Norvegia la vittima. Norvegia la colpevole

Johan Galtung

Anders Breivik era spinto dall’idea di salvare il cristianesimo – il cattolicesimo essenzialmente – da una guerra civile europea con l’islam. L’islam penetra in Europa sulle strade aperte dal multiculturalismo, costruite dai socialdemocratici – come la Lega Giovanile dei Lavoratori (Arbeidernes ungdomsfylking, AUF) a Utöya. È impossibile un dialogo con un nemico implacabile, fanatico. Per quanto incresciosa, era necessaria la violenza contro settori governativi, il massacro di giovani sostenitori. La Norvegia, l’Europa avevano bisogno di una campanello d’allarme per tornare alle proprie origini.

Questi tre folli articoli di fede hanno trovato un malvagio latore terrorista? Oh sì, ma quelle parole servono come segnale stradale: “non serve interrogarci ulteriormente”. Non è questo il modo di trattare una catastrofe, è solo uno svicolare pigro e facile. Dobbiamo invece porci tre domande difficili:

C’è qualcosa in questa storia? Che cosa ci riporta alla mente? E come possiamo prevenire che si ripeta (un colpo di mano negli USA può essere dietro l’angolo)?

Ovviamente c’è dentro qualcos’altro. Ci sono atti di guerra in Europa, da parte di islamisti e di islamofobi. Che si alimentano reciprocamente. Una società aperta agli immigranti, e fondamentalmente tollerante, è vulnerabile. E ci saranno sempre latori fondamentalisti di profonda intolleranza, per quanto tollerante possa essere il resto della società; siano essi degli isolati o con dei robusti agganci. Problematico. Ma non più di quanto una polizia ragionevolmente competente – aperta o segreta – possa gestire; un servizio di cui la Norvegia non sembra disporre. Forse i dirigenti della polizia, regolare e di sicurezza, dovrebbero intanto dimettersi? Oppure, in caso contrario, essere invitati a farlo?

Ma queste sono solo increspature rispetto allo tsunami che ha colpito la Norvegia, come pure il chiedersi se Breivik abbia cooperato o meno con una o due altre “cellule”. La domanda successiva è peggiore: che cosa ci fa tornare in mente?

Sì, questo neo-fascismo è rievocativo del nazismo, con la cultura invece della razza, il multiculturalismo invece della mescolanza razziale, l’anti-islamismo invece dell’anti-semitismo. Antiche configurazioni del pensiero europeo e non solo in Europa. Un aggiornamento di una vecchia storiaccia.

Ma c’è un’altra risposta che susciterà tremori maggiori che il massacro stesso nel corpo politico norvegese: ci rammenta di noi stessi.  Breivik diventa uno specchio che riflette noi stessi. Fosse stato di carnagione scura e con la barba — fermiamoci lì. Ma era di carnagione chiara, biondo, con gli occhi azzurri, cristiano. Vediamo rispecchiati noi stessi. E guardando più da vicino, vediamo tiratori scelti e artiglieri norvegesi in carri armati, con l’idea rivoltante che la democrazia serva da licenza per uccidere in Afghanistan, e per massicci bombardamenti con aerei norvegesi in Libia. Gli atti sono simili in modo inquietante. Non facilmente elaborabili.

Per quale teoria-ideologia-manifesto la Norvegia lo fa?

“Quando entra in gioco la NATO, entriamo in gioco anche noi, quando esce la NATO, usciamo anche noi”. “Quando lo esige il Consiglio di Sicurezza ONU”. Autoritarismo, nascosto sotto il vertice di USA-Europa. E che teoria hanno?

Una guerra civile, non solo europea, ma mondiale; lo scontro di civiltà di Bernard Lewis erroneamente attribuito a Samuel Huntington. Il dialogo è impossibile, i talebani – come pure Hamas, Hezbollah, Al Qaeda – sono terroristi autistici, che vivono nei propri universi-bolla. La violenza è deprecabile – e ci possono anche essere danni collaterali – ma necessaria. Da uno stato fallito vogliono conquistare il mondo. Costruire un nuovo stato, come la Norvegia con la democrazia e la società civile. E Breivik?

