Nicolas Marzolino

Nicolas Marzolino: «Per quanti anni una bomba continuerà a mietere vittime innocenti?»

Daniela Bezzi

Incontro con Nicolas Marzolino, Vittima Civile di Guerra

Lo raggiungo sul cellulare mentre è nel bosco, a passeggio con il cane. “Vuoi che ti chiami più tardi…” gli dico, sapendo che è non vedente. “Nessun problema, finché cammino attaccato al cane andrà tutto bene” mi rassicura lui.

È Nicolas Marzolino, valsusino di Novalesa. Attivissimo da anni come testimonial dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra e ormai gettonatissimo anche su social dopo quella bellissima, oceanica manifestazione per la pace del 5 novembre scorso, che lo ha visto tra gli speakers che si avvicendavano sul palco. Una testimonianza la sua particolarmente forte, decisa, chiarissima, che vi riproponiamo anche qui: “la guerra continua a far male anche dopo la fine della guerra!”

Gli chiedo come si sente nel constatare questo risveglio di notorietà intorno alla sua storia. Mi risponde che per lui le cose che contano sono la famiglia, suo padre, sua madre, la donna che l’anno scorso è diventata sua moglie: i suoi più convinti supporter, che lo stimolano ad andare ovunque lo chiamano, per raccontare, dire quel che va detto…

“perché se a tre ragazzi in un giorno di marzo di nove anni fa, capita di saltare in aria a causa di un ordigno rimasto lì, inesploso, fin dalla Seconda guerra mondiale nel giardino dietro casa… significa che nella stessa situazione potrebbero trovarsi chissà quanti! Significa che non proprio tutti sanno della quantità di ordigni rimasti inesplosi dove meno te l’aspetti, persino dalla Prima guerra mondiale… E significa soprattutto che pochi sono consapevoli della loro pericolosità, anche a distanza di anni!”

Una perdurante minaccia per la popolazione civile di qualsiasi conflitto, trascorso o ancora in corso. E le guerre attualmente in corso in varie zone del pianeta sono decine, come ha ennesimamente sottolineato Francesco Vignarca (Rete Italiana Pace e Disarmo) in occasione del recente incontro “L’ABC della Pace: scienza e tecnologia proprio al Sereno Regis (riferimento al caso di Nicolas Marzolino al min 47.30).

Anche in quell’occasione Vignarca ha ricordato il bilancio impressionante di ogni guerra quando inevitabilmente l’escalation coinvolge i centri abitati, come vediamo da mesi nel conflitto armato russo-ucraino; ma prima ancora in Siria, Libia, Yemen. Negli ultimi dieci anni le vittime di armi esplosive sono state in tutto il mondo 238 milioni, e nove su dieci erano civili, solo in minima minoranza militari.

Ma la guerra può continuare a mietere vittime anche dopo anni e anni, come appunto racconta la storia di Nicolas Marzolino. Era il marzo del 2013, lui aveva 15 anni. Con due amici stava piantando delle patate nel campetto di famiglia in vista della Sagra della Patata, che si svolge ogni anno a settembre a Novalesa, con premi piuttosto generosi per i vincitori “e io sognavo di comprarmi una moto”.

Improvvisamente si trovano con la zappa che cozza con qualcosa che non è un sasso, bensì “un oggetto rosso, curioso, con delle protuberanze argentee, sembrava uno di quei lumini che si accendono sulle tombe dei defunti però più voluminoso. Inevitabile prenderlo in mano per dissotterrarlo e in pochi secondi ecco che esplode. Io sanguinante, con la mano spappolata, finisco dentro un fosso, completamente accecato. Accecato pure il mio amico Lorenzo Bernard che mi stava accanto. È andata meglio al terzo amico solo perché stava dietro di noi, se l’è cavata con qualche scheggia e pochi giorni dopo riusciva a superare l’esame di guida.

“Ma per noi due, e per le nostre famiglie, fu l’inizio del calvario. La prima persona ad arrivare è stato mio padre, immagina cosa può provare un padre nel vedere un figlio in quelle condizioni, immagina lo shock. Di corsa in macchina in ospedale, degenza per venti giorni all’Oftalmico di Torino, con molti nostri amici della Val Susa, in particolare il gruppo de I Cattolici per la vita della Valle, che venivano tutti i giorni a pregare sotto la mia finestra, altri che si avvicendavano alla cura dell’orto o quant’altro i miei non potevano più seguire perché dovevano seguire solo me. Infinità di visite, consulti, controlli, un cambio di vita radicale, un trauma per tutti.”

Un trauma al quale Nicolas (e anche Lorenzo) decidono di reagire a testa altissima.

“Neanche un anno dopo l’incidente sono entrato in contatto con l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra. Con il segretario generale che allora era l’Avv. Roberto Serra abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa. Sono partiti vari progetti, tanto per darti un’idea: solo nell’arco dell’anno scorso abbiamo tenuto (o meglio: hanno tenuto) 7000 eventi di sensibilizzazione nelle scuole! E sicuramente è servito a qualcosa perché il numero di ragazzini saltati per aria è sensibilmente calato.

Ma continuano a esserci quelli che per le bombe hanno proprio la passione, i collezionisti: che le bombe si divertono a smontarle per capire come funzionano. Quest’estate in Veneto ne sono morti altri due.”

Nel frattempo ti sei sposato, ti sei dato allo sport con non poche soddisfazioni, praticamente riesci a fare tutto quello che facevi prima e persino con più gusto…

“Lorenzo vede solo ombre e luci da una minima porzione dell’occhio sinistro, il che non gli ha impedito di collezionare tutti i record mondiali per non vedenti nel canottaggio, anche l’anno scorso era a Tokyo per una gara. Io ho una protesi sull’occhio sinistro e sono completamente cieco dal destro, buio totale. Ma sia lui che io, con il sostegno delle nostre famiglie, abbiamo deciso che impegnarci nello sport era il miglior modo di reagire.

