L’assalto al Campidoglio e la democrazia USA

Le incredibili scene di assalto al Campidoglio cui abbiamo assistito il 6 gennaio sono un sintomo preoccupante non solo per la democrazia USA, ma per tutti noi, come molti commentatori hanno osservato.

Ma parlare solo di “sottovalutazione” degli eventi mi sembra davvero insufficiente, quando non fuorviante.

Se si fa un giro anche solo su alcune Newsletter vicine ai movimenti nonviolenti si può vedere come da tempo comparissero articoli che presentavano il rischio di derive eversive come possibili esiti del trumpismo sconfitto alle elezioni, ma non certo scomparso nella cultura profonda degli USA.

Su Waging Nonviolence, ad esempio, sono comparsi nei mesi scorsi articoli che suonano così: Quale piano d’azione se Trump cerca di rubare le elezioni?; 10 cose che devi sapere per fermare un colpo di stato; Abbiamo bisogno di un piano per prevenire un possibile tentativo di restare al potere da parte di Trump

Peccato che non ci abbiamo pensato (?) le istituzioni preposte, al punto da consentire che l’aula del Parlamento fosse ridotta a un “bivacco di manipoli”, per citare un’espressione tristemente a noi nota (Benito Mussolini, 1925)

Inoltre, nei commenti dei politologi e dei giornalisti prevale una narrativa che si stupisce e si scandalizza della violenza perpetrata nel cuore di quella che è definita la culla della democrazia, della più antica e grande democrazia del mondo. Ora, è ben vero che gli Stati Uniti sono il primo esperimento democratico della storia contemporanea e che quella società è un crogiolo di esperienze e di testimonianze molto significative e importanti di diverso segno, alcune di queste fondamentali per la stessa cultura della democrazia radicale e della nonviolenza, da William Penn a Cesar Chavez,  da H.D. Thoreau a M.L.King , da Jane Addams a  Dorothy Day.

Tuttavia ci sono anche aspetti della società statunitense che portano un diverso imprinting e che forse aiutano a comprendere meglio dove stanno le radici di quanto accaduto.

A questo proposito, ho trovato una lettura degli avvenimenti di questi giorni che mi sembra interessante, della direttrice di FOR-USA (Fellowship of Reconciliation, la sezione statunitense dell’IFOR, di cui il MIR italiano è parte), la pastora della chiesa battista, Emma Jordan-Simpson, in un articolo dal titolo Bugie, tradimenti e assalto al Campidoglio, di cui riporto alcune parti:

«Le bugie hanno delle conseguenze. L’insurrezione che è stata tentata quando il Senato e la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti si sono riuniti per certificare i risultati delle elezioni il 6 gennaio 2021 è stata sollecitata dalle bugie del presidente. La violenza che è ne seguita con la presa d’assalto del Campidoglio è stata la prova di quanto lontano le persone sono disposte a spingersi per mantenere viva una bugia.

Mentre guardavo una folla irrompere in quella che è la “Casa del popolo”, ho sentito numerosi commentatori dire ai loro telespettatori: “Questa non è l’America. Questo non è quello che siamo».

Amici, dobbiamo affrontare la verità. Questa è l’America, e questo è ciò che saremo sempre finché non potremo dire a noi stessi la verità sulle bugie che abbiamo mantenuto vive. Ci sono bugie più grandi della disinformazione diffusa dal presidente e più grandi delle bugie che non sono state contestate dai leader repubblicani per mesi. C’è una falsità più profonda all’origine di ciò a cui abbiamo assistito nella capitale della nazione quando il Congresso si è riunito per certificare i risultati del collegio elettorale.

Le bugie al centro della nostra narrativa nazionale proclamano a gran voce l’America come eccezionale. La struttura fondante di questo racconto è una storia di individui eroici che hanno domato una frontiera selvaggia e costruito la nazione più potente, prospera e retta che il mondo abbia mai conosciuto.

La realtà è molto diversa. È la storia del colonialismo fondativo dei coloni e della violenza radicata nella supremazia bianca. È la storia della ricerca della prosperità e del potere resa possibile dal genocidio e costruita sul lavoro degli schiavi.

L’arrivo della massa a Washington, D.C., non è stato spontaneo. Il presidente Trump ha diramato l’invito settimane fa… Poiché le bugie hanno conseguenze, nel giro di due ore la folla è diventata una massa scatenata che ha preso d’assalto i gradini del Campidoglio, poi ha scalato i muri, ha rotto le finestre e ha violato l’istituzione. Una volta dentro, ha rovistato e vandalizzato gli uffici legislativi, e una persona della folla è stata colpita da colpi di arma da fuoco ed è morta. Altri tre sono morti per emergenze mediche.

