La Rete internazionale dei Musei per la Pace prepara la sua 10a Conferenza internazionale

Angela Dogliotti

La Rete internazionale dei Musei per la Pace (International Network of Museums for Peace) terrà la sua decima Conferenza internazionale online in settembre, causa emergenza sanitaria, ma dal 3 al 7 agosto ha organizzato 4 webinar sessions come parte integrante dell’evento (saranno disponibili online dal 16 settembre).

L’INMP è nato nel 1992 a Bradford, UK, raccoglie 125 istituzioni museali e dal 2014 ha lo status consultivo presso l’Economic and Social Council dell’ONU (ECOSOC). Dal 2018 ha sede presso il Kyoto Museum for World Peace dell’Università Ritsumeikan di Kyoto.

La Rete internazionale dei Musei per la Pace

Il primo webinar, del 3 agosto, aveva come titolo Discussing the Past, Present and Future of Hiroshima nel settantacinquesimo anniversario della bomba. Ha visto la partecipazione dell’ex sindaco di Hiroshima, Tadatoshi Akibe, da tempo impegnato per l’eliminazione degli armamenti nucleari, di un sopravvissuto, di Erina Matsumoto (No more Hibakusha Center for the Preservation of the Legacy of Memory) e di Roy Tamashiro, autorevole prof. dell’Università di Webster, impegnato nella Rete dei Musei per la Pace.

Il secondo webinar, del 4 agosto, aveva come obiettivo quello di mettere a confronto curatori e direttori dei Musei per pace di tutto il mondo, per approfondire il ruolo di tale istituzione nel prossimo futuro. Si sono confrontati direttori con esperienze diverse, che hanno permesso di mettere in evidenza temi importanti quali il ruolo dei piccoli musei nella costruzione di una memoria degli oppressi e dei marginali; il ruolo dell’arte nella ricostruzione di una società dopo esperienze traumatiche come quella cambogiana; la necessità di far emergere le memorie nascoste come quelle degli Himeyuri Student Corps durante la guerra e di tentare risposte alla domanda: come possono i Musei per la Pace promuovere un impegno sociale, stimolare il pensiero critico e la partecipazione,  per  una cultura di pace e nonviolenza? Clive Barrett, direttore del Museo di Bradford, ha sottolineato l’importanza del passaggio di testimone tra le generazioni, e della costruzione di una memoria non nazionalista ma “countercultural”, per lo sviluppo di una nuova cultura di pace positiva, dei costruttori di pace, di chi lavora per la trasformazione costruttiva dei conflitti, nei processi di riconciliazione e di peace building nel mondo.

Il terzo webinar, del 5 agosto, aveva come tema Messaggi ai Musei per la pace da giovani peacebuilders di tutto il mondo. La moderatrice, Kya Kim, ha ricordato i 6 milioni di giovani che si sono mobilitati nella Marcia Globale per il clima lo scorso anno e i tanti che si sono impegnati nel movimento Black Lives Matter nel pieno della pandemia: essi chiedono di essere ascoltati e c’è grande necessità del dialogo interculturale e intergenerazionale per la costruzione della pace. Sono intervenuti un giovane Masai, che ha scoperto l’eredità di pace del suo popolo grazie all’Osotua Maasai Peace Museum, una giovane vietnamita che ha parlato di un Bamboo Ecopark nel quale è impegnata per uno sviluppo sostenibile, due giovani di origine siriano-palestinese, che dalla loro esperienza di profughe hanno sottolineato l’importanza di comprendere come nascono e si sviluppano i conflitti, quali sono i meccanismi che portano a vedere l’altro come nemico da eliminare e come sia importante, invece, aiutare i giovani a trovare da sé pacifiche soluzioni nei conflitti. In generale, i musei per la pace sono visti come luoghi in cui i giovani possano confrontarsi e condividere le proprie idee e aspettative anche attraverso l’arte ed essere dunque degli antidoti ai risorgenti nazionalismi,  all’antisemitismo, all’islamofobia e alle diverse forme di discriminazione e di razzismo.

Il quarto webinar, del 7 agosto, aveva come tema Genere e diritti umani e intendeva analizzare le relazioni tra stato e società civile nella ricerca di riparazione per le vittime, affrontando in particolare il caso delle schiave sessuali dell’esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale. Mina Watanabe, del Women’s Active Museum on War and Peace, aperto nel 2005 per desiderio di Yayori Matsui, protagonista dell’International Women’s War Crimes Tribunal (Tokyo, 2000) istituito per perseguire la pratica della schiavitù sessuale nell’esercito giapponese, ha parlato del proprio lavoro con le sopravvissute e di come i musei per la pace possano essere un importante punto di riferimento dando voce alle sofferenze delle donne di tutti i paesi dove si è presentato il fenomeno. Christine Chinkin ha sottolineato come il Tribunale delle donne avesse riconosciuto il legame tra pace e giustizia di genere e avesse denunciato che i trattati di pace con il Giappone non avessero dato voce alle donne vittime di schiavitù sessuale e di come tale cecità abbia contribuito a mantenere una cultura di impunità per i crimini perpetrati contro le donne durante le guerre. Tale denuncia è stata ribadita anche dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la Risoluzione 1325 su Donne, Pace e Sicurezza nell’ottobre 2000, poche settimane prima del Tribunale. Tuttavia, a distanza di vent’anni dal pronunciamento del Tribunale e dalla Risoluzione ONU tale visione trasformativa resta in gran parte da realizzare. Per questo è importante la raccolta delle testimonianze delle donne e nel ventesimo anniversario del Tribunale sarà creato un archivio delle memorie delle “comfort women” per salvaguardare la loro voce.

Questa breve rassegna dei temi trattati nei 4 webinar può dare un’idea di come i Musei per la Pace possano svolgere un importante ruolo di public history facendo emergere temi nascosti e soggetti la cui voce difficilmente emerge nelle narrazioni ufficiali. Sarebbe ora che anche in Italia si desse spazio a queste esperienze. Un primo nucleo di Museo per la Pace è sorto a Collegno, ma è uno spazio che andrebbe ripreso, ampliato e promosso attraverso una fattiva collaborazione tra società civile, associazioni impegnate nella ricerca e nell’azione per la pace e istituzioni del territorio sensibili e attente a questi temi.

2 commenti
  1. vittorio pallotti
    vittorio pallotti dice:

    Grazie, cara Angela, per questo articolo che ho letto con grande interesse, seguendo da oltre 20 anni, come sai, l'attività della Rete internazionale dei Musei per la Pace per conto del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale, membro della Rete dal 2002.
    Vittorio Pallotti

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    • angela dogliotti
      angela dogliotti dice:

      grazie a te Vittorio, che hai ricordato il Centro di Documentazione del manifesto Pacifista Internazionale, che in Italia è certamente un'esperienza pilota nella costruzione di Musei per la Pace.

      Rispondi

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