Cosa sta succedendo in Valsusa? La parola ai tecnici: Luca Giunti e Alberto Poggio

Daniela Bezzi

Una sintesi dell’incontro tenutosi a Palazzo Nuovo il 19 maggio 2021

Si è svolto ieri, 19 maggio, nella sede di UniTO a Palazzo Nuovo, il secondo incontro sul controverso progetto Torino-Lione, “Cosa sta succedendo in Valsusa? La parola ai tecnici: Luca Giunti e Alberto Poggio” organizzato dal Comitato Giovani NoTAV, insieme a Collettivo Universitario Autonomo (Torino), Si Studenti Indipendenti, Ecologia Politica Torino, Beagle/Collettivo di Biologia e Scienze Naturali, Cambiare Rotta Torino/Noi Restiamo, Fridays For Future Val Susa.

Invitati a parlare due membri della Commissione Tecnica formalmente istituita qualche anno fa dall’Unione Montana: il Guardia Parchi (in effetti molto di più) Luca Giunti e Alberto Poggio (ingegnere e ricercatore universitari)). In focus, le molte criticità riscontrate nel corso del tempo sia sul fronte dei costi, parecchio superiori alle iniziali stime; che sul fronte dell’impatto ambientale, scarsamente rilevante quando l’Opera venne concepita 30 anni fa, ma di assoluta priorità oggi.

Un’elaborazione che la popolazione della Val Susa ha collettivamente inaugurato fin da subito, come presa di coscienza dal basso, che si è via via affinata come ricerca vera e propria, con il contributo di professori e specialisti impegnati in un lavoro di squadra quanto mai ‘in pubblico’, in costante relazione con le comunità della Val Susa. Un’occasione quindi di crescita sicuramente qualificante per il Movimento NoTav.    

Cosa sta succedendo in Valsusa

Dopo la breve introduzione di una rappresentante del Comitato Giovani Val Susa, ha preso la parola Alberto Poggio, sullo sfondo di una slide che illustrava la già da tempo funzionante linea ad Alta Velocità sul tratto Torino-Bardonecchia “sul tracciato e per il tunnel che già esiste. Il fratello più anziano del progetto è il TGV che tre volte al giorno in un senso e altrettante volte nel senso opposto percorre la linea esistente da Parigi fino a Milano fornendo un servizio che a tutti gli effetti viaggia in Alta Velocità. Questo per dire delle tratte che esistono già”. Opera complessa, oggetto di numerose revisioni, la più Grande Opera pubblica a livello anche europeo di cui Poggio ha sottolineato l’obiettiva difficoltà di comprensione, a livello sia nazionale che internazionale. “Non a caso abbiamo prodotto migliaia di pagine di osservazioni tecniche su ciascuna versione del progetto nell’arco di 15 anni.”

Con l’ausilio di varie slides ha poi riepilogato le caratteristiche del progetto: un’opera di nuova linea ferroviaria di 270 km, che dovrebbe sostituire quelle già esistenti, suddivisa in tre tronconi, benché nel 99% dei casi ci si riferisce al solo tratto centrale, ovvero al tunnel di base che da Bussoleno a Saint-Jean-de-Maurienne attraversa il confine. “Ma questo è solo un pezzo, 65 km in tutto” ha fatto notare Alberto Poggio “rispetto alla linea che da Torino a Lione totalizzerà 200 km, e prevede un tratto al di qua delle Alpi di pertinenza italiana, il tratto al di là di pertinenza francese e una sezione per l’appunto centrale, ovvero transfrontaliera, che a tutt’oggi è l’unica a godere di un progetto e un costo verificato di 9.62 miliardi – alla data del 2012, cifra che non prevede tutti i lavori preliminari, e suscettibile di aggiornamenti.”

Poggio ha poi preso in esame il cronoprogramma previsto per questo tratto di linea transfrontaliera. Definito nel 2017 dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, recentemente rinominato CIPESS per segnalare la vocazione di Sviluppo Sostenibile), retrodatando la partenza del progetto al 2014 (includendo cioè quella parte di attività considerate ‘già svolte’, per esempio sul fronte degli espropri, ma a tutti gli effetti risibili), questo cronoprogramma segnala solo l’inizio delle gare di appalto (11 marzo 2019), che però non si sono concluse. “E siamo nel 2021: a 4 anni dall’Ok del 2017 i lavori veri e propri non sono iniziati.

