Verso la militarizzazione delle scuole in Italia (o della guerra cognitiva)

Rita Vittori

Negli articoli precedenti  si sono descritti gli aspetti della «guerra cognitiva», che mira a modificare l’immaginario collettivo di una società su argomenti «sensibili», che vanno dal commerciale (per influenzare le nostre scelte di consumo e di stile di vita) al militare (per trasformare la nostra visione in questo caso delle guerre ).

Uno dei modi utilizza una più sofisticata strategia: far apparire innocua o desiderabile una scelta, un oggetto o una realtà con caratteristiche non desiderabili. Stiamo parlando del processo di militarizzazione delle scuole che avviene da anni e che, oltre a reperire risorse per le Forze di Polizia e le Forze Armate, rischia di rendere accattivante e «normale» l’uso delle armi o comunque la risposta bellica ai conflitti tra Stati.

Questo argomento è anche stato oggetto di un corso di aggiornamento indirizzato agli insegnanti (coordinamento «Le scuole per la pace», di Torino, in collaborazione con il Centro Studi Sereno Regis) e di un articolo che si può leggere sul Fatto Quotidiano dell’11 marzo 2023, a firma di Lorenzo Giarelli. La cosa sta destando anche preoccupazione, tanto che nello scorso marzo si è costituito l’«Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole», che si prefigge una costante denuncia delle iniziative delle Forze Armate (italiane e statunitensi) nelle scuole italiane per promuovere la carriera militare.

Che cosa si intende per militarizzazione delle scuole

Tutto comincia nel 2014 col Protocollo d’intesa tra le ministre dell’Istruzione Stefania Giannini e della Difesa Roberta Pinotti; tale Protocollo – successivamente rilanciato dal Governo Renzi – è stato seguito da un altro, siglato tra i ministeri della Difesa e dell’Istruzione, Università e Ricerca,  che prevede una stretta collaborazione tra le Forze Armate e le Istituzioni scolastiche sotto plurime forme: visite guidate, stages di Alternanza Scuola-Lavoro presso le caserme, lezioni in classe su varie tematiche, tenute da polizia e carabinieri.

Soprattutto gli stages si sono diffusi in tutta Italia, soprattutto in Sicilia. Ad esempio a Caltagirone gli studenti dell’Iss Dalla Chiesa hanno visitato per 5 giorni le principali basi di guerra in Puglia; a Catania i ragazzi dell’Itc Besta hanno collaborato alla manutenzione degli elicotteri della Guardia costiera destinati al progetto Frontex. Sempre in Sicilia, a Sigonella, i Marines della base statunitense vengono invitati nelle scuole di ogni ordine e grado per  tenere corsi di inglese, ginnastica, educazione alimentare, informatica, storia, geografia, prevenzione del bullismo e del consumo di droghe. Sempre i Marines hanno festeggiato Halloween con gli studenti di Scordia e Gravina di Catania. A giugno 2023 è previsto un periodo di Alternanza Scuola-Lavoro per 350 studenti di 7 istituti nella base aeronavale di Sigonella. E sono solo alcuni esempi.

Per rafforzare queste azioni, ultimamente, come si legge nel sito delle Forze Armate, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha deciso di istituire un Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa. Questo comitato ha lo scopo di:

  • sviluppare e valorizzare la cultura della Difesa;
  • essere un luogo di ascolto del «Sistema Difesa»;
  • elaborare documenti, direttive, proposte di autoregolazione per supportare una visione innovativa nell’ambito della comunicazione e delle relazioni istituzionali;
  • promuovere a livello nazionale un percorso di comunicazione che valorizzi al massimo le capacità della Difesa.

la militarizzazione delle scuole in Italia

Anche qui notiamo come il linguaggio usato tenda a mascherare il vero ruolo delle Forze Armate, utilizzando vocaboli molto ampi nei loro significati in modo da rientrare negli obiettivi istituzionali della scuola. L’arma di un linguaggio «ingannevole» rientra in quella «guerra cognitiva» in atto nella nostra società per riavvicinare le giovani generazioni a una mentalità bellicista che vede nella guerra una modalità funzionale alla risoluzione di conflitti economici in atto.