Il presidente Trump ha ripetutamente ignorato gli inviti a parlare al popolo americano per riportare la pace, e invece si è rivolto ai social media per incitare ulteriore violenza affermando che le elezioni sono state «rubate da persone malvage». La piattaforma di social media Twitter alla fine ha bloccato il suo account, ma non prima che avesse potuto ripetere altre bugie sull’integrità delle elezioni statunitensi.

Martin Luther King, Jr. aveva detto: «Arriva un momento in cui il silenzio è un tradimento». In questo senso, il partito di Trump ha tradito il popolo americano con il suo silenzio e deve essere chiamato in causa. I risultati del collegio elettorale devono essere confermati all’unanimità e coloro che rifiutano dovrebbero essere rimossi dall’incarico.

L’America è nata con il difetto di nascita della supremazia bianca e finché non lo cureremo e non rinunceremo alla nostra storia d’amore con la violenza necessaria per difendere quella brutta ferita, la malattia mostrata oggi risiederà sempre nel cuore dell’esperimento americano…

Parole amare, che illuminano quella parte di storia meno nobile, che i momenti più difficili e bui fanno emergere con maggiore chiarezza.  Dobbiamo esserne consapevoli, per non stupirci, per saper prevenire, per predisporre tutto quanto è necessario affinché la cultura del nemico, dell’odio, della prevaricazione non si diffondano e non travolgano quanto resta delle nostre democrazie.

Per comprendere quanto accaduto può essere utile anche un bell’articolo, uscito su «Civiltà cattolica» già nel 2017, di Antonio Spadaro e Marcelo Figueroa che analizza la nascita di un «sorprendente ecumenismo tra fondamentalisti evangelicali e cattolici integralisti, accomunati dalla medesima volontà di un’influenza religiosa diretta sulla dimensione politica […] La prospettiva più pericolosa di questo strano ecumenismo è ascrivibile alla sua visione xenofoba e islamofoba, che invoca muri e deportazioni purificatrici.

La parola ecumenismo si traduce così in un paradosso, in un ecumenismo dell’odio» e ancora: «Su quale sentimento fa leva la tentazione suadente di un’alleanza spuria tra politica e fondamentalismo religioso? Sulla paura della frattura dell’ordine costituito e sul timore del caos. Anzi, essa funziona proprio grazie al caos percepito. La strategia politica per il successo diventa quella di innalzare i toni della conflittualità, esagerare il disordine, agitare gli animi del popolo con la proiezione di scenari inquietanti al di là di ogni realismo».

Sembra una descrizione di quanto abbiamo visto nelle scene di questi giorni… (a un certo punto un gruppo di manifestanti ha innalzato una croce sulla piazza (!) mentre inveiva con insulti e improperi contro chiunque apparisse come il nemico) e ricorda anche l’uso di simboli religiosi in altri contesti pre-elettorali di casa nostra…

L’articolo si chiude richiamando un altro ecumenismo e un’altra narrazione: «per questo Francesco sta svolgendo una sistematica contro-narrazione rispetto alla narrativa della paura. Occorre, dunque, combattere contro la manipolazione di questa stagione dell’ansia e dell’insicurezza. E pure per questo, coraggiosamente, Francesco non dà alcuna legittimazione teologico-politica ai terroristi, evitando ogni riduzione dell’islam al terrorismo islamista. E non la dà neanche a coloro che postulano e vogliono una “guerra santa” o che costruiscono barriere di filo spinato. L’unico filo spinato per il cristiano, infatti, è quello della corone di spine che Cristo ha in capo».

Come scrive il Presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione, Pierangelo Monti, perciò, in un comunicato diffuso dalla segreteria, «Alla linea trumpista bisogna opporre la nonviolenza, richiamata dal reverendo Raphael Warnock, primo afroamericano eletto ieri senatore della Georgia, pastore erede di Martin Luther King jr. nella Baptist Church di Atlanta: sapendo del tragico evento che si stava svolgendo nel palazzo del Congresso, ha citato MLK in un tweet <Il buio non può scacciare le tenebre, solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio, solo l’amore può farlo>. Così solo la nonviolenza può vincere la violenza».

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