Entrambi con la passione per lo sci alpino, abbiamo continuato a buttarci giù per le piste anche da ciechi… In pratica scii con una guida, che dev’essere molto brava, in grado di vedere la pista anche per te: con un megafono girato sulla schiena collegato a un microfono dentro una specie di marsupio, ti dà dei comandi e tu segui le istruzioni. Ma basta un attimo per finire fuori pista, per cui dopo un bel po’ di cadute e scivoloni abbiamo smesso, solo ogni tanto ci concediamo qualche discesa. Lorenzo si è dato appunto al canottaggio, io all’atletica leggera, entrambi a livello agonistico.

Nicolas Marzolino,

E finite le superiori, mi sono messo a studiare come mai avevo fatto prima: mi sono trasferito a Perugia per un triennio in massoterapia e adesso mi sto specializzando in osteopatia.”

Hai concentrato sul tatto, sulle mani, le abilità che hai perso con la vista…

“Forse non tutti sanno che la massoterapia, che ormai praticano in tanti, era nata proprio come disciplina, diciamo pure occupazione, riservata ai non vedenti, perché è vero che hai un’altra sensibilità nelle mani, come mi confermano molti pazienti. Io oltretutto non ho più la mano destra, ma con dei bravi professori superi questo e altro: faccio tutto con la sinistra. La pratica iniziale l’ho fatta sui miei parenti, ma sta crescendo il numero di pazienti che vogliono proprio me: anche su quel fronte posso dirmi soddisfatto.”

Raccontami qualcosa di questa mano ‘finta’ che solo ogni tanto indossi: so che te l’ha progettata un tuo amico di Novalesa, apposta per te, insomma un pezzo unico…

“È opera di un caro amico, Andrea Grandis, che però è già lavoro su un altro prototipo perché è un perfezionista, per cui … aspettiamo il risultato.

Un frammento da raiplay che mostra questa cosa della mano:

http://www.raiplay.it/video/2021/06/Quando-lamicizia-cambia-la-vita—Unomattina—24062021-a57ae9d8-a96d-4433-b54d-b83a2db06a01.html

La buona notizia è che grazie al supporto e alle relazioni di collaborazione dell’ANVDG ci sono ottime probabilità che questa protesi in fase di sperimentazione possa essere adottata da un centro protesi di Amman in Giordania, dove non si contano i profughi siriani in condizioni anche peggiori delle mie – a costi eccezionalmente competitivi: solo 1.500 euro invece di 27.000… che sarebbe il proibitivo costo di un’altra protesi in fase di sviluppo”.

E poi c’è il tuo impegno come testimonial dell’ANVDG, che ti coinvolge parecchio…

“Prova a pensare: se un ordigno bellico della Seconda guerra mondiale è in grado di esplodere e magari uccidere anche dopo 80 anni (e solo l’anno scorso gli artificieri hanno disattivato 50.000 esplosivi sulla terra ferma e 20.000 in mare!), per quanti anni continueranno a essere una minaccia tutte queste ‘nuove’ armi lasciate sul terreno delle varie guerre in corso, oltre a quelle concluse – e non dimentichiamo che sono 84 i conflitti armati in corso oggi, oltre all’Ucraina.

Quanti anni ci vorranno per bonificare i campi di grano in Ucraina, con il rischio che qualche ragazzino salti in aria prima? e quanti anni richiederà l’Afghanistan…

Ho rivolto la domanda a un artificiere e la risposta è stata che, pur con i mezzi a disposizione adesso, ci vorrebbero non meno di 1200 anni, solo per bonifricare l’Afghanistan, 1200 anni!

E il dato inquietante è che non solo una simile impresa non si farà mai, ma bombe sempre più tecnologicamente efficienti, sempre più a lungo raggio, sempre meno selettive quanto agli obiettivi (militari o civili, cosa importa) continueranno a essere prodotte, vendute, utilizzate, nonostante gli accordi e i trattati sottoscritti da una quantità di paesi. Perché qualsiasi accordo non potrà mai essere vincolante per tutti.

Tanto per fare un esempio: dall’anno 2000 l’Italia ha smesso di produrre quelle mine anti-uomo che rappresentavano a loro modo un’eccellenza del made in Italy; e dal 2010 una convenzione internazionale proibirebbe l’uso delle Cluster Bombs, che però sono state tranquillamente utilizzate in Siria, come in Libia, e adesso anche in Ucraina. Bombe che non discriminano, bombe che distruggono tutto quel che si trovano davanti, bombe con gittate sempre più potenti e ad alto raggio.

Per cui bisogna proprio capire che il problema della guerra, di qualunque guerra, anche di quelle più lontane da noi, è la guerra stessa, ed è un problema che ci riguarda tutti, e non possiamo limitarci ad accusare il ‘peso’ della guerra solo per il caro-bollette.

E se il conflitto Russo-Ucraino è servito a ricordarci che le guerre possono esplodere anche in aree molto vicino a noi, non possiamo continuare ad alimentare questo orrore mandando sempre più armi…

Semmai sarebbe salutare ricordare cosa abbiamo entro i nostri stessi confini: le basi militari di Ghedi e Aviano sono zeppe di bombe nucleari; come esci da Torino Caselle ti trovi davanti la Leonardo, industria bellica d’eccellenza a livello mondiale.

Ci ripetiamo che la pace è qualcosa che bisogna costruire, ma dobbiamo essere coscienti che tutto concorre alla propagazione sempre più tecnologicamente perfezionata della guerra, ed è questo che dobbiamo fermare. Perché l’orrore della guerra è che continuerà a far male anche dopo che è finita”.


 

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