A un mese dall’arresto di Emilio Scalzo

Daniela Bezzi

E con oggi è passato esattamente un mese, da quel 15 settembre scorso in cui abbiamo dovuto prendere atto dell’arresto di Emilio Scalzo. In forza di un MAE, Mandato di Arresto Europeo, su richiesta del Governo di Francia.

E tradotto sui due piedi al Carcere Le Vallette di Torino, in attesa di molto probabile estradizione. Senza neanche il tempo di mettere qualcosa in borsa. Senza che neppure il suo Avvocato fosse a conoscenza per cui: SAP, Senza Alcun Preavviso. E in pieno giorno, mentre era uscito un attimo da casa, incuriosito dai lamenti (dicono) di un gattino. Anche la moglie, se non fosse stato per una vicina che avrebbe visto la scena, non avrebbe saputo nulla dell’Emilio arrestato. Situazione che mai avremmo immaginato possibile in Italia, brutto bruttissimo film.

Ahimè no, non esistono riprese del momento dell’arresto. Per cui possiamo solo immaginare. Il set up. La probabile dinamica. Camionette appostate già da qualche ora nei dintorni, carabinieri pronti a entrare in azione da dietro l’angolo… In pieno giorno, intorno alla mezza… perfettamente riconoscibili in divisa, con gran gracchiare di walkie talkie a turbare quella parte così tranquilla di Bussoleno? Oppure quatti quatti che improvvisamente gli si parano davanti a mo’ di ninja, o come fossero a passeggio… non si sa. E comunque zac, manette che scattano. Esattamente come, saranno scattate? Dopo cortese gentlemen agreement, del tipo ‘prego signore mi dia i polsi, ecco sì dietro la schiena, perfetto, bravo, bene così…’  O in modo ben diverso, ovvero odioso?

Odioso il solo immaginare un omone come Emilio Scalzo robustamente placcato in pieno giorno dalla FFOO, oggetto di un agguato davanti al portone di casa sua, per cui passiamo al frame che viene subito dopo. Che però non c’è, lungo blank in cui c’è solo rumorio di congetture, brandelli di notizie su whatsapp, incredulità.

‘… ora mi spiego perché verso le 11,30 ho incrociato tre pattuglie di carabinieri fermi ai lati della strada…’ / ‘… sarà per quelle iniziative a Clavière a maggio scorso, in difesa dei migranti…’ / ‘… non si sa, aspettiamo la conferma dell’avvocato…’ / ‘… in carcere non ci arriva proprio subito ma un più tardi dopo le varie pratiche… ‘ / ‘… sì adesso lo stanno interrogando…’ / ‘… probabile l’abbiamo preso in questo modo per evitare la presenza dell’avvocato…’

Questi e chissà quante altri i messaggini che riempiono il vuoto di certezze tra quel momento, intorno alle 13 del 15 settembre in cui arriva la notizia dell’Emilio arrestato, e quello in cui si comincia a capire che il problema è serio.

E che soprattutto su un punto, che per noi comuni mortali sembrerebbe ovvio (ovvero la necessità di una sentenza, insomma di un giudizio, di un qualche procedimento, per giustificare la colpevolezza e quindi la galera) il MAE si afferma in termini di conclamata eccezionalità, semplificazione suprema.

In serata l’Avv. Danilo Ghia si limiterà a confermare ciò che l’edizione on line de La Stampa aveva già messo nero su bianco come da velina fin da subito, ore 13 in punto. Il trasferimento di Emilio Scalzo a Le Vallette, per una manifestazione, nel maggio scorso, sul confine tra Italia e Francia per protestare contro la repressione che colpisce con crescente disumanità le rotte migranti. Durante gli scontri con i gendarmes uno di loro si sarebbe rotto un braccio, per un colpo di bastone inferto da Emilio Scalzo; questa l’accusa che sostiene la richiesta di estradizione. E dunque… inutile illudersi, le probabilità di evitare il carcere in territorio francese sono essenzialmente legate all’imminenza dei procedimenti che già gravano sulla vita di Emilio Scalzo in Italia. E il braccio rotto di un gendarme francese, è cosa grave.

