Letture del simbolico: conflitti e città, pace e rigenerazione degli spazi urbani
Esposizione Numero Zero: “About Peace”, «From Piss to Peace» @ Kesté Gallerija, Napoli: 22 – 23 Luglio 2014
Impegnati in Kosovo per i Corpi Civili di Pace locali, oggi dediti soprattutto alle memorie collettive e ai vettori di condivisione tra le culture, ci si rende conto che, fino al momento in cui non vedi, non riesci a capire davvero i fatti: quale sia la dinamica che si verifica, quali le storie e le narrazioni che viaggiano all’interno delle città, quali i paradossi e le contraddizioni che questa dinamica consegna. Va affrontato, forse prima di ogni altro, un aspetto strategico, quello urbanistico-topografico, cioè come, a partire dallo spazio pubblico, anche in Italia, il confine segni un luogo, alteri e modifichi, strutturi e destrutturi una città.
La motivazione del tema per l’allestimento della mostra “About Peace” di Kesté Gallerija, Napoli, riprende l’intervista a F. Caliendo di presentazione della mostra in Campania Su Web: «Abbiamo ridato vita ad uno spazio morto: pulito la strada, organizzato eventi e costruito le protezioni per le aiuole in cui abbiamo piantato di tutto, anche un orto. Purtroppo manca l’educazione civica: la stradina è usata come bagno pubblico, oltre a essere luogo di violenza… Il vicolo diventerà luogo-simbolo di resistenza e cambiamento. Noi chiediamo ad artisti e gente comune di aderire, portando una foto, un quadro, una scultura, una canzone o una poesia con questo tema. Questa città ha bisogno di pace.
«Il mondo ha bisogno di pace, il mondo, con le sue innumerevoli guerre, note o ignote ai più. E se ne deve parlare. Una mostra sulla pace, che sia interiore, della famiglia, dei luoghi, servirà a ricordare questo stato di cose. Un’ennesima provocazione. Quindi, sollecitiamo la pace con una mostra. Servirà? La Gallerija deve essere uno spazio collettivo, della gente, della comunità. Un progetto di tutte e di tutti! In maniera ironica, trasformiamo il vicolo: “from piss to peace!”».
L’allestimento proposto fa sue le parole-chiave di una ricognizione tesa a focalizzare gli “spazi di pace” e la “pace attraverso gli spazi”, a cavallo tra valorizzazione culturale e rigenerazione urbana: resistenza e cambiamento, sulla pace dei luoghi, uno spazio collettivo. Qual è il filo rosso che, attraverso queste parole, unisce due sponde del Mediterraneo, apparentemente distanti, quali Napoli e i Balcani? É proprio quello dei luoghi urbani concepiti, insieme, come memoria del tempo e delle relazioni e luogo di conflitto e rigenerazioni.
Come nel progetto di Kesté Gallerija, “Utopija” Mikser Festival, inaugurato nel Giugno di quest’anno, intende diventare luogo permanente per sperimentazioni urbane e rigenerazioni culturali, in un contesto particolarmente simbolico nella città-simbolo di Belgrado, capitale della Serbia, “Savamala”, la piccola città portuale, abbandonata nelle sue architetture post-industriali e lacerata dalle distruzioni portate dalla guerra del 1999. Un luogo ferito ed abbandonato che, proprio grazie all’azione di giovani e creativi, sperimenta oggi una proposta vitale di superamento del conflitto, i suoi traumi e le sue lacerazioni, all’insegna del colore, il dinamismo e la creatività, affermandosi come proposta di rigenerazione urbana, al di là e contro l’urbicidio, per tutti i Balcani.
Napoli non è lontana da questo immaginario. La città è luogo-simbolo, non tanto del “degrado”, quanto della speranza e delle occasioni, troppo spesso perdute, di un riscatto e di mille energie: capitale del Mediterraneo, oggi più che mai, luogo ambivalente e problematico di contaminazione tra le culture e venti di guerre, spesso dimenticate, che ne agitano le coste. Dal 2011, Napoli è la prima città ad avere sperimentato un progetto per la costruzione, in zona di conflitto, di “Corpi Civili di Pace”, in Kosovo, crocevia di conflitto nei Balcani, anch’esso oggi impegnato in un tortuoso percorso di rigenerazione e di pacificazione, di coltivazione di memorie solidali e di valorizzazione delle creatività giovanili.
