Pulire, naturalmente
Nel senso che, naturalmente (avverbio) bisogna pulire, ma anche che bisogna pulire naturalmente (in modo naturale). Nel primo caso l’avverbio è usato come sinonimo di «ovviamente» e nel secondo è usato come una modalità che ha a che fare con la natura; pulire naturalmente, cioè senza prodotti chimici di sintesi, senza detersivi che sul flacone hanno il segno della bandiera dei pirati (morte: un teschio con due tibie incrociate), senza saponi che riportino la dicitura «biodegradabile al 90%». Che cavolo vuol dire? Dovremmo essere impressionati perché la percentuale è alta? Un prodotto, o è biodegradabile al 100% o non è biodegradabile, vuol dire che ne rimarrà sempre un residuo, vuol dire che mentre resta – per esempio – nell’acqua, avvelena tutti gli esseri e tutte le piante intorno. E quanto «intorno»? Non c’è confine, ricordiamocelo. L’acqua è «chiusa», se è inquinata qui da noi, lo è anche nel Pacifico. Sì, magari ci mette un po’ di tempo, l’inqinamento dell’ILVA di Taranto, ad arrivare sulle spiagge di Malibù, ma prima o poi arriva, il mare si muove, e non può andare da nessuna parte. Anzi, da qualche parte va, va in cielo! Evaporando forma le nuvole e poi ricade sulla Terra e sulla terra e finisce nelle falde e nelle foglie.
Scusate, m’è scappata la «penna», anzi, il tasto. Intendevo condividere qualche consiglio «rubato» a «Yoga Journal» (che ringrazio sempre) a proposito di sturalavandini, deodoranti e pulisci-vetri senza veleni. Leggendo l’articolo scopro che le parole che ricorrono sono bicarbonato, aceto, acqua. Ecco di che cosa dobbiamo fare scorta la prossima volta che visitiamo un supermercato (o meglio ancora un negozio in cui vendano ancora qualcosa di sfuso – per esempio il bicarbonato, o l’argilla).
Il bicarbonato serve per autoprodurre un detersivo per tutte le superfici: basta procurarsi un contenitore bucato (tipo quello per il borotalco) e riempirlo di bicarbonato. Basterà spargerne un po’ sulla superficie da pulire e ripassare con un panno inumidito. Va bene su piani di lavoro, frigorifero, lavandini in acciaio, taglieri, piano cottura, ma non per il marmo. Se ci sono macchie più ostinate basterà fare una «pappetta» con bicarbonato e un po’ d’acqua e lasciar agire una diecina di minuti. Poi sciacquare.
Il bicarbonato serve anche per sgorgare gli scarichi: pare che vada molto d’accordo con l’aceto, che lo fa «frizzare», sviluppando una schiumetta a bollicine che pulisce e «scioglie» anche il calcare. Si deve mettere prima il bicarbonato, poi l’aceto, aspettare che termini di «frizzare» e poi versare dell’acqua bollente. Attenzione alle tubature di plastica, meglio che l’acqua non sia troppo bollente.
L’aceto – lo sanno tutti – è efficace come lavavetri; e in questo caso lavora bene in collaborazione con la carta di giornale: 1 litro di acqua+1 bicchiere di aceto bianco è il liquido per pulire i vetri, applicandolo con un panno morbido e asciugando con fogli di giornale accartocciati. Lo sanno tutti e lo diceva anche mia mamma: “Niente è meglio dei giornali per i vetri”.
Un po’ più raffinati gli ultimi due consigli; uno per sterilizzare i sanitari: acqua distillata (2 tazze)+olio di tea tree (che è la Melaleuca alternifolia), mettere la miscela in un contenitore con lo spruzzino e pulire i sanitari, lasciando agire per mezz’ora prima di sciacquare. L’altro è un deodorante per ambienti: anche in questo caso serve l’acqua distillata in uno spruzzino, cui si aggiungono 20 gocce di un olio essenziale – o una miscela, per esempio lavanda e limone – che ci piaccia come profumo. Agitare prima di ogni utilizzo.
Ho trovato veramente utile anche l’ultimo consiglio: usare vecchie T-shirt per pulire (invece delle spugne sintetiche), non lasciano pelucchi e si possono lavare tranquillamente in lavatrice (invece le spugne a un certo punto che cosa facciamo? Le buttiamo – nella spazzatura indifferenziata – e ne compriamo altre, che poi buttiamo e ne compriamo altre…).
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