Sicurezza e felicità

Rita Vittori

Abbiamo visto come una “società liquida” implichi anche un alto grado di tolleranza dell’incertezza. Le cose mutano velocemente, il contesto sociale assomiglia a un grande supermercato dove vengono offerte molteplici possibilità per l’individuo, che si affanna ad afferrarle il più possibile per sentire di avere una vita piena e ricca. Ma un alto grado di incertezza si trasforma in un senso di insicurezza, creando le condizioni affinché molte persone vivano in uno stato di perenne ansia. La tesi secondo la quale l’avvento della modernità avrebbe portato alla nascita di un ordine sociale più felice e sicuro è oggi scossa dalla percezione di vivere in un mondo denso di pericoli. Inoltre processi di trasformazione economici e sociali, generano in tutti noi uno stato di continua e profonda insicurezza ontologica e di paura. Non a caso l’uso di psicofarmaci per contrastare ansia e depressione hanno avuto negli ultimi anni una grossa impennata, anche nei giovani e bambini. Molte ricerche hanno messo in evidenza che i cittadini abbiano una percezione distorta rispetto alla “sicurezza” dei contesti urbani: il timore di cadere vittime di attentati o violenze è molto più alto rispetto al numero effettivo di casi.

L’aumento del senso di paura

Quando l’incertezza diventa senso di insicurezza rispetto alla propria incolumità fisica o al futuro è facile, ci insegna Melanie Klein, che si attivino nella psiche individuale una serie di meccanismi di difesa appartenenti alle prime fasi di sviluppo psichico. In altre parole, in un contesto percepito fortemente pieno di “pericoli”, la mente tende a regredire a stadi più infantili: l’età cronologica non è un riparo contro queste dinamiche.

Una delle prime forme di difesa è la scissione tra buoni e cattivi. Immediatamente si va alla ricerca di chi è “pericoloso” per potersene difendere e attribuire a questa figura la colpa di tutti i sentimenti aggressivi provati a causa del senso di insicurezza. A livello sociale si cominciano ad alimentare attraverso i mass media alcuni “capri espiatori”, utilizzati normalmente dal potere vigente per deviare l’attenzione dai veri problemi sociali. I mass media oggi fanno da cassa di risonanza della paura diffusa legata alla possibile perdita del posto di lavoro, ma deviano e creano figure sociali a cui si attribuisce tale colpa: oggi sono i Rom, i lavoratori stranieri, gli omosessuali, i senza fissa dimora ad assurgere a vittime sacrificali di una trasformazione economica che vuole operare indisturbata. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una serie di figure momentaneamente alla ribalta: i pedofili, le insegnanti accusate di abusi. Ovviamente in un momento in cui si affacciavano le possibili collusioni tra mafia e politica, un uso ad personam del potere politico ecc. un modo come un altro, ma antico e stranamente sempre efficace.

Quindi, seguendo questo “scissione ” i buoni siamo Noi Italiani, i cattivi Loro, i Clandestini ormai criminalizzati. La storia si ripete, senza che la memoria collettiva faccia tesoro dei passati errori e noi stiamo a guardare. Sono loro i veri colpevoli della carenza dei posti di lavoro, è la loro presenza ad alimentare la criminalità nelle nostre città. A scuola sono di nuovo Loro, gli alunni stranieri, a creare ostacoli al buon andamento della classe: non sanno la lingua italiana, fanno fatica a raggiungere gli stessi risultati degli altri.

Quali fattori?

Una delle fonti dell’insicurezza emersa da alcuni studi, sembra essere la violazione delle regole comunicative che provoca un aumento di sfiducia accordata al prossimo, in quanto non più prevedibile nelle proprie reazioni e comportamenti, e quindi oggetto di sospetto. La presenza degli stranieri ovviamente ha indotto trasformazioni nelle abitudini di vita del quartiere che, se non vengono gestite a livello comunitario e politico, danno origine a disorientamento e paura, che viene amplificata. Il passo verso la chiusura e la difesa della propria identità diventa inevitabile. La richiesta di sicurezza, che proviene dai singoli ma più spesso da gruppi più o meno consolidati, diventa rivendicazione del diritto esclusivo di costruire lo spazio sociale sulla base di criteri propri e non negoziabili e prende forma scegliendo figure sociali deboli (il drogato, il clandestino, l’immigrato ecc).

Molta di questa insicurezza è creata attraverso le notizie del telegiornale che danno molto spazio agli eventi criminosi: l’amplificazione conseguente muta la percezione del contesto in cui si vive. Non si nega la realtà degli eventi, ma essi colpiscono il mondo emotivo delle persone minando la fiducia negli altri, conosciuti e sconosciuti, che cominciano a rientrare nella categoria dei “potenziali nemici” di cui occorre non fidarsi. Il sospetto circola nella mente di tutti che cercano di trovare una risposta al proprio bisogno di sentirsi sicuri nella propria città, nel proprio quartiere, nella propria casa. Queste paure vengono trasmesse anche ai figli attraverso molti modi, dai più verbali a quelli non verbali. Recepite come atmosfere, i bambini respirano il sospetto verso l’altro come una funzione normale di difesa di se stessi, manifestandosi poi come comportamenti aggressivi o uno stato di perenne tensione e movimento.

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