A Pristina, la memoria del conflitto e il senso del luogo sono coltivati in un luogo-simbolo per eccellenza, il “Newborn”, che incornicia la ridefinizione urbanistica della Piazza dell’Indipendenza e ricorda la dichiarazione unilaterale di indipendenza che, nel Febbraio 2008, ha costituito una delle tappe, sebbene idiosincratica e parziale, di resistenza e di auto-determinazione. Non a caso, il “Newborn” ospita, ogni sei mesi, una veste pittorica o grafica diversa, diventando così un memoriale attivo di storia e creatività.
Poco più a Nord, la simbologia della divisione e del degrado e la speranza di riscossa e di riscatto si concretizzano in quello che è il vero simbolo del Kosovo oggi, al tempo stesso uno dei luoghi più giovani e più multi-culturali, in questo non diversamente da Napoli, non solo dei Balcani ma dell’intera Europa. Molte le variabili in gioco e tanti gli equilibri in ballo, in Kosovo, dalle periodiche escalation di tensione, spesso legate a circostanze politiche o frangenti elettorali, alla condizione di insoddisfazione e frustrazione diffusa, un vero e proprio mix di violenza latente e di bisogni insoddisfatti, da un lato all’altro del Ponte sul fiume Ibar che, simbolicamente e concretamente, divide le due comunità.
A nord, nella città slava, Kosovska Mitrovica, la maggioranza serba vive in una città dalle storiche tradizioni industriali e culturali. A sud, nella Mitrovicë albanese, che si espande ed ingloba nuovi quartieri, la maggioranza albanese-kosovara, tra presenze turche e contaminazioni rom, nel quartiere gitano, pure guarda al ponte, luogo di memorie e di aspirazioni.
Ora, leggere Mitrovica come “il simbolo del conflitto” consegna una certa idea della città; leggere Mitrovica come “città industriale”, mineraria e operaia, ne consegna un’immagine completamente diversa, in cui ciascuna di queste topografie consolida e sedimenta aspetti e stratificazioni diverse. C’è poi un confine che rappresenta le divisioni e le interazioni che si verificano e che incorporano una dinamica di carattere sociale e politico. Anche questo aspetto è particolarmente lampante, in Kosovo come a Napoli.
Un esempio su tutti. Il mito della “terra irredenta” è un mito che attraversa spesso i confini, soprattutto se sul confine si esercita la pratica del conflitto e l’ideologia dello Stato Nazione. Questo aspetto è evidente quando il conflitto etno-politico si alimenta di motivi di carattere religioso, come ad esempio in Palestina, ri-assurta tragicamente agli onori delle cronache, o, per tornare al nostro caso, al Kosovo, che è, al tempo stesso, il cemento della tradizione albanese e la culla della spiritualità serba. I poteri costituiti fanno del confine un luogo di tensione, come si vede ovunque sia una dinamica di separazione – prima che di conflitto.
Un progetto di qualche anno fa («Conflict in Cities and the Contested States») di alcuni architetti e ricercatori sulle “città divise” ha potuto mettere in evidenza come ci siano tanti elementi che distinguono o che accomunano le città, là dove, in queste ultime, si produce una dinamica di integrazione e di separazione di tipo “pendolare”, attorno ad un confine e da un lato all’altro del confine. Non a caso quel progetto, dedicato agli spazi urbani, ha posto i riflettori su città-simbolo di forte impatto, come Belfast, Gerusalemme, Berlino, Beirut, Mostar, Nicosia (a Cipro), Tripoli (in Libano) e Vukovar (in Croazia).
L’Europa, che in questo momento è il continente di “pace negativa” per eccellenza, è in realtà una terra di infiniti luoghi di divisione, di confini e di conflitti: Paesi Baschi, Cipro, i Balcani, oggi il Donbass e la Crimea, l’Ulster e la Catalogna; le città di Sarajevo, Mitrovica, Nicosia, e tanti altri contesti del genere, tra cui Napoli.
Tanti dunque i link attivi, tra Napoli e i Balcani, all’insegna della ricomposizione e della rigenerazione, come mostrano le foto, scattate durante l’ultima missione (giugno 2014) di progetto per Corpi Civili di Pace in Kosovo, nell’ambito di PULSAR, in collaborazione con Operatori di Pace, RESeT e la Rete CCP.
Kestè Gallerija: www.facebook.com/pages/Kestè-Gallerija/808046092550078
Foto Reportage: www.facebook.com/media/set/?set=a.637021829700745.1073741842.501007953302134
Mikser Platform: www.facebook.com/mikser.belgrade
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