Libertà è stare zitti/e? Dalla Fabbrica delle E di Torino il più corale NO alla repressione

Daniela Bezzi

Si è svolta qualche sera fa (3 febbraio) alla Fabbrica delle E di Torino, una partecipata iniziativa dal titolo ‘Libertà: è stare zitti/e?’ in tema di repressione, sempre più punitiva per troppi, soprattutto a Torino. E se ne riferiamo a distanza di qualche giorno è per segnalare oltre alla quantità di realtà coinvolte (alcune molto diverse fra di loro per ‘storie’ e modalità di intervento), anche la dichiarata progettualità di convergenza delle istanze e delle mobilitazioni, ben oltre la solidarietà di rito e in una prospettiva di riaffermazione del diritto di protesta, che sarebbe (il condizionale si impone) un Diritto tutelato dall’Art 17 della Costituzione.

Oltre al Comitato Acqua Pubblica di Torino, erano dunque presenti il Csoa Askatasuna e Acmos, Attac Torino e Anpi Grugliasco, CUB e Si Cobas Torino, oltre ai giovani di Extinction Rebellion, Fridays For Future, Ultima generazione, e naturalmente le Mamme in piazza per la libertà di dissenso, mentre dalla Val Susa non potava mancare Nicoletta Dosio per il Movimento NoTav, tutti e tutte con le loro testimonianze, dal vivo di conflitti sempre più gravati da vicende giudiziarie di surreale gravità e accanimento.

Libertà: è stare zitti/e

Foto Comitato Acqua Pubblica Torino

Come nel caso dello stesso Comitato Acqua Pubblica di Torino, che in occasione della manifestazione romana per il decennale del referendum sull’acqua, si è visto multato per oltre 60.000€ per affissione abusiva! “Una misura davvero sproporzionata rispetto alla violazione, e che infatti abbiamo considerato vessatoria e repressiva” ha sottolineato Simona Bombieri nell’intervento di apertura. “E però siamo consapevoli che poteva andare peggio: nessuno di noi è stato colpito da un Daspo, né ha visto violare il proprio domicilio da una perquisizione, o è stato manganellato, o si trova indagato dalla magistratura, per non dire in carcere…”

Situazioni punitive che invece continuano a colpire molte altre realtà di dissenso: che stanno diventando la norma per gli studenti che occupano, per i lavoratori della logistica o di tanti altri settori, per gli attivisti di movimenti sociali che si mobilitano contro le scelte della politica che ritengono impattanti per la loro vita o per i loro territori e che si trovano colpiti da provvedimenti di inconcepibile durezza per azioni che un tempo avremmo considerato normale confronto politico, o appunto ‘libertà di espressione’, inclusa quella di dissenso.

Pensiamo alla vicenda di Nicoletta Dosio, prelevata dalla sua abitazione a fine Dicembre 2019 e tradotta nel Carcere Le Vallette di Torino per aver partecipato (marzo 2012) a una protesta del Movimento No Tav ai caselli autostradali di Avigliana: detenzione poi mitigata dai domiciliari, solo perché nel frattempo era scoppiato il Covid. Pensiamo a Dana Lauriola, che era presente alla Fabbrica delle E non solo come portavoce di Askatasuna, ma come nuovamente indagata (da non credersi!) per ‘Associazione a delinquere’: alla quale sono stati inflitti ben due anni di detenzione (in parte anche per lei scontati ai domiciliari, dopo una robusta campagna in suo favore) per il ‘crimine’ di aver amplificato al megafono le ragioni della protesta di cui sopra!

E Pensiamo agli attivisti di Extinction Rebellion, colpiti da vari fogli di via per quell’azione (la ‘scalata al balcone’ della Regione Piemonte il 25 luglio scorso) che in effetti aveva creato non poca sensazione (e ne abbiamo riferito qui). Pensiamo a Simone Ficicchia, che per fortuna è stato scagionato dal Tribunale di Milano dalle pesantissime accuse che lo avevano calpito, solo per aver imbrattato i muri de La Scala di Milano, nell’ambito di una delle tante azioni del collettivo Ultima Generazione – e pensiamo al ben diverso esito giudiziario se invece che a Milano il procedimento fosse stato al Tribunale di Torino! Pensiamo ai lavoratori della logistica, per i quali il manganello, i picchiatori prezzolati, le denunce, i fogli di via, il licenziamento senza preavviso, è proprio di routine (come ha ricordato Daniele Mallamaci in rappresentanza del SiCobas, concludendo l’assemblea).

Tutte situazioni che sono in totale contrasto con la nostra Costituzione, concepita per rispondere ad un’impostazione conflittuale, come ha argomentato la Prof.ssa Alessandra Algostino, che insegna Diritto Costituzionale all’Università di Torino. E che dovrebbe quindi tutelare il conflitto, in quanto garanzia di dialettica e di democrazia, anche contro gli imperativi di un sistema neo-liberista per natura nemico del dissenso, a costo di fomentare lo stato di tensione permanente.