Per cui la data di messa in funzione del tunnel di base, che era prevista per il 1 gennaio 2030, non potrà essere rispettata. Come ha ammesso la stessa Ministra alle Infrastrutture e Trasporti (durante il Governo Conte, ndr) Paola De Micheli, in quel confronto ‘a distanza’ alla Camera, il 21 dicembre scorso, dove appunto dice: sì è vero… dovremo rimandare al 2032…”

Ritardo destinato ad aumentare, perché il progetto Torino/Lione non si limita al tratto transfrontaliero, e perché in ogni suo tratto dipende dai finanziamenti che l’UE deciderà di stanziare “sulla base di un orientamento espresso anni fa: di ridurre le barriere, promuovere la circolazione di idee, merci, persone, favorire l’integrazione etc , a patto che i lavori fossero finito entro il 2030… e questo non sarà possibile.”

E quindi, riepilogando: cronoprogramma solo in parte definito, fondi non ancora stanziati, progetto in fase di ripensamento in quanto le priorità originarie non sono più percepite come tali alla data di oggi: “conclusioni che potrebbero venir interpretate come un parto di parte, di una Commissione Tecnicadeterminata a minare le magnifiche sorti progressive della Torino/Lione. Senonchè alle stesse conclusioni è arrivata la Corte dei Conti Europea, massimo organo di analisi indipendente e autorevole a livello europeo.”

Responsabile di monitorare in che modo vengono spesi i fondi europei, la CdC UE ha analizzato 8 mega-progetti tra cui la Torino/Lione, il più importante tra tutti, e nel luglio scorso ha pubblicato un rapporto che descrive il progetto come già vecchio e sostanzialmente insostenibile. “Vecchio non solo rispetto al cronoprogramma che abbiamo illustrato, ma rispetto all’idea iniziale che risale al 1990, oggetto di un vertice Italia/Francia che prevedeva di iniziare i lavori nel 2008 e completarli nel 2015. La partenza risulta ora post-datata al 2015,  il completamento è previsto (forse) nel 2030: con i 15 anni di ritardo già accumulati, è la stessa Corte di Conti a mettere in dubbio questa data.”

Poggio è poi passato a descrivere l’effettivo avanzamento dei lavori, facendo notare come ogni volta che si parla di Torino/Lione, si dà per scontato un tale avanzamento che ormai “utile o non utile, bisogna andare avanti.” In realtà il 95% dei lavori non sono ancora stati realizzati, e su parecchie tranches mancano persino le autorizzazioni.

“L’unica autorizzazione esistente a tutt’oggi è un provvedimento del Governo di quattro anni fa che garantisce il finanziamento per metà del tunnel. Proviamo a visualizzarlo questo tunnel e relativi lavori: suddivisi in cinque ripartizioni, distribuite geograficamente e operativamente in maniera complessa, alcuni interventi sono all’interno del tunnel altri all’aperto, sia in Italia che in Francia, e solo 2 su 5 risultano autorizzati e finanziati, ovvero per meno della metà del tratto transfrontaliero, mentre per gli altri 3 ci sono dichiarazioni di impegno ma non i finanziamenti. A tutt’oggi quindi chi vuole far partire quest’opera non sa se sarà in grado di finirla. Non c’è alcuna garanzia se non una Dichiarazione di Intenti da parte del Parlamento.”

Poggio ha poi illustrato la previsione dei lavori e relativi finanziamenti degli altri due tronconi della Torino/Lione, al di qua e al di là del tunnel sotto le Alpi. Per la parte italiana si arriverebbe a quasi 5 miliardi, benché manchino all’appello due miliardi relativamente alla frammentazione progettuale che per alcuni tratti potrebbe oppure no utilizzare la linea esistente – e già questa infinita revisione finalizzata a ridurre il costo complessivo, costa non poco, in ritardi e consulenze. Quanto alla Francia, la spesa prevista sarebbe di 11 miliardi, essendoci ben tre gallerie per complessivi 60 km. Quanto al tunnel di base i costi risultano non equamente divisi tra Italia e Francia: benché per 4/5 in territorio francese, all’Italia spetterebbe il 58% del costo.