Il MAE in estrema sintesi, o per quel poco che noi (comuni mortali) possiamo cercare di capire attingendo in rete, per esempio qui http://e-justice.europa.eu/content_european_arrest_warrant-90-it.do o meglio ancora qui http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2021/02/16/in-g-u-la-nuova-normativa-in-materia-di-mandato-d-arresto-europeo

Introdotto con la decisione quadro 2002/584 dal Consiglio dell’Unione Europea, operativo dal 1° gennaio 2004 ed entrato in vigore anche per l’Italia dall’aprile del 2005 (legge 69), il Mandato di Cattura Europeo è un provvedimento giudiziario emesso da uno Stato membro dell’UE per consentire l’immediato arresto e la consegna da parte di altro Stato membro di un soggetto accusato di un preciso reato o per esigenze di sicurezza.

Il dispositivo si basa sul riconoscimento reciproco delle motivazioni giudiziare; prevede l’esecuzione del mandato entro 60 giorni dall’arresto e le decisioni spettano unicamente alle autorità giudiziarie. Ovvero non può essere ostacolato da considerazioni di tipo politico. È pertanto esclusa la possibilità di rifiutare la consegna di un proprio cittadino da parte dello Stato ‘oggetto’ del MAE se non per una seria di fondati motivi – tra cui appunto l’eventualità di procedura penale già in corso nel paese dell’esecuzione, e su questo punto spera di far leva il ricorso presentato in Cassazione dall’Avvocato difensore Danilo Ghia in data 7 ottobre.

Dettaglio non secondario: entrato in vigore anche per l’Italia nell’aprile del 2005, la normativa in materia di Mandato d’Arresto Europeo è stata oggetto di modifiche nel febbraio del 2021 che ne rendono l’applicazione ancor più rigida, e più difficilmente permeabile al ricorso.

E dunque, non resta che attendere il responso della Corte di Cassazione, che se non è arrivato già questa settimana, arriverà senz’altro nei primi giorni della prossima… E attrezzarsi al meglio per la probabile  estradizione, come ha spiegato l’Avv. Ghia alla piccola delegazione francese che domenica scorsa, 10 ottobre ha fatto visita in valle “all’insegna dell’unione delle lotte a livello transalpino, per confrontarci sulle rispettive fasi di contrapposizione a quest’opera mastodontica e sulle possibili prospettive future nei diversi territori” (dalla pagina Facebook di Gabriel Amard esponente di France Insoumise e consigliere regionale della regione francese Auvergne-Rhône-Alpes, che guidava la delegazione insieme al Sindaco del comune di Villarodin Bourget, Philippe Delhomme).

E naturalmente non è potuto mancare un saluto a Emilio Scalzo “al quale le istituzioni francesi oggi presenti hanno portato tutta la loro solidarietà e il loro appoggio.”

“Siamo già in contatto con un ottimo Avvocato perfettamente bilingue, di origini italiane” ha spiegato in quell’occasione l’Avv.to Danilo Ghia. “Un professionista che tra l’altro ha già difeso molti gilets jeunes per reati simili a questo che vede implicato Emilio Scalzo. E augurandoci che l’attesa di giudizio possa trascorrere ai domiciliari anche in Francia, come sta già succedendo per Italia. Ci stiamo attivando per individuare una minima rete di accoglienza a Briançon, per le visite di familiari e amici…”

Immediata la risposta da parte della delegazione francese. Scambio di cellulari, suggerimenti, indirizzi – anche in Francia, come già a Le Vallette di Torino, Emilio Scalzo non potrà rischiare di sentirsi solo. Anzi, pare che a Le Vallette abbia fin da subito goduto di una tale popolarità tra i detenuti, che i responsabili della struttura hanno tirato un respiro di sollievo, quando hanno ricevuto la notizia dei domiciliari. Era il 23 settembre, erano trascorsi solo otto giorni dall’arresto “e anche noi qui in valle siamo rimasti stupiti che lo lasciassero tornare a casa così presto, mai successo prima” è stato l’ironico commento di Alberto Perino. “Si vede che in carcere stava diventando più pericoloso che fuori…”  

E così dal 23 settembre Emilio è di nuovo nella sua Bussoleno. Dai primi di ottobre è cominciato il Presidio permanente dentro e fuori a casa sua: con il gazebo il tavolone e le panche davanti a casa, la processione degli amici che si avvicendano a tutte le ore del giorno, come minimo due o tre che si fermano a dormire anche la notte, molti che arrivano anche da fuori valle e che magari non si vedevano da anni, situazione che più conviviale, e proprio bella, umanissima, ricca di storie da dentro e fuori valle, non si potrebbe immaginare.