Tra tutti, l’intervento senz’altro più sentito e applaudito, è stato il testo che Nicoletta Ouazzene ha letto a nome del Comitato delle Mamme in piazza per la libertà di dissenso. Un intervento che mette vividamente a fuoco il vissuto di tante famiglie improvvisamente stravolte nelle loro abitudini, violate nell’intimità delle loro case per reati che non a caso si definiscono ‘bagatellari’: senz’altro espressione di protesta, ma di minimo rilievo in termini di danni e conseguenze per la pubblica sicurezza.

Intervento senz’altro importante per le conclusioni, che riassumono anche il senso e le prospettive di questa prima iniziativa tenutasi alla Fabbrica delle E qualche sera fa: se non saremo capaci di convergere, non andremo da nessuna parte”.

Ve lo riproponiamo qui di seguito. Mentre per chi volesse rivedere integralmente l’incontro, che era fruibile anche a distanza su piattaforma Zoom, segnaliamo il link:

https://www.facebook.com/AcquaPubblicaTorino/videos/558318749670091/

… siamo le mamme dei delinquenti, dei facinorosi, dei violenti, dei socialmente pericolosi. Siamo le famiglie che assieme ai nostri figli hanno vissuto la repressione in casa: abbiamo subito le perquisizioni alle 6 del mattino, abbiamo dovuto cercare una sistemazione per i figli allontanati da Torino con i divieti di dimora, abbiamo visto le nostre case trasformarsi in carcere. Tutti in galera, figli delinquenti e non, con il citofono che ci sveglia alle 3 di ogni notte per i controlli, presentando per l’ennesima volta la carta d’identità. Non potendo invitare nessuno, né parenti, né tantomeno gli amici, ma neanche l’idraulico quando serve …

Per affrontare tutto questo ci siamo costituite da anni in comitato, per aiutarci ad affrontare la complicata macchina giudiziaria ma anche, fin da subito, per portare la nostra solidarietà a chi subisce la repressione. Siamo genitori che condividono le motivazioni e le lotte per cui sono perseguitati i nostri figli, spesso siamo noi che abbiamo insegnato quei valori che hanno generato il loro attivismo.

Ma abbiamo anche cercato di far conoscere la realtà della repressione alla gente, ai cervelli spenti da una narrazione alterata e distorta che “normalizza” le dinamiche repressive. E proprio di questo vorremmo interrogarci questa sera. Vorremmo darvi dei numeri: quantificare le misure, i denunciati, gli indagati ma NON è POSSIBILE. Siamo in una situazione di escalation vertiginosa in cui denunce e processi e misure si moltiplicano

E allora ci chiediamo e vi chiediamo: come è stato possibile arrivare a questa situazione nel nostro paese? La facile risposta per la città di Torino è: “il Centro Sociale Askatasuna”. La danno anche i ministri quando devono rispondere per i ragazzini manganellati a sangue.

La risposta reale è molto più complessa, e ci tocca come generazione e come popolo della sinistra, laica e progressista. Una sinistra che da tempo ha sacrificato al concetto di legalità tutti i suoi valori: la giustizia sociale, la solidarietà verso gli ultimi, il valore del conflitto.

“Legalità” si urla dai social quando si sgombera uno spazio sociale occupato.

“Bisogna far rispettare le leggi” quando si parla di azioni di protesta. Ed è nella mancanza di un più allargato consenso popolare che gli attivisti sono sempre meno numerosi e quindi obbligati a ‘sacrificarsi’, quasi fossero degli eroi.

Ma le lotte non hanno bisogno di eroi! 

Vorremmo invitare tutti questa sera, e siamo tanti, a riflettere su cosa possiamo fare per invertire la rotta e ci vengono in mente due suggestioni:

  • Invertire la dinamica della FRAMMENTAZIONE: questa ricorrente malattia della sinistra che, smarrita negli ideali, non trova altro modo di esistere che farsi la guerra in casa, ognun per sé, ben ben divisi. Ce lo possiamo permettere?
  • Allargare il CONSENSO, DIFFONDERE il consenso. Invertire la NARRAZIONE. Parlare con LINGUAGGI COMPRENSIBILI ED INCLUSIVI.

Il che non è facile perché i nostri nemici hanno le TV, i giornali, raccontano quello che vogliono, ci inducono a pensare quello che vogliono.

Esistono però anche delle piccole ma numerose oasi di resistenza. Esistono. Non richiudetevi dentro. Fatele crescere. Allargatele. Mettetele assieme.

COME DICONO gli unici lucidi a sinistra: CONVERGIAMO E INSORGIAMO!

Ma se non saremo capaci di convergere non andremo da nessuna parte.


 

 

 

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