Plastica al bando come i CFC (CloroFluoroCarburi)
Finalmente! Un gruppo di esperti in ecologia alla University of California Davis propone di annoverare la plastica fra i rifiuti tossici, così non solo si potrebbe prevenirne un ulteriore accumulo, ma si stimolerebbe la ricerca a trovare materiali più sicuri. Questo studio/proposta (che qualcuno già chiama «shock!»…?) è stato pubblicato dalla rivista «Nature» e riporta dati allarmanti: «si prevede che entro il 2050 accumuleremo una quantità di plastica così grande (le stime parlano di 33 miliardi di tonnellate) che i camion per contenerla, se posti in fila, farebbero 800 volte il giro del Pianeta. Solo l’anno scorso abbiamo prodotto a livello globale 280 milioni di tonnellate di materiali plastici e di questi meno della metà sono stati raccolti in discariche o riciclati.
Al momento dunque oltre 150 milioni di tonnellate di rifiuti plastici sono ancora intatti. Una parte è certamente ancora in uso, un’altra parte invece è disseminata senza controllo in giro per il mondo. Il suo destino, molto probabilmente, sarà quello di inquinare i terreni e le acque nonché interferire con la vita della nostra fauna. Non è certo una novità che i rifiuti plastici, se non gestiti correttamente, possano diventare fonte di pericolo per la salute degli animali, che finiscono soffocati, incastrati, feriti anche solo per colpa di semplici buste della spesa o bottiglie. […] sono fortemente coinvolte in questo problema il 21% delle specie di uccelli marini, il 45% delle specie di mammiferi marini e tutte le specie di tartarughe di mare.
Gli oggetti in plastica però nascondono anche un altro lato oscuro: la tossicità. Si sminuzzano in pezzi sempre più piccoli, entrano nella catena alimentare e lì possono esercitare un effetto velenoso. […] Lo hanno dimostrato studi compiuti sui molluschi, dove microparticelle di plastica sono state rintracciate a livello circolatorio, sugli insetti, ma anche sugli esseri umani, al vertice della piramide alimentare, dove la contaminazione avviene sia per ingestione che respirando aria in cui le particelle plastiche sono disperse. […] È quindi necessario, secondo gli autori, che le sfide della ricerca scientifica insistano per comprendere gli effetti dei rifiuti plastici sull’ambiente e sugli animali, ma anche e soprattutto nell’elaborazione di materiali nuovi, più sicuri ed ecologici. La leva per incentivare lo sviluppo di materiali a minor impatto ambientale sarebbe, sempre secondo gli autori, inserire le plastiche che non possono essere riciclate, assieme a quelle che contengono sostanze potenzialmente dannose, tra i rifiuti pericolosi. […] l’invito, rivolto in particolare ai maggiori produttori di rifiuti plastici (Stati Uniti, Europa e Cina), è di rendere più rigide le regole sulla loro gestione. Nel fare la loro proposta, gli scienziati si appellano agli esempi vincenti del passato. Primo tra tutti, il caso dei Cfc, la cui produzione è cessata nell’arco di appena sette anni dalla condanna che li ha classificati come sostanze pericolose per la salute».
Noi, sempre noi! Ci siamo anche noi in Europa, tutti noi, anche tu che stai leggendo: hai una bottiglietta di plastica sulla scrivania? Hai bevuto il caffè alla macchinetta, hai mescolato lo zucchero (!) con la palettina d plastica? Ecco fatto, siamo noi quelli a cui si rivolgono gli scienziati californiani. E allora, come sempre propongono queste «Pillole», facciamo qualcosa subito, subito dopo aver finito di leggere: smettiamo di bere l’acqua in bottiglia, portiamoci una tazzina e un cucchiaino da casa! L’azione può espandersi all’infinito (ricordo la prima volta in cu ho sentito dire di non dare giocattoli di plastica all’allora piccolo mio figlio. Era stata la maestra dell’asilo steineriano che frequentava, e lì – oltretutto – c’era una bellissima spiegazione al divieto: «La plastica è “fredda” e poco stimolante per il tatto del bambino» (che si andava formando, e aveva bisogno di molteplici sensazioni e non di una sola, sempre quella, fornita dalla superficie liscia e fredda della plastica). Mi era sembrato ovvio, e mio figlio ha giocato con pigne, pezzetti di legno, conchiglie, sassi, lembi di lana, animali intagliati nel legno, costruzioni di legno (e non il Lego, almeno fino ai 7 anni). Questo racconto solo per far pensare a qualcosa di poetico nel rifuto della plastica, perché altrimenti già li sento i commenti: «Ma è così comoda», eccola lì l’odiosa parola, quella che di solito (se non sempre) ci fa fare scelte sbagliate: il fazzoletto di carta è comodo, le stoviglie di plastica sono comode, il telefonino è comodo, i surgelati sono comodi, il cibo-spazzatura è comodo, i tessuti sintetici sono comodi (non si stirano, asciugano in fretta, sono leggeri), il treno ad alta velocità è comodo…
Dunque, mentre aspettiamo gli elefantiaci tempi legislativi, accogliamo i dati forniti dagli scienziati californiani che ci informano che se continuiamo a usare la plastica come stiamo facendo fra pochi decenni ciascuno di noi abitanti del pianeta Terra, avrà intorno a sé 5 tonnellate di plastica (33 miliardi di tonnellate stimate nel 2050, divise per 7 miliardi che siamo fa circa 5, no?), ma ciò che è peggio la plastica inquina, avvelena e uccide anche chi non la produce, né la usa, né la smaltisce, né la ricicla, né la butta nell’ambiente: gli animali, le piante, l’acqua, l’aria… nessuna delle azioni elencate vanno bene (produrre, usare, smaltire, riciclare, buttare). C’è solo un verbo da coniugare con la plastica: bandire (la plastica dalle nostre vite). Un passo alla volta, cominciando da quello più facile, senza giustificarci perché poi «lo metto nella differenziata» e «il pile è così comodo!» (spero che non ci sia più nessuno che non sappia di che cosa è fatto il pile…)
Fonte: un articolo (le parti fra «») di Alice Pace tratto da www.agoravox.it
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