Le Madri delle Piazze d’Italia | Prima puntata: le Mamme contro l’Operazione Lince, contro la Repressione di Cagliari

Daniela Bezzi

 


Come già annunciato qualche giorno fa, riprendendo un articolo che era già uscito sulle colonne de Il Manifesto su questa bella storia delle Madri delle Piazze d’Italia il sito del CSSR intende inaugurare un ciclo di ‘incontri ravvicinati’ con alcuni Comitati di Mamme particolarmente attivi su varie problematiche in tutta Italia.

Perché se già da prima della pandemia erano parecchie le situazioni di resistenza sul fronte della nocività ambientale, delle carenze sanitarie, del consumo di suolo e insomma dei diritti che sarebbero fondamentali, e invece sempre più negati, nonostante siano sanciti dalla Costituzione – è soprattutto adesso che le donne avvertono sulla loro pelle tutta l’insostenibilità di un sistema che pretenderebbe di rilanciarsi insistendo sulle stesse ricette di sempre, premendo sugli stessi pedali, e ancor più aggravando le emergenze. Ed è più che mai adesso che, in mille modi diversi, questi comitati si affermano come un movimento sempre più consapevole e propositivo “nel senso profondamente rivoluzionario del prendersi cura” (per dirla con la triestina Lorena Fornasir, mamma anzi nonna molto speciale…).

Le Madri delle Piazze d’Italia Prima

Ci siamo chieste da dove iniziare questo nostro viaggio. Se cominciando dall’inizio, ovvero dalla piazza di Torino (perché è da lì che partì il primo gruppo di Mamme in piazza per la libertà di dissenso nel 2016 aprendo la strada a tutti gli altri comitati), oppure lasciandoci guidare anche dal calendario.

E così abbiamo fatto: siccome l’altro ieri era il 2 giugno, Festa della Repubblica, ci è sembrato naturale cominciare dalle Mamme contro l’Operazione Lince, contro la Repressione di Cagliari. Che sono nate in effetti per ultime, fine febbraio di quest’anno, sono proprio un piccolo gruppo (quindici in tutto) ma fin da subito si sono imposte con un appello molto forte e sentito, e molto ripreso infatti sul web, compreso il nostro sito. E per l’appunto il 2 giugno si sono trovate a guidare la prima manifestazione post-lockdown di Capo Teulada, che oltre a essere uno dei paesaggi più belli della Sardegna, è per gran parte dell’anno teatro di esercitazioni militari – e di una quantità di proteste che nel corso degli anni si sono susseguite, tra il 2014 e il 2019, con conseguenze repressive pesantissime, come spiegheremo.

“Per la verità a questa cosa del 2 giugno non avevamo pensato” mi racconta Antonella Piras da Cagliari, che di questo gruppo di Madres è portavoce. “La data che avevamo in mente era il 24 maggio, per denunciare l’ennesima ripresa delle esercitazioni: pensavamo a una piccola azione dimostrativa, davanti alla cancellata di Capo Pino.

Ma poi abbiamo recepito questa esigenza di esserci un po’ tutti, in particolare con il Comitato A Foras, che in realtà è una coalizione di tante realtà diverse ed eccoci nel ruolo di organizzatrici a tutto campo, dal noleggio dei bus da Cagliari, Nuoro, Oristano, ai vari gazebo, al coordinamento delle adesioni che in soli pochi giorni sono state tantissime: i Si Cobas della Sardegna e anche Nazionale, il comitato Sardegna Palestina, il Comitato No Basi, l’elenco sarebbe lungo, tante e diverse le bandiere che hanno sfilato tra le dune di Capo Teulada il 2 giugno. Per dire che non c’è nessuna Repubblica da festeggiare dove ci sono espropri, inquinamento e devastazioni imposti dalle Basi Militari.

Saremo stati in trecento in tutto, non tantissimi in confronto alle manifestazioni oceaniche di qualche anno fa. Ma è stato bello. E molto significativo per noi Mamme, perché l’ultima volta che ci eravamo trovate a Capo Teulada era stato per Lottomarzo 2020, solo due giorni prima dell’Ordinanza che ci metteva in Zona Rossa. E solo un anno dopo ci saremmo costituite come Mamme contro l’Operazione Lince, contro la Repressione. È stato insomma un altro battesimo, e in tutti i sensi una conferma del fatto che esistiamo: che siamo un punto di riferimento, che il nostro ritrovarci davanti al Tribunale di Cagliari ogni volta che i nostri impegni ce lo hanno permesso, è stato tempo ben speso.”

