Proposta formativa

Proposta formativa per insegnanti | Participation Needs Debate is Back!

redazione

La proposta formativa si prefigge di introdurre l’approccio del DIBATTITO NONVIOLENTO a insegnanti ed educatori interessati a sperimentare questa proposta nell’ambito del proprio gruppo classe su temi individuati con i ragazzi stessi.

Il dibattito nonviolento è una proposta educativa che si distingue sia dal classico modello di dibattito, che dalle forme, care alla tradizione di educazione alla pace e trasformazione nonviolenta dei conflitti, del dialogo, perché mira a capacitare ragazzi e ragazze non solo nel “sostare” nel dibattito ma anche nel facilitare spazi di dibattito fra i coetanei.

Come: La formazione prevede una giornata formativa di 8 ore e ulteriori 2 ore a disposizione dell’insegnante di supervisione e supporto alla progettazione di attività di dibattito nonviolento con il gruppo classe.

Quando: Sabato 20 Gennaio 2024, dalle ore 10 alle ore 18.00 presso Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, Torino.

Il corso è gratuito ma si richiede l’iscrizione al seguente link entro giovedì 18 gennaio 2024.

Il corso è realizzato nell’ambito del progetto Participation Needs Debate is Back! con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese.

Proposta formativa


I giovani sono sempre meno presenti nelle forme tradizionali di partecipazione politica e sempre più coinvolti in forme di partecipazione “dal basso”, volontariato, attivismo civico, cortei e manifestazioni.

Forme di partecipazione che però spesso non trovano una interlocuzione istituzionale in alcuni casi arrivando a vere e proprie forme di repressione che proprio a Torino ormai due anni fa hanno scatenato una ondata di occupazioni studentesche. Questo fenomeno si è intrecciato con una tendenza più generale che ha visto un progressivo degradarsi del dibattito pubblico verso una crescente polarizzazione e su ciò che Klein definisce “partigianeria negativa” ovvero focalizzarsi non su ciò che si è ma su ciò che ci divide dagli altri, che diventano nemici.

Ogni anno il CSSR incontra circa 1500 giovani nelle sue attività educative e sempre più riscontriamo che il modello di dibattito e confronto vincente fra i giovani è quello del “blastare”, mutuato dal mondo dei videogiochi, che significa letteralmente “far esplodere qualcuno”, ovvero zittirlo, annientarlo, il confronto è volto a distruggere non solo l’opinione dell’avversario ma la sua stessa persona spesso attaccandola nelle sue dimensioni identitarie.

Queste due tendenze spingono al silenzio e alla paura di esporsi dei più e il ritiro sociale sempre più forte amplifica il potere delle echo chambers virtuali che rafforzano preconcetti, pregiudizi e in alcuni casi costituiscono l’humus per la diffusione di idee intolleranti e violente anche fra i più giovani. È necessario rieducare al dibattito come ricerca collettiva della verità e di soluzioni per il cambiamento e come spazio di conoscenza e riconoscimento profondo dell’altro.

In due anni di elaborazione teorica e sperimentazione con i giovani del territorio, abbiamo sviluppato alcuni principi che caratterizzano una proposta educativa di dibattito, il dibattito nonviolento:

  1. Il dibattito viene spesso associato alla prevaricazione, all’idea di distruggere l’idea altrui, però, tornando all’etimologia di dibattere, mischiare con forza, possiamo riscoprirne le potenzialità in termini di ampliamento di visioni e orizzonti;
  2. Entrare in dibattito anche con chi non rispetta le regole del dibattito nonviolento è un’opportunità per contrastare i fenomeni violenti che affliggono la nostra società; un’opportunità ma non un obbligo perché sia chi facilita il dibattito sia chi ne prende parte deve sentirsi pront* ad affrontare l’eventuale violenza altrui;
  3. Promuovere un approccio al dibattito documentato, basato sul critical thinking e sulla capacità di discernere fra verità e fake news ma che risulta allo stesso tempo accessibile anche a chi non ha conoscenze specifiche ma una specifica prospettiva di vissuto sul tema (ad esempio: non sono medico ma posso anche entrare in un dibattito sulla medicina portando la mia specifica esperienza in qualità di paziente) e che dia spazio alla vulnerabilità di non sapere;
  4. Applica l’ascolto attivo e i principi della comunicazione nonviolenta durante il confronto;
  5. Utilizza delle tecniche specifiche di facilitazione che diano “potere di parola” a tutti i partecipanti, è quindi un processo strutturato, ma allo stesso tempo lascia spazio alla spontaneità, è un modo di stare nel dialogo con l’altro che, una volta acquisito può essere applicato nel flusso della quotidianità.
  6. Costruisce attorno ai partecipanti uno “Spazio sicuro” in cui esprimere le proprie idee ma anche la propria identità, se lo si desidera; consapevole del potere delle parole, utilizza un linguaggio inclusivo;
  7. È orientato ad elaborare proposte per il cambiamento sociale (non è cioè un confronto fine a se stesso); le proposte non solo il frutto di mediazioni e compromessi ma ricercano la soluzione trascendente le singole posizioni delle parti;
  8. È un dibattito consapevole che al di sotto delle singole posizioni vi possono essere interessi che non sempre rispondono ai principi di verità e giustizia e si muove per denunciarli;
  9. È un dibattito che esce dalla dinamica Torto VS Ragione e sosta nella complessità;
  10. Valorizza la facilitazione e l’apprendimento fra pari
  11. Richiede tempo di elaborazione e di ascolto di qualità
  12. Utilizza le emozioni come propulsore positivo di partecipazione.

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.