Iraq 1991, la guerra che ha cambiato il mondo
Autore
Luca Serratore
Iraq 1991. Era la notte tra il 16 e il 17 gennaio quando iniziò lo sgancio infinito di bombe su Baghdad. Così tante bombe che ne furono lanciate più di quante furono quelle durante la seconda guerra mondiale. Dopo 40 giorni l’Iraq era irriconoscibile, paragonabile a una civiltà dell’età della pietra.
L’azione della coalizione americana “Desert storm”, in quella notte di gennaio, cambiò la storia della seconda metà del novecento, segnando indelebilmente la vita di moltissime persone e il destino del Medio Oriente. La Prima Guerra Del Golfo contribuì inoltre a instaurare le basi per la lunga serie di interventi militari nella regione mediorientale negli anni a seguire.
In quei giorni nasceva l’associazione pacifista e movimento per la pace Un Ponte Per, una Ong che fino ad oggi è rimasta al fianco del popolo iracheno. A 30 anni da questo tremendo evento UPP ha organizzato un convegno per riflettere su una guerra che rappresenta uno spartiacque e che ha rifondato il mondo. UPP continua a lavorare nella solidarietà, nella cooperazione, nello sviluppo e nella costruzione della pace in un paese che ancora porta sulla pelle le cicatrici di quella guerra. Inoltre lotta costantemente con lo scopo di prevenire conflitti armati e ripudia la guerra come strumento per le controversie nazionali e internazionali, mirando alla costruzione di coesistenza pacifica tra popoli.
Le tonnellate di bombe devastarono il paese iracheno: oltre alle vittime rimaste uccise durante l’azione militare, sono circa 200 mila le persone che hanno perso la loro vita in circostanze legate ai bombardamenti nei mesi e negli anni seguenti per cause imputabili alla guerra. Tra loro si contano vite di bambine, bambini, donne e di moltissimi civili, spazzate via dalle atrocità di quella guerra, della quale anche l’Italia porta la macchia.
La guerra del Golfo è stato un grande evento storico globale che ha impegnato non solo le armate militari di decine di paesi, ma anche l’ONU e una vasta quantità di opinioni pubbliche. Mai come per questa guerra milioni di persone hanno preso coscienza di essere partecipi di un momento di grande tragedia e turbamento.
Ma perché questo conflitto può essere considerato uno spartiacque?
La guerra è sempre esistita, è una costante della storia dell’umanità, ma la guerra del Golfo rappresenta uno stacco, un cambiamento che ha interrotto la speranza di pacificazione che era emersa con la caduta del muro di Berlino e ha messo fine ad un ciclo storico caratterizzato dall’assenza di grandi combattimenti. Perciò è necessario sottolineare che fino alle due guerre mondiali la guerra era stata sempre presente e anche legittimata.
Hegel suggeriva l’esistenza di una destra e di una sinistra entrambe portatrici di una visione del processo storico come un conflitto in cui una parte assorbe o supera l’altra. Processo in cui di conflitto si va in conflitto e il punto terminale è la guerra. Da qui può emergere la cultura di guerra necessaria e inevitabile.
Lo stacco, lo spartiacque si colloca proprio qui: dopo le due guerre mondiali, la filosofia di guerra necessaria era stata debellata, cancellata con convinzione dalle atrocità commesse durante degli atti bellici ferocemente impazziti. Fino al 1991 la guerra era stata espulsa dall’etica e dalla vita comune.
Secondo Raniero La Valle ciò che successe nel gennaio del 1991 è stata una sanguinosissima e crudele “campagna di marketing” con l’obiettivo di rivendere il prodotto della guerra il quale era ormai uscito dal mercato. Un prodotto non più usabile, ma che certo era pronto all’uso perché armi ce n’erano ed erano pronte ad essere usate. Gli stati, come suggerisce Raniero La Valle durante il suo intervento al convegno di UPP, non potevano intraprendere una grande guerra. Erano ammesse solo quelle “piccole”, quelle sì, non si sono erano mai fermate.
In qualche maniera si doveva riprendere in mano la possibilità di fare la guerra, intesa come guerra mondiale. A questa possibilità ha contribuito una grande “campagna di opinione” che si è rivolta alle opinioni pubbliche del mondo intero. Una campagna che però non è stata fatta dai giornalisti, Continua La valle, ma dai comandanti militari e dalla NATO, che hanno raccontato e gestito la guerra per persuadere le opinioni pubbliche di tutto il mondo sul fatto che la guerra si può fare.
Questa non è stata una guerra come le altre, ma una che ha segnato una svolta negativa nella storia dell’umanità, un ritorno all’imperialismo controllato dalla sete di poter comandare, dalla fame di potere, e dal bisogno di controllare il mondo con le armi e la guerra.
Questa guerra ha rappresentato un taglio e un ritorno al passato che ha detto chiaro e tondo che la festa era finita e la guerra era ritornata.
Non può esistere pace dove c’è guerra.
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