Governo e Clima: amore tossico
Il giorno di San Valentino gli attivisti di Extinction Rebellion travestiti da Cupido hanno scaricato balle di fieno e appeso uno striscione recante la scritta «Governo e clima: amore tossico» all’ingresso della sede di Cassa Depositi e Prestiti a Torino. La protesta pacifica mirava a sottolineare lo stridente contrasto tra le dichiarazioni del Governo a favore del Clima e l’enorme impatto ambientale degli investimenti sui combustibili fossili.
Scrive XR nel comunicato stampa:«Attraverso Cassa Depositi e Prestiti il Governo controlla le principali aziende italiane dell’industria fossile e continua a investire in progetti estrattivi, in contrasto con gli obiettivi climatici che l’Italia stessa si è impegnata a rispettare a livello internazionale». Il tutto nel «gennaio più caldo mai registrato, arrivato al termine di 12 mesi consecutivi in cui per la prima volta la temperatura media globale è stata al di sopra degli 1,5°C. Gli effetti dell’innalzamento delle temperature sono visibili e tragici ovunque. Già a febbraio diverse regioni d’Europa si trovano in emergenza siccità. Dalla Spagna, dove in alcune regioni non piove ormai da tre anni, all’Italia, in cui Sicilia e la Sardegna sono costrette ormai da settimane a ricorrere al razionamento idrico».
Il Piano Mattei e la Cassa Depositi e Prestiti
Il c.d. piano Mattei è stato presentato come base della nuova cooperazione dell’Italia per lo sviluppo del continente africano, tuttavia ben presto si è parlato di concetti che poco hanno a che fare con i bisogni delle popolazioni locali come la sicurezza energetica dell’Italia o il governo dei flussi migratori. Ciò ha provocato da parte di decine di organizzazioni della società civile africana la richiesta di azioni più adatte tra le quali l’interruzione dei finanziamenti ai combustibili fossili e l’aumento di quelli per l’adattamento alla crisi climatica e per la transizione alle energie rinnovabili.
La sfolgorante narrazione degli investimenti per lo sviluppo si è quindi immediatamente scontrata con la tangibile realtà dei territori, ove l’estrazione di risorse si palesa da secoli come un vero e proprio saccheggio.
Così è anche in Nigeria, dove le cinque compagnie fossili che vi operano, tra cui vi è Eni, in 15 anni hanno sversato almeno 110 mila barili di petrolio nello Stato di Bayelsa, nel Delta del Niger (cfr. GreenReport 18/5/23).
E, ancora, recente è l’annuncio del ministero dell’Energia e delle Infrastrutture israeliano di aver affidato a tre aziende — tra le quali vi è ancora Eni — lo sfruttamento di gas nel mare di fronte a Gaza la cui area è, tuttavia, per la maggior parte di pertinenza palestinese (cfr. il manifesto 11/2/2024).
Ora, succede che gli investimenti di Eni siano garantiti da Sace, società finanziaria di assicurazione al credito per l’export controllata proprio da Cassa Depositi e Prestiti, dunque dal ministero dell’Economia (cfr. Altreconomia 231). Così gli ultimi Governi italiani hanno predato le risorse dell’Africa causando contaminazione e conflitti in buona parte del continente.
Sempre così l’Italia, dopo la fase coloniale di inizio novecento (un milione di morti), quella della vendita di armi a supporto dei dittatori più sanguinari e quella della predazione delle risorse minerarie è entrata da tempo in un nuovo ciclo: quello dell’estrazione di combustibili fossili che, in nome della crescita economica, vengono rivenduti ai migliori offerenti, danneggiano le economie locali e impattano gravemente su riscaldamento globale e crisi climatica.
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