Sulla battaglia di Sainte-Soline, la testimonianza di uno studente di Bologna

Daniela Bezzi

Che cosa è successo lo scorso week end in località Sainte-Soline in Francia, lo abbiamo visto tutti: anche i canali mainstream che solitamente ignorano le manifestazioni di casa nostra, non hanno potuto fare a meno di darne notizia nei termini di vera e propria battaglia tra gendarmeria e manifestanti a colpi di lacrimogeni, proiettili sparati ad altezza d’uomo, corpo a corpo tra forze dell’ordine e attivisti, moltissimi feriti (e due di loro ancora in coma, tra la vita e la morte, mentre chiudiamo queste note).

“Una mobilitazione storica, non meno di 30.000 persone” così la descrive il movimento francese Les Soulevement de la Terre sulla sua pagina Facebook. Non era la prima. Contro quel mega-bacino (uno dei tanti in Francia) in costruzione a Sainte-Soline, concepito come soluzione al problema della siccità ma dall’impatto devastante per le falde acquifere, c’era già stato un tentativo di occupazione del cantiere il 28 ottobre scorso, che il movimento aveva definito un successo in termini di tenuta contro la gendarmeria “effettivamente respinta, fila dopo fila”, come leggiamo in una brochure che è stata distribuita durante un recente incontro tenutosi a San Didero, in Val di Susa. Un “successo” che il Ministero degli Interni non aveva esitato a definire eco-terrorismo.

Tra i 30.000 manifestanti dello scorso week end c’erano anche parecchi attivisti italiani, una sessantina, partiti giovedì da Bologna e tornati ieri mattina, dopo aver fatto tappa l’altra sera in Val di Susa, ospiti del Movimento NoTav. Ed ecco la testimonianza di uno di loro, che chiameremo Andrea…


Domanda: Mi racconti come è nata questa decisione di partecipare alla protesta di Sainte-Soline?

Risposta: Tra il luglio e agosto dello scorso anno, si è rafforzata a Bologna una rete di vari comitati locali oltre a singoli individui, che ha avuto il merito di unire anche parecchi dei territori danneggiati, a partire dall’ultima risaia rimasta nella zona nord di Bologna, destinata a sparire sotto l’ennesima colata di cemento di un polo logistico (e invece è stata salvata); e poi incrociando il tracciato del Passante di Bologna, progetto ormai approvato di allargamento dell’autostrada praticamente a ridosso della città, nonostante la percentuale già altissima di polveri sottili. Fino a denunciare l’ennesimo devastante progetto d’impianto sciistico sugli Appennini, località Corno alle Scale, in omaggio all’unico modello economico ritenuto vincente che punta sul turismo invernale, benché con il cambiamento climatico sia un modello ormai morente perché c’è sempre meno neve.

Questa coalizione di istanze, dalle sigle e parole d’ordine più diverse, ha poi scelto di chiamarsi Sollevamenti della terra in marcia, sul modello del movimento Soulevement de la Terre già da tempo attivo in Francia, le cui posizioni e riflessioni ci erano sembrate interessanti per la capacità di aggregare espressioni diverse di lotte locali dentro il frame dell’esigenza di difendere concretamente i territori sotto assedio. Una pratica di ecologia quindi “riportata coi piedi sulla terra” come dicono appunto i francesi, cercando di superare quell’impostazione di confronto con le istituzioni, di un ecologismo troppo centrato sul mega problema del cambiamento climatico che solo l’accordo fra i governi potrebbe ipoteticamente risolvere.

Riportare invece il problema nel vivo delle lotte territoriali, dove il cambiamento climatico è chiaramente riconducibile all’impatto di scelte sbagliate – come appunto sta facendo questo movimento francese da due o tre anni – ci è sembrato un approccio convincente. In particolare per le mobilitazioni contro questo progetto di bacini di stoccaggio idrico, che in Francia si stanno diffondendo ovunque: sono tantissimi i progetti di cantieri, che prevedono di realizzare degli invasi, dove l’acqua verrebbe pompata fuori dalle falde acquifere in inverno, per essere riutilizzata durante i momenti di siccità.

Progetti a gestione naturalmente privata, riservati a una piccola fetta di agricoltura intensiva che i francesi chiamano agro-industria, ma destinati a danneggiare in modo irreversibile le falde acquifere, aggravando invece di risolvere il problema della siccità, con effetti di evaporazione, potenziale impoverito e inquinamento delle acque, un disastro. Operazione fortemente sostenuta dall’agro-industria che danneggia i territori, i piccoli agricoltori, e quanti sono impegnati in un altro modello possibile di agricoltura.

