Gli spazi sociali cittadini e la fruizione gratuita

Carla Biavati

Quasi 20 anni fa, per un disguido dovuto al conflitto nella regione del Kosovo, mi sono ritrovata, alla fine di una missione di lungo periodo nell’ area, a dovere aspettare nella città di Bar un traghetto che per cause diverse anziché partire alle ore 7.30 del mattino, sarebbe partito alle ore 19 e 30 della sera.

Ero arrivata nella cittaà portuale con 2 ore di anticipo, e come da programma di viaggio avevo i biglietti prenotati per raggiungere dal porto di Bari, la mia destinazione, cioè la città di Bologna, più il biglietto per una cabina sul traghetto Bar-Bari, insieme ad una piccolissima somma di danaro sufficiente per i pasti, circa 20 mila lire (allora l’euro non c’era ancora!).

Dopo avere appreso sgomenta dello spostamento orario, di 12 ore, del mio traghetto, ho dovuto fronteggiare un lunga attesa, e mi sono ritrovata a pianificare una giornata intera in una città, dovendo anche fare i conti con le mie scarsissime risorse economiche.

Per prima cosa ho cercato una sede turistica cittadina per vedere le possibilità di alloggio per la giornata, venivo da una zona di conflitto ero veramente stremata e avevo prenotato una cabina per dormire sul traghetto, in più avevo un enorme e ingombrante bagaglio.

Dopo avere realizzato che il prezzo di una camera in un albergo anche se a bassissimo costo mi avrebbe richiesto l’esborso di circa 15 mila lire, e in aggiunta il prezzo di un pasto che mi avrebbe richiesto circa 3 mila lire, ho tragicamente realizzato che non potevo permettermelo anche perché le zone erano distanti fra loro e avrei dovuto spendere circa 1000 lire per i trasporti ed anche 1000 lire per poter lasciare il bagaglio nel deposito della stazione.

Ritornando sconsolata sui miei passi sono ritornata al porto dove con mia sorpresa, dopo una ulteriore ricerca all’agenzia marittima si sono rivelati disposti a causa del disguido a tenermi in sede gratuitamente il bagaglio, e dove mi hanno suggerito di visitare le rovine dell’antica città di Antibari ad ingresso quasi gratuito, 50 lire, e dove c’era un chiosco a prezzi bassissimi per il ristoro, e quindi di frequentare la spiaggia totalmente libera per una siesta cosa fatta da tutti i cittadini, e quindi a pericolosità zero.

Ho con me il ricordo dopo la stanchezza e la dolorosa esperienza da cui provenivo di una meravigliosa città, e di una serena giornata passata tra visita archeologica un ottimo pasto e una pigra e rilassante siesta, in riva al mare, nell’attesa della sera.

Perché ho raccontato tutto questo?

Perché proviate a immaginare se una cosa simile fosse accaduta anziché in un luogo come quello in una delle nostre città dove gli spazi cittadini sono quasi totalmente interdetti alla sosta perdurante, i musei e le zone di ristoro sono carissimi e la fruizione del territorio è praticamente impossibile a costo zero!

Non voglio fare dietrologia, ma appare palese la scelta di controllo che viene operata e anche la scelta di impedire di fatto la libera e spontanea aggregazione sociale.

Se poi vi sono come per Vicenza spazi di interesse militare la quantità di controllo è raddoppiata.

La domenica cittadina a Vicenza, anche qui osservata in modo fortuito, a causa di un ritardo del treno che mi portava in città, mi ha fatto vedere che la fruizione del centro storico era fatta soprattutto da abitanti di chiara origine locale, mentre i cittadini immigrati si affollavano solo nella seconda fascia, anche per il sistema di mezzi pubblici e per gli alti costi dei locali del centro storico.

Da quanto poi mi è sembrato, la strategia impalpabile di divisione sociale si acuisce circa gli spazi per il personale delle basi militari, che con un sistema di fordismo esasperato, rimangono confinati se non esclusi da ogni libero contatto sociale con la città e i suoi abitanti.