Con Antonella Piras il dialogo era iniziato con una email, inviata al Centro Studi Sereno Regis a fine marzo: l’invito ad aderire alla famosa Lettera/Appello di cui sopra, che così cominciava Siamo un gruppo di Madri dei 45 giovani sotto processo per l’operazione Lince.Dall’inizio del processo contro i nostri figli e altri attivisti dei movimenti contro le basi militari, ci ritroviamo davanti al tribunale di Cagliari (…) per chiedere, attraverso la nostra presenza, che sia posta fine a questa volontà repressiva mirata ad annichilire gli ideali, i sogni e i progetti, non solo dei nostri figli,  ma di un’intera generazione, attraverso operazioni poliziesche e giudiziarie persecutorie che hanno prodotto accuse gravissime ed esorbitanti rispetto alla realtà dei fatti cui si riferiscono, eccetera eccetera…”

I fatti cui l’appello faceva riferimento erano accaduti durate una serie di manifestazioni, nell’arco di vari anni a partire dal 2014 in poi. Manifestazioni seguitissime, proprio di popolo, contro l’inaccettabilità delle Basi Militari – circa le quali la procura di Cagliari ritenne necessario aprire delle indagini, notificando a 45 attivisti una serie di capi d’accusa di non lieve entità. Cinque di loro si trovano addirittura a rispondere di Associazione a delinquere con finalità terroristiche!

All’appello il CSSR aveva subito aderito, naturalmente. La telefonata di risposta richiese qualche giorno in più e quando avvenne mi vide inadeguata, con tante cose che avrei dovuto sapere e che invece mi sembrarono inimmaginabili – solo per dire della distanza in cui ci troviamo rispetto a situazioni di particolare difficoltà, anche dentro gli stessi confini…

Ma un conto è scandire lo slogan ‘Fuori l’Italia dalla NATO’ (quanto volte l’abbiamo fatto!), e senz’altro indignarci circa l’inaccettabile sudditanza implicita nel concetto stesso di Basi Militari, funzionali a tutte le situazioni in guerra del pianeta anche in tempi di (supposta) pace – perché sul commercio, e prima ancora sperimentazione, ricerca, esercitazioni, ripetuti test con armi di qualsiasi dimensione e natura, comprese quelle chimiche, non sono previste interruzioni. E una cosa ben diversa è trovarsi a nascere, convivere, subire, una situazione di reiterata e a quanto pare irrevocabile violenza in territori che Madre Natura avrebbe concepito come Luoghi di Sogno – cui è toccata però in sorte la Servitù Militare, questo il termine precisamente utilizzato per definire le Basi Militari.

E cosa significa, nel concreto, opporsi a una simile Macchina della Guerra, che da decenni si è insediata a poca distanza da dove vivi, e anzi prolifera e si espande, colonizzando altri territori un po’ in tutta l’isola, avvelenando aria, terre, acque, uccidendo la vita nei campi e qualsivoglia economia legata alla produzione di cibo, condannando la popolazione ad ammalarsi di tumori, leucemia, disturbi respiratori, nella più conclamata e persino strategica legittimità…

I poligoni missilistici di Perdasdefogu: 12.700 ettari noti anche come Salto di Quirra nella Sardegna orientale. Le esercitazioni a fuoco a Capo Teulada: altri 7.200 ettari. I poligoni per le esercitazioni aeree di Capo Frasca: 1.400 ettari. Gli aeroporti militari di Decimomannu. Oltre alle numerose caserme e sedi di comandi militari: Esercito, Aeronautica, Marina. E le basi US a La Maddalena, i depositi di carburanti e altro fin nel cuore di Cagliari: quali fossero le conseguenze, i prezzi da pagare in caso di proteste, e che genere di accanimento giudiziario fosse, esattamente, questa Operazione Lince che aveva motivato la nascita di questo gruppo di Madres… io non me l’ero mai chiesto.