Guerra civile europea = scontro di civiltà mondiale; AUF = talebani?; la violenza è necessaria; diventa come me-noi, sconsolatamente simile. Se l’uno è forsennato, lo è pure l’altro. Se l’uno è terrorista, lo è pure l’altro. Breivik si cela dietro Dio e la Storia; la Norvegia dietro la NATO e il Consiglio di Sicurezza ONU. Una consolazione per i familiari che abbiano perso ovunque i loro cari?

Sentiremo dire in modo fragoroso che i due sono del tutto diversi! , tanto da assordare quella vocina interiore che dice ‘dopo tutto non così diversi’. Ma qualcuno avrà il coraggio di sporgersi a guardare da vicino le vittime private dei loro affetti – da pallottole e bombe norvegesi – nei paesi musulmani, vedendo allo specchio l’una vicina all’altra le facce del ministro della difesa norvegese e di Breivik.

Un profondo legame doppio vittima-aguzzino è un profondo trauma.

Che fare? Abbandonare la superficie ipocrita, assumerla dentro, affrontarla. Con due segnali stradali a guidarci: uno dialogico, un altro teologico.

La democrazia è la configurazione generale, e le elezioni multipartitiche quadriennali ne sono solo una parte minore. Migliore informazione: meno Murdoch, più varietà/differenziazione. Più trasparenza: nessuna decisione politica importante in parlamento a porte chiuse, sfuggendo alle sfide! Premesse, non solo conclusioni, prego! Che cosa sanno i decisori, qual è la loro teoria? Conoscono le versioni musulmane del passato, del presente, e del futuro? Quali erano le alternative? I partiti hanno già fatto il loro lavoro, non solo moralizzando e criticando, ma elaborando idee costruttive?

Più dialoghi, incontrandosi, esplorando, e sfidando un Breivik, sondando le conseguenze del suo modo di pensare, utilizzando la Regola Aurea, o Kant, o i Dieci Comandamenti, o la Sura 8:61, o l’ottuplice sentiero; qualunque cosa; non pigra presuntuosa tolleranza nel celebrare la libertà di espressione. Attenzione: quelli sono ben preparati, lavorano sodo. Bisogna fare altrettanto.

Si varchino i confini dei paesi musulmani, colpiti malamente dall’Occidente negli ultimi secoli. Si rifletta. Ci si penta. Si ascolti. Si risolva. Non si uccida.

La teologia è la conoscenza di Dio, diverso in tempi e spazi diversi. Le culture di cui parliamo sono le religioni. Cercando, si troveranno gioielli in tutte; concentrarsi su di essi, vedendone le gemme negli occhi del nostro prossimo, facendogli vedere le nostre. Dialogos, theologos. Piangiamo i nostri morti, chi in chiesa, chi in moschea. E se li piangessimo insieme? In luoghi come la mezquita in Córdoba, con liturgia musulmana il venerdì, cristiana la domenica, congiunte il sabato? E la Hagia Sophia a Istanbul, costruendo un’Alleanza delle Civiltà Erdögan-Zapatero?

Bianchi e neri hanno lavorato insieme nel Sud degli Stati Uniti con grossi rischi; facendo progredire il loro paese. Si mostri agli islamofobi come Breivik, a Oslo, a Washington, e agli islamisti, che sono possibili dialogo e cooperazione. Li si inviti a partecipare anch’essi all’impegno. Facendo progredire il mondo.

* Per soluzioni Occidente-Islam si veda 50 ‘Years: 100 Peace and Conflict Perspectives’, capitoli 81-90; per il superamento delle barriere religiose si veda (con Graeme MacQueen) Globalizing God: Religion, Spirituality and Peace, entrambi da TRANSCEND University Press, 2008, www.transcend.org/tup.


01.08.11 – TRANSCEND Media Service
Titolo originale: Norway the Victim. Norway the Perpetrator

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis


 

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