Il credo dell’uomo libero – Recensione di Cinzia Picchioni

cop_RUSSELL - Il credo dell'uomo liberoBertrand Russell, Il credo dell’uomo libero, Piano B edizioni, Prato 2013, pp. 144, € 12,00

Che cosa si può scrivere, mi son detta, a proposito di un libro di Bertrand Russell? Niente, mi rispondo, andrebbe letto comunque, a scatola chiusa, non avrebbe bisogno di alcuna recensione, dico io. E allora mi sono «divertita» a calcolare quanti anni avesse il filosofo quando ha scritto i singoli contributi che sono raccolti nel libro.

Ne aveva 31 quando scriveva la riflessione che dà il titolo al libro (p. 29); a 45 anni l’autore è stato prolifico, scrivendo ben 4 dei 7 contributi: «Che cosa possiamo fare», «L’educazione», «Ideali politici» e «Libertà individuale e controllo pubblico». Nello stesso anno – il 1917, a 45 anni d’età – scriveva cose attualissime:

«Quando i Goti saccheggiarono Roma, sant’Agostino scrisse Città di Dio, sostituendo una speranza spirituale alla realtà materiale che era stata distrutta. Nel corso dei secoli che seguirono, la speranza di sant’Agostino è vissuta e si è rivelata feconda, mentre Roma si riduceva a un villaggio di capanne. Anche per noi è necessario creare una nuova speranza, costruire con il nostro pensiero un mondo migliore di quello che sta precipitando verso la rovina. Solo un supremo divampare del pensiero e dello spirito può salvare le generazioni future dalla morte che ha preso la generazione che abbiamo conosciuto e amato» (p. 27).

Ovviamente Russell si riferiva alla prima guerra mondiale, e mi è sembrato adatto anche ai nostri tempi il concetto che «solo un supremo divampare del pensiero e dello spirito può salvare le generazioni future». A 47 anni ha scritto «Sogni e realtà» e molto più avanti, a 78 anni, ricevendo il premio Nobel per la letteratura, Russell pronunciò una «lecture» che è riportata a pp. 113 ss.

Il libro (che è del 1955!) è una lettura bellissima sulla paura, l’amore, l’avidità, il potere, è fatto con carta amica delle foreste, riporta, fra molti «pensieri scritti» da ricordare, questo: «La politica è interessata alle mandrie piuttosto che alle persone», senza offesa per le mandrie, qui usate come una metafora.

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