Quindi vengo a suggerire anche tramite gli studi e le pubblicazioni di alcuni riprogettatori che metto in elenco al termine dell’intervento, di percorsi di inclusione e dialogo, tra le diverse componenti di cittadini.

La creazione di luoghi a fruizione gratuita, come potrebbe diventare anche “ il Parco della pace”, la creazione di spazi per la riprogettazione del dialogo sociale, come nuove aree dedicate per conferenze e incontri, e aree e laboratori, per la riprogettazione e riconversione del lavoro utile, ed anche professionale ,che in altri studi vengono chiamati centri di ricerca libera o “Lavoratori” dove cittadini pensionati, artigiani ,agricoltori ed altro ancora riprogettano e studiano possibilità di riconversione lavorativa , oppure ripensano a come favorire interventi di protezione ambientale insieme ai cittadini disoccupati.

Inoltre la creazione di percorsi della memoria dove presentare alle persone neo inserite in città la storia e la cultura del territorio, verrebbe a ricostruire quel tessuto di convivenza civile partecipe e responsabile da cui trarre le risorse e le energie per riconsolidare o addirittura per ricostruire, una società civile, nonviolenta e armoniosa.

Secondo alcuni studi, lavorando alacremente a questi modelli alternativi si possono ottenere, già in un paio di anni dei riscontri positivi, che permettono di abbattere i costi sulla sicurezza tradizionale, e permettono lo sviluppo e l’impiego di parecchi cittadini disoccupati o sotto occupati.

 

Alcuni nomi di riferimento:

  • Susan Podziba & Associates (Chelsea story, The Human Side of Complex Public Policy Mediation);
  • Charles Eisenstein e la Gift Economy (Sacred Economics);
  • Studio Excursus.com (spazi di dialogo tra no-profit e amministrazione comunale, spazi urbani e coesione sociale)
  • cisdu.org (l’inclusione sociale attraverso l’housing sociale);
  • Adriano Cancellieri (studi su ricostruzione e decostruzione di confini sociali);
  • Franco Montanari (studi sul disegno sociale e la garanzia di democrazia e solidarietà attraverso gli spazi urbani)
  • Giacomo Fronzi (Bellezza e città);
  • Bollenti spiriti, Regione Puglia (bando su giovani e spazi di promozione sociale, 3 maggio 2013);
  • ATENA, Gender consulting (associazione Catalana con studi sulla sicurezza di genere e i tempi lavorativi urbani).

E molti altri che non cito per brevità.


Carla Biavati – IPRI-Rete CCP, un breve commento per le giornate dell’8-9 giugno.

1 commento
  1. Matteo
    Matteo dice:

    Può un bando pubblico trasformar?si in una truffa?

    Nel 2002 Alisei ONG avvia un progetto di autocostruzione assistita denominato "un tetto per tutti" proponendo alle amministrazioni locali un sistema di edilizia sociale a costo zero.Le amministrazioni locali della Lombardia e dell'Umbria sono le prime a pubblicare bandi pubblici per costituire una graduatoria da cui attingere e avviano i primi cantieri.
    A distanza di qualche anno si aggiungono le amministrazioni comunali di Ravenna (3 cantieri), Padova, Cremona, Napoli e Caserta. Il cantiere di Filetto (RA) è uno degli ultimi ad essere avviato.
    Questa l’intervista di Liberaradio: http://bit.ly/151rLI1

    Queste immagini si riferiscono all'occupazione del cantiere durata 94 giorni.
    Questa l’inchiesta del Corsera: bit.ly/WOwDjo
    Il progetto di Ravenna non è un caso sporadico: http://bit.ly/ZPN9k6
    Il fatto che fosse stato emesso fermo amministrativo ad Alisei ONG dell'ottobre 2006: http://bit.ly/10KBMMN
    non escludeva la ONG da un progetto di questo genere?

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