rebellion si inserisce all’interno di una cornice di movimentismo che ha già una partecipazione ampia, pensiamo ai Fridays for Future. Io credo che siano necessari diversi approcci. Extinction Rebellion propone la disobbedienza civile, noi sappiamo che attraverso questa possiamo arrivare a scombussolare la gente ed i governanti.


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