Il «ricatto» Rwm: «No bombe saudite? Speriamo di non dover licenziare…» | Costantino Cossu
Armi&Lavoro. Lettera del dg ai 300 dipendenti. L’azienda: stop a produzione per 18 mesi. Pacifisti in festa ma chiedono garanzie sui posti
La Rwm Italia è stata più veloce di Luigi di Maio. L’11 luglio il vicepremier aveva annunciato, con un video su Facebook, la «conclusione, in consiglio dei ministri, dell’iter che impegna l’Uama, l’autorità nazionale che presso il ministero degli esteri si occupa dell’export di armamenti, a bloccare qualsiasi contratto, in essere o nuovo, che preveda l’esportazione di bombe d’aria, di missili o di strutture di armamento verso l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi per il conflitto nello Yemen».
Ieri, ancora prima che dall’Uama arrivasse un’indicazione ufficiale, l’azienda del gruppo tedesco Rheinmetall che fabbrica bombe per la coalizione saudita a Domusnovas in Sardegna e a Ghedi in provincia di Brescia ha annunciato la sospensione del ciclo produttivo per 18 mesi. «Tale situazione – spiega in una nota ai dipendenti il direttore generale Fabio Sgarzi – non è dovuta a nostre scelte aziendali, né è causata dall’andamento del mercato; è espressione della volontà politica del parlamento e del governo e va serenamente accettata, nel rispetto delle leggi dello stato che ha sempre guidato l’operato dell’azienda».
«Inizia oggi – aggiunge Sgarzi – un periodo non semplice, che richiederà la massima collaborazione di tutti nel segno della razionalizzazione, dell’efficienza e della tempestività, perché l’azienda prosegua nella realizzazione degli investimenti strategici, mantenga la propria posizione di mercato e si faccia trovare pronta alla ripresa al termine del periodo di sospensione».
Il blocco della produzione di bombe, annunciato da Di Maio su Facebook e anticipato dalla decisione presa ieri da Rwm, fa seguito all’approvazione, avvenuta lo scorso 26 giugno da parte della camera dei deputati, di una mozione, presentata dalla maggioranza gialloverde, che impegna il governo ad «adottare gli atti necessari a sospendere le esportazioni verso l’Arabia Saudita (415 milioni di euro di contratto firmato nel 2016) e gli Emirati Arabi Uniti di bombe d’aereo e di missili che possano essere utilizzati per colpire la popolazione civile».
Il documento è stato approvato con 262 voti favorevoli, nessuno contrario e 214 astensioni. Tra queste quelle del Pd e di Liberi e Uguali, che hanno giudicato il testo insufficiente perché propone di bloccare solo le bombe da aereo e i missili e non tutte le altre armi.
Con la sospensione della produzione anche solo per 18 mesi, potrebbero esserci problemi legati al mantenimento degli attuali livelli occupativi del gruppo Rheinmetall in Italia – oggi sono oltre 300 dipendenti attivi tra lo stabilimento domusnovese e quello di Ghedi (Brescia). «I programmi degli stabilimenti di Ghedi e di Domusnovas – scrive nella nota ai dipendenti il direttore generale Rwm – saranno modificati per rispondere adeguatamente alle esigenze degli altri contratti acquisiti e in fase di acquisizione. Mi adopererò, insieme con la Rsu, per dare continuità lavorativa al maggior numero possibile di lavoratori». Già il 28 giugno – due giorni dopo il voto – Sgarzi aveva annunciato: «Contratti rinnovati solo per il breve periodo e stop all’ingresso di nuovi lavoratori».
Il “Comitato per la riconversione della Rwm”, che da anni si batte a Domusnovas contro la fabbrica della morte, accoglie con soddisfazione la sospensione temporanea della produzione di bombe, «risultato importantissimo per tutte le organizzazioni della società civile, italiana ed europea, con le quali abbiamo collaborato intensamente negli ultimi anni per la promozione della pace in Yemen e nel mondo». Ma, preoccupato per i posti di lavoro, il comitato chiede anche «l’immediato interessamento del presidente del consiglio Conte, del presidente della Regione Sardegna Solinas, del consiglio regionale, dei sindacati e del mondo imprenditoriale al fine di promuovere e sostenerla messa in atto di attività alternative a quelle della produzione di bombe, anche con una appropriata legge regionale».
Il Manifesto, EDIZIONE DEL 01.08.2019
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