Un pianeta accogliente: forme di nonviolenza attiva, azioni di contrasto e azioni di sostegno

Elena Camino

Contro lo Stato inadempiente

L’Associazione ‘A Sud’  è un’organizzazione ecologista indipendente, formata da attiviste e attivisti da vent’anni impegnat* per la giustizia ambientale e climatica, per vivere in un pianeta accogliente. L’Associazione è molto attiva nell’indagare le cause delle crisi ambientali, denunciare i responsabili, e nel formare e informare le comunità locali.

Oggi i cambiamenti climatici rappresentano un’emergenza ambientale globale e minacciano il godimento dei diritti umani fondamentali: il diritto alla vita, alla salute, all’alimentazione, all’acqua, all’alloggio, alla vita familiare. Per questo motivo ‘A Sud’ ha partecipato a una causa climatica intentata nel 2021 contro lo Stato italiano da parte di 203 soggetti, tra cui 24 associazioni e 179 individui. Con questa causa (Giudizio Universale) si è citato in giudizio lo Stato per inadempienza climatica, ovvero per l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, da cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato italiano.

Il primo grado di giudizio si è chiuso pochi giorni fa (il 6 marzo) con una pronuncia di inammissibilità: la giudice ha cioè dichiarato di non avere le competenze per esprimersi sul caso, o – in altri termini – che in Italia non esistono tribunali in grado di decidere su questo tipo di domanda. Questa sentenza è in contrasto con quanto sta avvenendo in altri Stati Europei in cui cause analoghe si sono concluse con importanti sentenze di accoglimento.   I legali dei querelanti osservano che la sentenza è contraddittoria: da un lato riconosce la gravità e urgenza dell’emergenza climatica, ma dall’altro stabilisce che in Italia non esisterebbe la possibilità di rivolgersi a un giudice per ottenere tutela preventiva contro questa situazione.  Questa sentenza susciterà dibattito, e avrà probabilmente un seguito.

Uno strumento legale in espansione

La causa ‘Giudizio Universale’ si configura come una delle migliaia di cause di “climate litigation” che in tutto il mondo provano a invertire la rotta del cambiamento climatico utilizzando strumenti legali tali da spingere i governi a prendere iniziative adeguate contro le emissioni con effetto serra.  Il 2024 promette di essere l'”Anno del clima” nelle corti e nei tribunali internazionali, con pareri che arriveranno dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, dalla Corte interamericana dei diritti dell’uomo, dal Tribunale internazionale per il diritto del mare e dalla Corte internazionale di giustizia.

Un prezioso data-base messo a disposizione della Columbia Law School rende evidente che la via di contrasto legale agli Stati e le Corporations ritenuti responsabili di contribuire al cambiamento climatico sta diventando sempre più importante e significativa.  Istituzioni universitarie e studi legali stanno lavorando, in collaborazione con ONG e privati, per rendere sempre più efficaci le cause intentate a difesa del diritto a vivere in un pianeta accogliente e sicuro.  Oltre alle cause intentate per le eccessive emissioni di carbonio, si assiste a un numero crescente di casi contro il greenwashing, che può colpire tutti i settori. Sempre più spesso le aziende annunciano di essere a zero emissioni di carbonio, ma i consumatori le ritengono menzognere e inaffidabili.

A sostegno di pace e ambiente

Alle lotte legali l’Associazione ‘A Sud’ affianca iniziative di valorizzazione dell’impegno positivo che singole persone o associazioni dedicano a promuovere e realizzare attività a difesa dell’ambiente e dei territori.   Il 25 marzo scorso, a conclusione del festival del giornalismo d’inchiesta ambientale “Le Parole Giuste”, è stato assegnato il Premio Donne Pace Ambiente Wangari Maathai, giunto alla sua decima edizione.

Un pianeta accogliente

Foto s pants | Wangari Maathai ,Seattle, April 2009 (CC BY 2.0)

Wangari Muta Maathai è stata un’ambientalista e attivista kenyota. Nel 2004 è stata la prima donna africana a ricevere il Premio Nobel per la pace per «il suo contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace.

Anche quest’anno il riconoscimento, promosso da ‘A Sud’ e dalla Casa Internazionale delle Donne di Roma, ha premiato cinque tra donne e realtà in prima linea nella difesa dell’ambiente e dei diritti, impegnate su più fronti: dall’attivismo, all’informazione, alla scienza. Sul sito è possibile leggere i dettagli delle premiate: qui riassumo solo pochi tratti dei loro profili.