A rafforzare il processo di militarizzazione della scuola non dimentichiamo che giace dormiente il Disegno Di Legge sull’estensione a 40 giorni della «mini-naja volontaria»; rivolto ai giovani tra 16 e 25 anni e predisposto dall’attuale Presidente del Senato Ignazio La Russa, prevede addirittura incentivi per chi aderisce (punti aggiuntivi per la Maturità, per l’Università e per i concorsi pubblici). Anche questa iniziativa viene descritta come esperienza formativa per far capire ai giovani il significato dell’amore per la Patria. Per fortuna esiste una sentenza della Corte Costituzionale del 1985 che ha chiarito come il servizio civile sia un modo altrettanto degno di adempiere al dovere di servire la patria previsto dall’art. 52 della Costituzione.

Altro segnale inquietante è la notizia apparsa su «La Stampa» il 7 febbraio 2023 riguardo a una proposta del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di Fratelli d’Italia Giovanbattista Fazzolari: organizzare un tavolo di confronto per insegnare nelle scuole il tiro a segno. Obiettivo educativo: fornire nuove risorse alle Forze Armate e Forze di Polizia, come dichiara lo stesso Fazzolari.

Intanto la Federazione Italiana Tiro a Volo (Fitav) ha annunciato l’avvio del Progetto C.a.r.e., che significa «Cultura, autocontrollo, regole, emozioni». Il progetto promosso dalla Fitav e da «Sport e salute» riguarda alcuni istituti scolastici di 8 regioni pilota, ma si prevede di aggiungerne altre in futuro. In concreto l’iniziativa vede lezioni teoriche in classe sull’uso delle armi per il tiro a volo e lezioni pratiche negli impianti specializzati. Tra le altre cose vengono insegnate anche le norme di sicurezza per l’uso dell’attrezzo sportivo, ossia il fucile. Un modo, ovviamente, affinché i giovani familiarizzino con l’uso delle armi.

Un osservatorio e una campagna contro la militarizzazione delle scuole

Di fronte a segnalazioni sempre più numerose da parte di docenti e genitori di attività delle Forze Armate nelle scuole, nell’ottobre 2020 Pax Christi, il Movimento Internazionale della Riconciliazione e SOS Diritti hanno lanciato la Campagna Scuole Smilitarizzate, che cerca di sostenere l’azione di genitori, allievi e docenti di ogni ordine e grado della scuola italiana a sperimentare modalità nonviolente nella trasformazione dei conflitti e contrastare la cultura della guerra e del riarmo. Nel Manifesto della Campagna viene ribadito come la scuola non possa e non debba essere il luogo «dell’opzione militare», bensì il luogo ove educare alla prevenzione dei conflitti, alla loro trasformazione nonviolenta, il rispetto della vita umana in tutti i suoi aspetti.

Inoltre il 9 marzo 2023 si è costituito in Italia l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole con l’intento di «una decisa e costante attività di denuncia di quel processo di militarizzazione delle nostre istituzioni scolastiche già in atto da troppo tempo nel nostro Paese».
Nel Dossier dell’Osservatorio presentato alla Camera dei Deputati si mette in evidenza come queste attività siano vietate in base alla Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo (novembre 1959) che testualmente recita: «il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possano portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa ed ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia tra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili».

La campagna Scuole Smilitarizzate e l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole sono due iniziative che si completano a vicenda: se è importante denunciare le sempre più numerose attività del Ministero della Difesa nelle scuole, occorre anche proporre comportamenti che rappresentino una reale alternativa alla risposta bellica ai conflitti. Non possiamo lasciare che la scuola diventi il vivaio di futuri senza «pace».


 

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