E bellissima la giornata in cui sono arrivati i musicanti della Banda, e sono cominciate en plain air le danze e proprio di ieri ecco la notizia delle impalcature per l’inizio del Murales che gli street artists Blu e Alleg si sono offerti di creare sulla facciata di Casa Scalzo, titolo: Una colata di colore vi sommergerà. Domiciliari insomma per niente tristi e cupi, e che (come solo in Val Susa) sono un susseguirsi di creatività, eventi, cose da gustare.

Chiedo a Emilio se ha voglia di raccontarmi cosa è successo. Parte il racconto.

“Non avevo intenzione di colpire… Me ne stavo lì seduto, su quella panca che avevo trovato al riparo di una piccola baita, perché dopo tutte quelle corse su e giù per sentieri intorno a Clavière mi faceva male il ginocchio, dove ho fatto la protesi. E me ne stavo lì, a massaggiarmi il ginocchio dolorante, quando improvvisamene vedo comparire a una certa distanza, diciamo una quindicina di metri, questo gendarme tutto bardato, Ce l’ha con me: ‘Renculez, renculez’ mi urla minaccioso mentre avanza a grandi passi.

E io che me ne sto lì seduto, che quasi non riesco ad alzarmi, con la baitina alle spalle che non mi permetterebbe di scappare neanche se volessi… non so che fare. Gli faccio il gesto che facciamo noi italiani, per dire ‘ma checcavolo vuoi da me… ma non lo vedi che sono qui seduto inoffensivo?… che hai tutto lo spazio, per andare all’inseguimento di chissacchè…’ e insomma non capisco perché ce l’ha proprio con me, ma capisco che fa sul serio.

A un certo punto lo vedo che estrae da sotto il giubbotto un candelotto, toglie la sicura, me lo lancia con forza proprio addosso. Nello spazio di un secondo il candelotto mi arriva non in testa perché riesco a scansarmi, ma contro una trave della baita, per cui rimbalza e un secondo dopo è lì tra i miei piedi a terra. E faccio giusto in tempo a dargli un calcio che whooom è esploso, odore acido di candelotto.

A quel punto il gendarme non ci vede più, e adesso avanza proprio di corsa, armato di manganello, con la chiara intenzione di colpirmi. Non so che fare, mi accorgo di un listello della panca che non è proprio fisso per cui lo afferro, mi metto in posizione di difesa, e la scena è la seguente. Io con ‘sto bastone ritto tra le mani, lui che ormai mi è proprio davanti, determinato a colpirmi in faccia… E cosa vuoi che ti dica… Mentre lui sferra il colpo e io faccio una mossa indietro per evitare che mi prenda proprio sui denti, si vede che a mia volta l’avrò colpito. Perché è anche possibile che il colpo che gli ha causato la frattura al braccio non glie l’abbia dato proprio il mio bastone, capisci?

È anche possibile che sia stato provocato dalla forza con cui intendeva colpirmi lui, e magari nella foga si è rotto il braccio da solo. E insomma è tutto da vedere, pare che abbiano trovato una ripresa video in cui la dinamica della situazione è visibile con una certa chiarezza. E del resto si suppone che anche il gendarme avesse da qualche parte la tele-camerina d’ordinanza… che cosa è veramente successo lo sapremo da quelle riprese, perché anch’io non è che ricordi proprio bene.

So solo che a un certo punto i gendarmi erano tre, uno ha tentato di inseguirmi, ho questo ricordo di me che cerco di correre giù dal sentiero, però a balzelloni, come un cane un po’ zoppo, per via del ginocchio. L’unica cosa che ricordo benissimo è quel volto chiuso dentro il casco, quando ho capito che ad attaccarmi è stato un uomo di colore. Di colore non diverso da quelli che un sacco di volte mi sono trovato ad accompagnare oltre-frontiera. Se solo potessi trovarmi a tu per tu con lui, guardarlo negli occhi e chiedergli… ma perché… Speriamo che succeda.“ 


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