Lampedusa

Gianni D'Elia

A Lampedusa le onde parlano

particolarmente

accarezzano i bordi delle azzurre e piatte calette

schiaffeggiano le alte scogliere

mormorano, urlano, gorgheggiano

avanzano a volte timide

altre volte sfrontate

mai uguali…

Le onde parlano

ci dicono di uomini, donne e bambini

che ci provano

solcando il mare per altri orizzonti.

Senti le onde

raccontano di miseria lasciata e spesso, ritrovata

di fortuna, di speranza, di addii, di lacrime, di freddo, di libertà…

Le onde a Lampedusa parlano di morte e vite spezzate

trovate a pelo d’acqua, o come la scorsa notte, soffocate nel buio di una stiva.

Che ci facciamo qui?

Piccola e struggente isola

tra l’Africa e l’Europa

approdo incerto

in cui l’umanità sembra arrendersi.

Che ci facciamo qui?

Dolce isola zeppa di militari e forze dell’ordine

come in Valsusa

sempre a difendere lo stesso ordine

dappertutto

l’ordine dei privilegi da tutelare e delle diseguaglianze da mantenere.

Non si deve vedere

lo spettacolo per i turisti deve continuare

salvo eccezioni

create volutamente dallo Stato come nello scorso febbraio e marzo

a dispetto e malgrado i lampedusani.

Le onde portano

lo Stato respinge

o raccoglie e rinchiude

i grandi in una prigione

i piccoli in un’altra, laggiù a nord dell’isola.

L’isola deve essere una frontiera, una barriera, un confine, una galera…

non un ponte, una porta, un passaggio.

Poveri noi

che non lasciamo spazio all’umanità dolente

che non lasciamo navigare libera la speranza

che non vediamo i limpidi fondali dei diritti

lì in fondo sulla sabbia dove puoi vedere scarpette o giubbotti naufraghi.

Le onde parlano, anche qui

e non le puoi fermare

circoscrivere o rinchiudere

le onde vanno e vengono

ogni giorno accompagnate dal proprio vento.

Lontano è il sole

dietro l’ultimo scoglio visibile dell’isola

decide di volgere al termine un altro giorno;

solo pietre e rocce intorno

e scampoli di cespugli verdi e verde-viola

impossibili tra quelle pietre

si fanno spazio

centinaia di cavallette in un tripudio di salti tra i finocchietti

cipolloni e cardi secchi aspettano tempi migliori per rifiorire;

dalla prigione lassù si alza alta una mano di un ragazzo a salutare…

arrivederci in qualche strada di Torino, Milano, Parigi o Stoccolma

ovunque ragazzo, tu voglia vivere

nonostante tutto.

 

Gianni D’Elia

 

Lampedusa, 1 agosto 2011

 

 

 

iovadoalampedusa.com

askavusa.blogspot.com

lampedusainfestival.com

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.