Da Domusnovas allo Yemen: armi prodotte in occidente e vendute in oriente

Autore
Luca Serratore


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“Pensare localmente e agire globalmente”, con questa citazione in apertura di Zaira Zafarana, del Movimento internazionale della Riconciliazione e IFOR, si comprende pienamente il nodo cruciale del dibattito tenutosi durante l’incontro del 18 gennaio dal titolo: “Da Domusnovas allo Yemen”: armi prodotte in occidente e vendute in oriente.

L’evento si inserisce in continuum con le attività di studio e discussione già avviate nell’Ottobre 2020 a Torino durante il Festival della Nonviolenza e della Resistenza Civile, i cui temi principali sono stati la produzione degli armamenti in ambito internazionale e l’obiezione di coscienza, ed è stata propedeutica ai fini della giornata mondiale di mobilitazione per fermare la guerra in Yemen dello scorso 25 Gennaio tenutasi per sensibilizzare e sostenere concretamente la lotta per la riconversione della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas/Iglesias in Sardegna.

La questione della fabbrica di armamenti RWN in Sardegna ha origine, come riferito da Massimo Coraddu (del Comitato per la riconversione RWM di Domusnovas/Iglesias), fin dal 2015 anno in cui, grazie ad un’inchiesta indipendente, emerse che l’Arabia Saudita stava invadendo lo Yemen facendo ricorso anche a bombe realizzate nel Sud della Sardegna e prodotte dalla RWM, un’emanazione di una multinazionale tedesca. Tale industria nacque dalla trasformazione, grazie all’ausilio di fondi pubblici, di un’industria chimica civile in un’industria per la produzione di armi a scopi bellici. La certezza che le bombe utilizzate per attaccare lo Yemen abbiano tale provenienza risiede nel fatto che ogni bomba che lascia lo stabilimento di Domusnovas/Iglesias è provvista di un codice identificativo, che si ritrova anche nelle bombe usate durante quegli attacchi.

Il secondo rilevante aspetto si ha nel 2017 quando si sentì la necessità di costruire un ampliamento della fabbrica per intensificare ulteriormente la produzione già al massimo del regime. Come qualsiasi altra industria classificata “ad alto rischio di incidente”, la Legge italiana richiede una perizia dettagliata sull’impatto ambientale della stessa. Ma visti i tempi stringenti e la complessità nell’ottenere le autorizzazioni paesaggistiche necessarie, si è aggirato l’ostacolo ricorrendo alla “parcellizzazione” delle richieste anziché presentare un Piano unico attuativo dell’intero ampliamento. Con questo espediente si sono azzerati i limiti legali che si imposero per evitare che interventi costruttivi o distruttivi deturpassero aree paesaggistiche dal notevole interesse pubblico, quale è appunto l’area boschiva presso cui sorge lo stabilimento.

Subito si sono adoperate le associazioni di attivisti sardi dando vita a movimenti per la riconversione della RWM, in primis il Comitato per la riconversione della RWM, ma anche associazioni come Italia Nostra, che hanno presentato ricorso al TAR richiedendo la Valutazione di Impatto Ambientale dello stabilimento di Domusnovas. Tali ricorsi comportano l’utilizzo di non poche risorse finanziarie che spesso per tali associazioni non sono sostenibili. Nonostante l’impegno e le prove a favore, il TAR ha rigettato ogni istanza di ricorso presentata dal Comitato o da ogni altra associazione, vanificando gli sforzi fatti fino a quel momento e permettendo alla RWM non solo di proseguire con l’ampliamento degli stabilimenti, ma anche di continuare a produrre vari tipi di armamenti (bombe di aereo della serie MK, esplosivo PBX etc.) che, allo scadere dell’embargo governativo sulle esportazioni verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, potranno essere nuovamente messi in commercio.

Per quanto concerne la logistica del trasporto delle armi prodotte in Occidente e vendute in Oriente, come spiega Carlo Tombola di Weapon Watch e OPAL Brescia (Osservatorio Permanente Armi Leggere), le tipologie di trasporto principalmente utilizzate sono due: navi e aerei. Per quanto il trasporto aereo sia nettamente più veloce, esso è tuttavia anche molto più costoso, per cui il trasporto delle armi avviene quasi interamente via nave.

Le armi prodotte nei paesi Occidentali, Italia inclusa, vengono caricate su navi specializzate, come quelle della compagnia LGL- Liberty Global Logistics, transitano poi nei porti più importanti (Livorno, Trieste, Cagliari, Genova) e proseguono verso Est. Per la guerra in Yemen, la rotta principalmente seguita dalle navi per il trasporto bellico prevede la partenza dagli Stati Uniti, il passaggio dai principali porti europei, una sosta nel mar Rosso e infine la tappa finale è costituita dal Golfo Persico. Questa ferrea catena logistica garantisce l’arrivo di ottime armi alle forze armate delle coalizioni della guerra in Yemen.

Risulta spontaneo chiedersi come sia possibile che tutto ciò avvenga senza limitazioni, che la produzione di armi nel nostro paese avvenga indisturbata, spesso anche col favore della legge. La risposta probabilmente è nel Dio denaro, che tutto può e tutto muove. Come ogni altra industria “sommersa”, anche quella delle armi è altamente remunerativa. Basti pensare che da quando è stata effettuata la conversione dell’industria chimica di Domusnovas/Iglesias in industria bellica il fatturato è raddoppiato e i ricavi addirittura quintuplicati. In particolar modo poi, la vendita di armi alla sola Arabia Saudita costituisce quasi il 90% dei ricavi della RWM.

Sarebbe bello poter pensare che siano la giustizia, la ricerca della pace e del benessere per tutte le popolazioni la moneta del Mondo. Oggettivamente però è la MONETA la moneta del mondo, e non può stupire dunque che tutto muova intorno a meri interessi economici e di lucro. Per fortuna sono molti gli Enti e le Associazioni che operano in direzione opposta, lottando per preservare la pace e l’ambiente. Il Comitato per la riconversione della RWM, di recente creazione (2017), ha le idee ben chiare su questo. Nessuna sentenza del TAR li fermerà, ma continueranno a presentare ricorso al Consiglio di Stato per ottenere giustizia.

Del resto, questa associazione particolarmente attiva grazie alla presenza al suo interno di numerosissimi giovani, ha una denominazione per estesa che fa ben capire tutte le finalità che perseguono. “Comitato per la riconversione RWM, per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica, il processo di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del territorio”. Si passa da finalità più strettamente locali a obiettivi internazionali, facendo ben capire come tutto sia strettamente interconnesso. Ed è proprio dal locale che bisogna iniziare se si vuole fermare quella che l’ONU ha definito “la più grande catastrofe internazionale dal 1946”.


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