Così ricordo di averla più che altro ascoltata Antonella, mentre pazientemente mi riepilogava il tutto, al di là del filo. E di aver preso appunti. Ma quando il cellulare passò a una compagna ben più giovane, anche lei tra i 45 attivisti colpiti dall’impressionante serie di accuse per la loro partecipazione alle proteste di qualche anno fa, non seppi cosa dire.

Cosa chiedi a una ragazza poco più che ventenne, una studentessa, che avrebbe tutto il diritto di protestare contro quello scempio che è stato imposto alla sua terra da prima ancora che nascesse sua madre – e che senz’altro avrebbe il diritto di sentirsi libera, viaggiare, progettare, proiettarsi ovunque, almeno col pensiero… e invece si trova ingabbiata in questo incubo di udienze che di rinvio in rinvio dureranno anni, in attesa di verdetti che nel più mite dei casi potranno essere ‘misure cautelari’ di un qualche tipo, che in ogni caso non potranno compensare i pezzi di vita rubati alla libertà, nel momento in cui vita dovrebbe essere solo leggerezza e mettersi alla prova, e che già adesso non permettono di fare progetti, per esempio accedere al credito, immaginarsi altrove…

Per quanto tempo potrà andare avanti, e quanto punitiva potrà essere questa Operazione Lince con cui il nostro Governo ha deciso di soffocare alcune tra le migliori intelligenze di una giovane generazione per punire un’intera comunità – nessuno può dirlo. L’udienza al Tribunale di Cagliari dopo vari rinvii sarà il 14 settembre. Di certo però, fuori da quel mosaico di attivismi che riguarda un po’ tutta la Sardegna e particolarmente i dintorni di Cagliari, erano relativamente in pochi a sapere di questa vicenda prima che scendessero in campo queste Mamme: forti del trovarsi in rete con altri comitati, in primis con le Mamme in Piazza per la Libertà di Dissenso di Torino, hanno fatto la differenza, e in tempi brevi. E appunto, di questa azione bellissima il 2 giugno sulla spiaggia di Capo Teulada, coralmente vissuta proprio come una gioiosa riconquista del territorio, sono state addirittura promotrici.

“Volevamo denunciare tra le altre cose i finanziamenti che le Facoltà Scientifiche dell’Università di Cagliari non si vergognano di ricevere dalla Technion di Tel Aviv, benché la questione palestinese sia molto sentita qui in Sardegna, sullo sfondo del più che mai condiviso anti-militarismo” sottolinea Antonella. “Un antimilitarismo che non si può comprendere fino a che non vieni qui, fino a che non tocchi con mano l’oscenità, la dimensione di affarismo a tutti i livelli, che muove questa Industria Militare, basti pensare ai vari Poligoni che il nostro Governo affitta a € 60.000 all’ora a qualunque nazione ne faccia richiesta, senza sottilizzare circa gli embarghi; e alla prospettiva di ‘crescita’ di questo scenario di militarizzazione, se è vero che l’Europa intende dotarsi di un proprio esercito.

Tutto questo accade parallelamente a una realtà che è di crescente povertà, sempre più percepibile nella popolazione, anche qui, nella città di Cagliari: impossibile non accorgersene, in questi tempi di post pandemia che tutti abbiamo così acutamente sofferto, anche per via di strutture sanitarie inadeguate. E invece il rumore, lo sfrecciare continuo di aerei, udibile ora anche nel cielo di Cagliari, nonostante la relativa distanza dalle Basi, ti dice quanto la militarizzazione stia guadagnando terreno su qualsiasi altro valore, paesaggistico, turistico, culturale, esistenziale. Gran dolore vedere la nostra bella isola sempre più ridotta a una colonia.”


Chiudo queste note mentre la pagina Facebook della Mamme di Cagliari ha appena pubblicato questo post+ foto sul partecipato 2 giugno di Capo Teulada (condiviso anche sulla nostra pagina), e lungo elenco della adesioni. Non posso non aggiungerlo.


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  1. […] che siamo riusciti a costruire in tanti e che non si esaurirà con questa marcia. Perché come già avevamo appurato in quell’iniziativa che avevamo organizzato prima dell’estate il lavoro da fare da qui […]

  2. […] Palermo, e poi quelli delle Mamme contro la repressione di Cagliari di cui ci siamo già occupate nel primo capitolo di questo ciclo e poi il messaggio della Mamme No Tap di Melendugno. Impossibilitate a spostarsi dalle varie Zone […]

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