Stanziamenti ufficiali dell’EU fino ad oggi: ZERO, perché la domanda di finanziamento non è stata neppure presentata, in assenza del Bando che verrà pubblicato solo quando verrà definito il Regolamento che è ancora in discussione. Unica certezza: la cifra che UE ha a disposizione per progetti di questo tipo, 5 miliardi, che però dovranno essere ripartiti, impensabile che siano destinati ad un unico progetto. Infine per quanto riguarda il versante francese, sappiamo solo che gli stanziamenti vengono decisi anno per anno, l’ultimo ammonta a ca 800 milioni a copertura di spese su lavori preliminari – ma lo stesso sito del Ministero per la Transizione Ecologica francese, al capitolo Grands Projects etc dice (in  data 2013 e 2017) che sulla Torino/Lione il Governo non si pronuncerà prima del 2038, ritenendo sufficienti le linee esistenti.

“Per cui quando avremo traforato le Alpi per 57 km con tutti i costi e gli impatti ambientali accumulati, in Francia troveremo quello che c’era prima e tale resterà per decenni” ha concluso Poggio. Ed è in questo quadro di incertezze sia progettuali che di finanziamento che l’Italia persiste nel perseguire in questa Grande Opera di cui allo stato attuale è il maggior partner finanziatore, diversamente dalla Francia.

Infine circa il tratto sul versante italiano: cosa sappiamo? Sappiamo che successivamente ai fatti del 2005 il tunnel di base sbucherà a Susa, ma l’ipotesi di proseguire via Avigliana, con scalo a Orbassano, Rivalta, etc è stata accantonata nel 2015 perché troppo costosi, oltre 4 mld. Una nuova proposta avanzata da Graziano Del Rio (Gov Renzi) prevedeva di mantenere vari tratti della linea esistente benché obsoleta, e di aggirare Torino in direzione est (“perché non dimentichiamoci che nelle ambizioni iniziali la destinazione finale era Kiev!”), mentre le ultime notizie segnalano una direzione-sud, verso il Porto di Genova, il che renderà necessario impattare su Torino, e non aggirando la città ma in pieno centro! Un progetto insomma enormemente invasivo non solo per la Val Susa, anche per la città di Torino, ed enormemente costoso considerando i ben più necessari impieghi che sarebbero necessari per una Transizione Energetica degna di questo nome.

Cosa sta succedendo in Valsusa

Ha preso poi la parola Luca Giunti, che riprendendo molte argomentazioni già sviluppate da Alberto Poggio ha sinteticamente bocciato il progetto Torino/Lione in quanto opera costosissima, sbagliata e inutile.

Costosissima già nel 2012 quando la previsione di spesa superava i 26 mld. Oggi siamo arrivati a 30 mld e sono tutti soldi pubblici. Sbagliata non solo dal punto di vista finanziario, ma anche progettuale. “Vivo in Val Susa da oltre 30 anni” ha detto Giunti “e non è pensabile che da 30 anni l’unico progetto di sviluppo immaginabile per l’Italia, per il Piemonte, per la valle in cui vivo sia la Torino/Lione!

Da notare: quando venne pensata non c’era Internet, non c’erano i cellulari, non c’erano i voli low cost, non a caso il progetto iniziale era per il traffico-passeggeri, che adesso fanno prima con l’aereo, che 30 anni fa costava parecchio ma non più adesso! Perciò il progetto ha cercato una qualche convenienza sul fronte del trasporto-merci, ma i dati parlano chiaro: rispetto alle 20 tonnellate di merci che il progetto intendeva togliere dalla strada e mettere su rotaie anni fa, le merci effettivamente in transito sono in decrescita da anni, e sono anni che lo ripetiamo! La stessa CdC Europea scrive nero su bianco che i dati sono stati falsificati!”

