C’è una garbata saggezza in tutte

Johan Galtung

“I migliori auguri per le festività e l’anno nuovo” scriviamo e leggiamo spesso in questi giorni. Riflettiamo dunque sulle Festività, un momento per religare, riconnettere quello che sta là fuori e quello che sta qui dentro, in noi, per verità globalizzanti sul nascituro 2009.

Le seguenti righe inedite su questo tema sono state scritte sette anni fa nel Pacifico, sotto un cielo terso e con le onde spumeggianti. All’orizzonte c’era Rapa Nui, l’Isola di Pasqua, uno di quei luoghi dove la creazione degli umani pare più o meno vecchia quanto Dio stesso, e dove gli esseri umani non sono ancora stati in grado di inquinare tutto (ma rovinare sì). Ti pervade la gratitudine e si unisce a buone emozioni nel corpo, nella mente e nello spirito. Il termine adatto è felicità, una specie di rilassatezza; sukkha è il termine nella tradizione buddhista-hindu. Ancora oltre è il nirvana, la dissoluzione, alla fine del viaggio del pellegrino.

Mi trovavo in una piccola nicchia di felicità, il Peace Boat (Battello della Pace), una iniziativa di una ONG giapponese per combinare crociere attorno al mondo con tentativi di capire gli innumerevoli conflitti per cercare di portare pace. Nella scia di quei conflitti seguono violenza e traumi al corpo e alla mente, sofferenza, dukkha nella tradizione buddhista-hindu.

Proprio in questi tempi assistiamo a una delle peggiori usanze dell’umanità, la vendetta e la rappresaglia, con l’11 settembre 2001 come rappresaglia per l’ingiustizia verso gli arabi, e dal 7 ottobre 2001 la guerra in Afghanistan come rappresaglia per quella rappresaglia. Incombente è ovviamente la rappresaglia per quest’altra rappresaglia, con armi nucleari appena sotto la superficie, forse da tutte e due le parti. Entrambe hanno Armageddon nella propria tradizione religiosa: il Giorno del Giudizio. Entrambe pensano di avere un mandato da Dio/Alla’h per esercitare tale giudizio su altri. Dov’è la speranza?

La religione può essere dura, oppure morbida e garbata, e qualunque religione è una trama di fili duri e morbidi, dove i fondamentalisti giocano con quelli duri. Religare suona bene. Ma come?

Qualunque Uno Solo “là fuori” è anche latore di una trama intessuta di fili ispidi e morbidi. Buona Novella: ce ne sono parecchie. I testi religiosi sono ricettacoli di sollievo umano e sforzi sofferti di dare un senso alla condizione umana, con molte risposte. Mi sto accostando a tutti quanti, e con umiltà. Il mio interesse per la pace mi guida verso risposte morbide, e trovo in tutte, dappertutto, una saggezza garbata, per le Festività. Più precisamente:

nell’hinduismo, una trinità fra creazione, conservazione e distruzione, come volontà di creare altro ancora che produca sukkha, conservare ciò che può dimostrare di contenere sukkha, e distruggere ciò che reca più che altro dukkha con sé;

nel buddhismo, una forte credenza nell’ahimsa, nonviolenza, come metodo per ottenere tutto ciò; e una fede in engi, che tutto è correlato, che siamo nella stessa barca, che condividiamo la responsabilità  per tutto ciò che accade mediante ciò che facciamo, e – altrettanto importante – mediante ciò che omettiamo di fare, gli atti di commissione tanto quanto quelli di omissione;

  • nel taoismo, la profonda comprensione dialettica che il bene e il male non giungono in due pacchetti confezionati separatamente ma che il bene può contenere qualcosa di male, e il male qualcosa di bene;
  • nella cristianità, due fonti importanti d’ispirazione – la speranza che là fuori ci sia un barlume di luce e il forte richiamo alla responsabilità personale, che quel che conta siamo noi e le nostre decisioni: non incolpiamo altri;
  • nell’islam, la fede nella solidarietà, il sottoporsi insieme all’anelito collettivo per la pace, e la Sura 8:61: quando il tuo avversario si orienta  verso la pace, tu devi fare lo stesso;
  • e dall’ebraismo, prendo la fede nel dialogo, che la verità non è disponibile in un testo già pronto ma nel processo, nelle parole che creiamo insieme, e ancora insieme, nuovamente. E nuovamente.

Tutto ciò può comporsi in un’unità superiore, insieme a un umanesimo morbido – non quello duro del capitalismo neoliberista né quello del socialismo di stato, marxista.

Posso identificarmi con tutto quanto sopra, e altro ancora; e sentirmi non solo felice ma immensamente ricco, arricchito. Povero è chi si nega l’accesso alla saggezza altrui, costretto alla magra dieta della varietà dura della sua sola fede.

Gloria a Madre Terra. Gloria al ricco spirito umano.

E gloria a quell’ometto scuro in perizoma, Gandhi, che praticò tutte queste gemme di saggezza in una vita miracolosa.

Perché noi come umanità accettiamo questa miserabile gara letale fra dittature con fedi durissime, fondamentaliste, e il petrolio nelle viscere del loro suolo, e una democrazia drogata dal petrolio con un impero che sta crollando, ugualmente fondamentalista, invocanti tutt’e due il loro dio come avessero avuto un mandato divino? Nel nome di Alla’h, nel nome di Dio, nel nome del Petrolio.

Non credo che alcun creatore del mondo e degli esseri umani l’abbia fatto perché noi ci si uccida reciprocamente e intanto uccidiamo Madre Terra. Avrebbero potuto trarre entrambi una lezione dall’ometto scuro per cui Dio = Amore = Verità: la verità di un’economia più modesta, più giusta, più equa e rispettosa dell’ambiente, e la verità di una lotta nonviolenta. Gandhi, un indiano, un hindu, un buddhista; sovente un cristiano migliore di molti cristiani e un musulmano migliore di molti musulmani, e un migliore ebreo, taoista, hindu, buddhista. Perché si è lasciato ispirare da tutti quanti.

E divenne una luce di guida per noi tutti, in una persona. Se solo la sua luce potesse splendere anche dentro di noi, non solo per noi!

Pensieri come questo sono ulteriormente sviluppati in Galtung and MacQueen, Globalizing God, TRANSCEND University Press, 2008 –  www.transcend.org/tup


EDITORIAL, 25 Dec 2008

#42 | Johan Galtung

Titolo originale: THERE IS GENTLE WISDOM IN THEM ALL

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


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