PREMIO ACQUA

Flavia Pelliccia, attivista del collettivo Balia dal Collare, che nasce dall’opposizione alla costruzione di impianti di risalita sciistici sul monte Terminillo e dalla riscoperta della pratica degli usi civici per la gestione collettiva dei beni comuni. E’ impegnata nella difesa dell’ecosistema montano, dei fiumi e dell’acqua nell’Italia intermedia e interna.

PREMIO ARIA

Cristina Mangia è ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Si occupa di inquinamento atmosferico, clima ed epidemiologia ambientale. È da sempre attiva nel supporto alle comunità territoriali colpite dagli impatti di progetti inquinanti, con l’intento di portare la scienza fuori dai laboratori e di fare ricerca con una prospettiva di genere per sostenere le battaglie ambientali.

PREMIO FUOCO

Va a Laura Paracini, in rappresentanza delle attiviste e degli attivisti di Ultima Generazione, un movimento di giovani che porta avanti azioni di disobbedienza civile nonviolenta per mettere in luce ipocrisie e immobilismo sul collasso climatico. Il premio va al loro impegno nel denunciare le responsabilità della crisi climatica, e per aver dato nuova linfa alle campagne di disobbedienza civile nonviolenta.

PREMIO TERRA

È assegnato ad Amal Khayal, attivista e cooperante, responsabile per il CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud, con sede a Palermo) degli interventi nella Striscia di Gaza. Riceve il premio per il suo impegno nel supporto alle donne e ai minori in quell’area. Da mesi ha lanciato un forte appello alla stampa italiana e internazionale affinché racconti quanto accade ogni giorno a Gaza, Gerusalemme e Cisgiordania, dando voce e dignità al popolo palestinese.

L’edizione 2024 del Premio Donne Pace Ambiente comprendeva anche un riconoscimento speciale dedicato al giornalismo, intitolato a Ilaria Alpi, inviata del Tg3 assassinata 30 anni fa a Mogadiscio assieme all’operatore Miran Hrovatin. La menzione speciale Ilaria Alpi è stata assegnata a Elena Kostyuchenko, giornalista russa di Novaja Gazeta e attivista Lgbtq, che ha ricevuto il premio per il suo infaticabile impegno nell’amplificare le voci di chi lotta contro l’inquinamento di paesi e città della Russia profonda attraverso coraggiose inchieste e reportage.

La nonviolenza tra silenzio e piazze

Spesso si riconosce la presenza di persone e associazioni nonviolente solo in occasioni di manifestazioni, cortei, pubbliche dimostrazioni.  Ma in realtà la nonviolenza è presente ovunque, sempre, e si manifesta nelle forme più diverse e nelle situazioni più varie. La difesa legale dei diritti, il coinvolgimento dei cittadini nelle ricerche ambientali, l’impegno nella formazione e divulgazione scientifica sostengono e si avvalgono di forme più originali e creative di lotta nonviolenta, che hanno lo scopo di svegliare la coscienza collettiva. La nonviolenza è presente anche nell’uso pacifico del linguaggio, nell’attitudine all’ascolto, nel provare a mettersi nei panni dell’altr*, nell’esprimere reverenza per la natura che ci ospita, nel creare nuove leggi a protezione dei diritti e nel promuovere nuove forme di conoscenza e – soprattutto – di comprensione.

Attualmente è dominante una gestione aggressiva dell’umanità sul mondo, in cui la violenza diretta, quella strutturale e quella culturale si alimentano e si rafforzano vicendevolmente. Nel processo di transizione verso una convivenza inclusiva e accogliente nel pianeta condiviso, può essere importante riconoscere, valorizzare, moltiplicare e mettere in rete le idee, le norme e le pratiche nonviolente. Non una minoranza velleitaria, ma una forza inarrestabile, che deve ancora migliorare nella pratica del riconoscersi e nell’organizzazione per sostenersi vicendevolmente. La nonviolenza diretta, espressa nei gesti e nelle parole; la nonviolenza strutturale, radicata nelle leggi che proteggono i diritti delle comunità e della natura, e che bandiscono gli armamenti a le guerre; la nonviolenza culturale, che si concretizza nella tensione collettiva verso un mondo equo e sostenibile.


 

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