Luca Giunti ha poi sottolineato le indubbie criticità del progetto sul fronte degli impatti ambientali, che potevano risultare trascurabili qualche decennio fa ma non più oggi, in vista della scadenza del 2030 “che è vincolante per la diminuzione delle emissioni di carbonio, mentre la previsione per quanto riguarda i soli lavori di scavo nell’arco di vari anni si quantifica nell’ordine di 10 milioni di tonnellate di Co2, sicuramente per difetto! E infatti la CdC UE ha prevista possibili compensazioni non prima del 2055 o addirittura nel 2080! Chiaramente quando l’opera venne pensata alla fine dello scorso millennio, ma persino fino a pochi anni fa, la questione climatica non era prioritaria, mentre adesso lo è, e lo è non solo a livello di opinione ma di veri e proprio vincoli, inderogabili per il Parlamento Europeo.”

Giunti ha concluso passando in rassegna vari aspetti ulteriormente aggravanti: per esempio la presenza dei forti venti, che impattano da sempre su Torino, che si troverebbe a ricevere una quantità enorme di polveri sottili e in gran parte altamente nocive, data l’accertata presenza di amianto e uranio nelle terre e rocce che verrebbero estratte da quasi 60 km di scavo e variamente depositate in non si sa quante aree di deposito, considerando la quantità di cantieri previsti simultaneamente sia in alta che bassa valle.

“Non sto parlando di ostacoli in senso assoluto, sono un tecnico, una quota di impatto ambientale è accettabile se è dimostrabile il vantaggio sul lungo termine, cosa che la Torino/Lione non è in grado di dimostrare! Gli stessi proponenti prevedono un’incidenza epidemiologica, in termini di affezioni cardio-respiratorie per soggetti già a rischio, dell’ordine del 10-15 %, in barba a qualsiasi Principio di Precauzione, che ha valore giuridico ed è molto presente nelle considerazioni dell’UE.”

Altra criticità: l’impatto sul patrimonio naturalistico esistente, come dimostra il caso della famosa farfalla Zerynthia.

Cosa sta succedendo in Valsusa

“Da una parte la società proponente mette in campo un esercito di ricercatori, a supporto di un progetto di preservazione di una specie definita ‘protetta’ e che quindi bisogna proteggere, mentre dall’altra distrugge l’ecosistema dalla quale la farfalla dipende… Ed ecco che la farfalla diventa il doppio simbolo di una Guerra di Mondi, da una parte c’è quello che cerca di difendere la natura nel suo equilibro, nei suoi indubbi diritti – che si scontra con questa concezione della scienza gestionale, compilatoria, che non si pone domande, non vuole saperne nulla dei territori, non si mette in relazione con chi li abita.”

Altro esempio di questa inconciliabilità sul fronte del patrimonio acquifero: mentre la società proponente si è limitata a incaricare una squadra di tecnici per mappare le varie sorgenti, il Movimento ha messo in campo coloro che il territorio lo vivono da sempre, contadini, pastori, volontari, studenti, cittadini che le valli le percorrono da quando erano bambini, un esercito di saperi “e un sapere che non si ferma ai dati, non si chiude, anzi si arricchisce, perdura nel tempo. E ci porta a concludere che le Grandi Opere sono Inutili e Dannose.”

A conclusione degli interventi il Comitato Giovani NoTav, a nome degli altri Collettivi, ha ribadito la denuncia dei vari progetti di ricerca finanziati dalla TELT presso vari Dipartimenti Universitari di Torino; e ha annunciato l’appuntamento successivo, sul tema Repressione e Giustizia a Doppia Velocità, mercoledì 25 maggio, sempre alle h 17, davanti all’Aula C1 del CLE.

In chiusura di Assemblea è stato proiettato un documentario girato durante la scorsa estate al presidio del Mulini, di cui presentiamo qui un frammento, seguito da alcune immagini dei lavori di recupero a cura del movimento.

http://www.youtube.com/watch?v=4xpvqRCDPw0


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