Su questo i compagni francesi hanno scritto molto, hanno costruito reti molto forti, sono riusciti a coinvolgere attori e territori diversi, a partire anche da quell’esperienza di resistenza che era stata la ZAD, con l’opposizione vincente al progetto di aeroporto di Notre-Dame-des-Landes. E appunto nell’autunno scorso a Sainte-Soline, c’era stata una mobilitazione di ca 8000 persone che era riuscita a occupare il cantiere di uno dei più importanti progetti di mega-bacino. Si erano verificate anche varie azioni di sabotaggio, sulle tubature, sulle strutture già realizzate sotto i bacini, con l’obiettivo di compromettere l’operatività di questi invasi considerati non solo un’aggressione dei territori sul lungo termine, ma un’aggressione al modello di agricoltura finora praticato, che per i francesi è un valore da difendere.

Per questo, quando qualche mese fa abbiamo saputo che Soulevement de la Terre stava girando l’Europa in tournèe internazionale, non abbiamo esitato ad invitarli alla Casa del Popolo di Ponticelli, un po’ a nord di Bologna, dove le campagne agricole sono ormai quasi scomparse, soffocate dal cemento. È in quell’occasione che abbiamo saputo di questa mobilitazione in programma a Sainte-Soline, alla quale abbiamo deciso di aderire.

D – A mobilitazione avvenuta, qual è il bilancio?

R – Diciamo che si è vinta la scommessa sul numero dei partecipanti, che ha superato ogni aspettativa: c’è chi dice 25 mila, forse 30 mila, un numero comunque enorme che si è riversato nelle campagne del Poitou, regione umida, molto bella, investita da decine di progetti di mega bacini di stoccaggio idrico – e che non a caso ha visto partecipi non solo i militanti di Soulevement de la Terre, ma anche moltissimi contadini, a un certo punto c’è stato l’arrivo di un convoglio di trattori, un momento epico, salutato con grande partecipazione dalla popolazione locale.

Il non secondario obiettivo era occupare di nuovo il cantiere del bacino, e ahimè non ci siamo riusciti. Abbiamo assistito a un tale dispiegamento di violenza da parte delle FFOO francesi, una tale prova di forza da parte dello stato francese, che ha pochi precedenti. Il governo francese ha voluto chiaramente lanciare un segnale al più ampio movimento di protesta che da settimane sta mettendo a ferro e fuoco la Francia sul fronte delle pensioni, accanendosi contro i movimenti ecologisti a costo di sfiorare la tragedia: quello che abbiamo visto è stato veramente impressionante, un attacco senza esclusione di colpi contro chiunque, una situazione allucinante.

Foto Soulevements de la terre

Si è deciso insomma di colpire gli ecologisti per mandare un messaggio a tutti quelli che si stanno mobilitando contro le politiche del governo, contro l’innalzamento dell’età pensionabile, contro il modello di liberismo sfrenato e predatorio incarnato da Macron.

(…) Sicuramente il ricorso all’articolo 49.3 è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma in generale non possiamo fare a meno di riconoscere la straordinaria capacità di mobilitazione che in Francia ha visto l’insorgenza di così tanti movimenti e persone, giovani e meno giovani, disposte a mobilitarsi con i loro corpi, sia contro progetti dannosi per l’ambiente che per la riforma delle pensioni, e il governo francese è evidentemente determinato a dare una risposta molto forte anche su questo fronte, sta cercando di spaventare, sostanzialmente sta dicendo che ha deciso di entrare in guerra con la popolazione.

Questa è la mia lettura circa gli scontri dello scorso week end a Sainte-Soline: nell’estrema violenza dispiegata contro gli attivisti di Soulevements de la Terre, della Confédération Paysanne o del collettivo Bassines No Merci, c’è una chiara promessa di repressione verso tutte quelle realtà e persone organizzate che hanno dimostrato una forte capacità di tenuta, e che settimana dopo settimana continuano a essere in piazza. Sempre nuovi segmenti di popolazione che si mobilitano, che solidarizzano fra di loro, che si coordinano negli interventi sui vari fronti di lotta e che appunto non si limitano alla protesta per l’innalzamento dell’età pensionabile, ma allargano lo sguardo a quello scempio ambientale che  sono questi bacini con cui il governo sta depredando anche le risorse idriche.

Difficile dire come evolverà la situazione, quale risposta sarà possibile dare a questo dispiegamento di violenza del potere – e come proseguire nelle mobilitazioni. L’esperienza che abbiamo vissuto è stata emotivamente molto forte ma ci ha anche lasciato l’impressione di un movimento forte e reale, che è disposto a rispondere a questo governo, nelle città e nelle campagne, e a mobilitare la propria intelligenza per difendersi dalla violenza assassina di chi è al potere.

Foto Soulevements de la terre


 

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