Da Domusnovas allo Yemen: la guerra comincia dove si fabbricano le armi

Autrice
Maria Chiara Todaro


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Il Centro Studi Sereno Regis (CSSR) e la sede torinese del Movimento Internazionale della Riconciliazione- Movimento Nonviolento (MIR-MN), lunedì 18 gennaio 2021 – in preparazione della giornata mondiale di mobilitazione per fermare la guerra in Yemen del prossimo 25 gennaio – sono stati protagonisti di un intenso dibattito sulla lotta per la riconversione della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas in Sardegna.

Si è cercato di ricostruire il percorso dei carichi di armamenti prodotti in Europa e usati per la guerra in Yemen, partendo dalla Sardegna fino al Medioriente, attraversando i porti di Genova e gli altri del Mediterraneo. Enzo Ferrara (CSSR) e Zaira Zafarana(MIR-MN Piemonte Valle d’Aosta e IFOR) hanno presentato gli ospiti della serata, impegnati nella lotta contro la produzione di armamenti in Sardegna e contro le dinamiche di commercio di armi internazionale: Massimo Coraddu (consulente tecnico), Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa (portavoce del Comitato per la riconversione RWM), Carlo Tombola (Wapon Watch e Osservatorio Permanente Armi Leggere- OPAL Brescia) e Paolo Candelari (MIR-MN Piemonte Valle d’Aosta).

Questa è una vicenda dalla portata nazionale e internazionale, ma anche molto locale. Tutto ha inizio nel 2015 con un’inchiesta da parte del New York Times che, nell’edizione online, pubblica il servizio “Italian bombs, yemeni deaths” (Bombe italiane, morti nello Yemen) sulle bombe che si costruiscono in Sardegna e impiegate dall’Arabia Saudita (in generale dalla coalizione sunnita) nello Yemen, in quella che è stata definita dall’ONU “la più grave catastrofe umanitaria mondiale dal 1946 ad oggi”: i sette minuti di video mostrano prove fotografiche dell’utilizzo degli armamenti che si fabbricano a Domusnovas.


La guerra, iniziata nell’aprile del 2015, vede opporsi la coalizione saudita, che appoggia il presidente Abd Rabbin Mansur Hadi, deposto con un colpo di stato nel gennaio 2015, alle milizie Houthi. Questo conflitto, anche se inquadrato nel conflitto mediorientale tra sunniti e sciiti, non si riduce a una lotta religiosa: vi è l’intervento di forze che lottano per l’egemonia e che approfittano di queste differenze religiose per accendere la miccia. L’Arabia Saudita e l’Iran sono le due principali potenze regionali, produttrici entrambe di petrolio. Ciò implica la presenza di tanti altri attori internazionali che intervengono nella guerra, tra cui l’Occidente (schierato con l’Arabia Saudita).

Lo stabilimento di Domusnovas – Iglesias, nato principalmente per la produzione di esplosivi per le miniere della zona, nel 2010 viene acquistato dall’azienda RWM e convertito in fabbrica di bombe per aereo Mk82. L’azienda RWM Italia S.p.a è controllata dalla multinazionale degli armamenti Rheinmetall, con sede in Germania.

Il bilancio dell’azienda Rwm Italia dimostra la crescita del fatturato, passando dai 102 milioni euro del 2018 agli oltre 114 milioni euro del 2019. Essendosi impennata la produzione – e, quindi, saturata la capacità produttiva degli impianti- l’azienda nel 2017 ha avanzato una richiesta di espansione, che però ignorava tutte le regole che dovrebbero esserci per un’industria che ha un enorme impatto sull’umanità e sull’ambiente. L’area industriale, infatti, si si trova nell’isola amministrativa iglesiente detta “San Marco” che, data la sua importanza naturalistica, archeologica e turistica, non è stata classificata nell’ultimo Piano Regolatore Generale e dunque risulta zona “bianca”.

Il 19 luglio 2017  il Consiglio Comunale di Iglesias su proposta del comitato, ha dichiarato Iglesias città della Pace e della Solidarietà ed espresso la sua contrarietà alla produzione di ordigni di guerra nel proprio territorio con la ferma volontà di tutelare l’occupazione di tutti i lavoratori dello stabilimento RWM Italia s.p.a. Nasce così il progetto “War Free – lìberu dae sa gherra” il cui primo obiettivo è proporre una nuova economia civile, sostenibile e warfree, che possa dare lavoro degno nel nostro territorio, offrendo spunti di riflessione per la creazione di un accordo fra tutte le imprese che nel territorio credono nella possibilità di fare economia in maniera sostenibile e pacifica. 

La produzione di armi in Italia è regolata dalla L.185/90 che vieta la vendita di armi a paesi in conflitto e prevede che ogni partita di armamenti che parta o transiti dal nostro Paese debba essere autorizzata dal Ministro degli Esteri: eppure, questa realtà continua ad esistere. La costituzione a Genova di The Weapon Watch, Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, è una delle esperienze che, partendo dal caso della nave saudita «Bahri Yanbu», promuove un programma finalizzato alla creazione di una rete di conoscenza e azione nei porti italiani ed europei al fine di svelare e ostacolare il movimento di armi.

Le parole con cui Cinzia Guaita conclude il suo discorso sono il punto da cui partire per riflettere sull’enorme impatto distruttivo che queste realtà hanno sull’intera umanità. Bisogna aprire gli occhi, osservare ciò che succede e porsi le giuste domande. Dobbiamo valutare l’effetto per cambiarne la causa: qual è l’effetto di una bomba Mk82?

LA GUERRA COMINCIA DOVE SI FABBRICANO LE ARMI.
LA PACE È UN’ESIGENZA UNIVERSALE,
MA NON NASCE DA SOLA.
LA PACE VA COSTRUITA.


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