I campesinos del Guatemala marciano per ottenere il diritto all’acqua | Jeff Abbott


NOTE della traduttrice. Questa testimonianza – come tante altre che si stanno moltiplicando in molti Paesi, soprattutto del Sud del mondo – documenta l’impegno e il coraggio di comunità contadine e indigene che cercano di difendere in modo nonviolento i loro territori, le tradizioni culturali , e le fonti di vita che consentono loro la sopravvivenza: l’acqua, il cibo, le erbe, il materiale da costruzione…

Gli ambientalisti – soprattutto quelli che praticano l’ambientalismo “dei poveri” 1– sono stati oggetto di attacchi sempre più violenti negli ultimi anni.

L’associazione Global witness (www.globalwitness.org ) documenta il numero crescente di ambientalisti che sono stati uccisi per aver difeso le loro comunità (http://www.globalwitness.org/search/?campaign=11).

Una delle missioni di questa Associazione è quella di testimoniare e denunciare gli abusi nei confronti dei diritti umani e ambientali compiuti da un sistema mondiale politico ed economico corrotto, che si impadronisce con la violenza delle risorse naturali e lascia dietro di sé degrado e inquinamento.

Il problema segnalato in questo articolo è di importanza globale: si tratta dell’accesso pubblico all’acqua, considerata come un bene primario e non come una merce. Un tema che riguarda da vicino anche l’Italia, dove la volontà pubblica espressa da un referendum non viene rispettata.



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Una marcia di 11 giorni

Per tutto il Guatemala, sia le comunità rurali che i centri urbani si sono mobilitati per protestare contro il furto sistematico dell’acqua e la sua privatizzazione da parte delle multinazionali e dell’oligarchia guatemalteca. Il 22 aprile quasi 15.000 persone si sono radunate a Città del Guatemala per chiedere la fine di questo controllo sull’acqua. La manifestazione era iniziata l’11 aprile nella città di Tecun Unam, nel dipartimento nord-occidentale di San Marcos, e da Puruhá, Baja Verapaz. Le diverse colonne di manifestanti hanno camminato per 11 giorni, percorrendo più di 263 miglia, per chiedere che lo stato accolga la richiesta di diritto all’acqua in tutto il paese.

“Da molti anni subiamo il furto e l’inquinamento dei nostri fiumi, soprattutto lungo la costa meridionale”, dice Daniel Pascual, il leader del Comitato United Campesino, uno dei principali organizzatori della marcia.

“Vi è un diffuso e grave inquinamento, causato soprattutto dalle coltivazioni e produzioni di olio di palma africana e di canna da zucchero. Ogni anno le compagnie usano tutta l’acqua e lasciano i contadini in condizioni di siccità, a causa del prelievo di acqua. La gestione dell’acqua interessa tutti, indigeni e non indigeni, le città come le campagne, con o senza soldi. Ed è un problema grave”.

Il Guatemala è ricco di fiumi e laghi. L’abbondanza di acqua ha attirato centinaia di imprese che avevano la prospettiva di espandere la produzione di energia idroelettrica, l’agro-industria e le attività manifatturiere.

Ma c’è sempre stata competizione tra le popolazioni contadine e le industrie, e troppo spesso il business ha avuto la meglio sui campesinos. Ma ora le comunità contadine si sono mobilitate, ed esigono che vengano rispettati i loro diritti sull’acqua.

Ana María Top, una donna Maya dell’ Association of Integral Group of Women (San Juan Sacatepéquez) racconta che con la marcia intendono arrestare le attività delle industrie (come quella per la produzione di olio di palma) che inquinano le acque, e intendono opporsi alla privatizzazione dell’acqua, che non è una merce ma è vita.

Le migliaia di uomini, donne e bambini che hanno marciato per 11 giorni, con il caldo e con la pioggia, hanno ricevuto lungo il cammino il sostegno delle comunità locali, che hanno offerto loro acqua e bevande. La marcia si è conclusa il 22 aprile a Città di Guatemala, davanti al Palazzo Nazionale, in tempo per celebrare la Giornata della Terra. Ai manifestanti si sono unite migliaia di studenti, rappresentanti sindacali e organizzazioni sociali da tutta la città. Lungo il percorso i manifestanti hanno attinto acqua da fiumi e torrenti, e si sono accorti che soprattutto lungo la costa meridionale (nel dipartimento di Suchitepequez) l’acqua era inquinata dagli scarichi delle industrie. Hanno quindi raccolto le testimonianze dei residenti sugli inquinamenti da monocolture e da altre attività produttive, aggiungendole al dossier di denuncia che è stato poi consegnato al Pubblico Ministero guatemalteco della Città. Secondo una indagine citata dal quotidiano guatemalteco Prensa Libre nel territorio sono disponibili 85 milioni di metri cubi di acqua: ma di questi, 34 milioni sono inquinati.

[…]

Liberare un fiume dalla privatizzazione

Percorrendo le autostrade che attraversano le pianure meridionali del Guatemala, nel dipartimento di Esquintla, è ormai raro vedere le milpe – i piccoli agrosistemi in cui tanti piccoli contadini coltivano mais, fagioli e zucche a scopo di sussistenza. O anche solo vedere tratti di foresta. Invece, per miglia e miglia si vedono monocolture di canna da zucchero o di palma africana da olio. Sono poche le comunità che ancora sopravvivono producendo alimenti di base: con l’espansione delle monocolture sono sorti anche dei conflitti per l’accesso ai fiumi.

[…] Nel mese di febbraio, nella zona di Nueva Concepción, l’azienda HAME ha fatto deviare un fiume per irrigare le proprie terre. I contadini sono insorti e hanno abbattuto la diga, ripristinando il corso del fiume, con il sostegno dell’amministrazione locale. Questi contadini si sono poi aggiunti alla marcia di protesta.

Fronteggiare l’impunità delle multinazionali

Uno dei casi più evidenti di inquinamento massiccio negli ultimi anni è stato quello del fiume Pasión, nel nord del Guatemala (Dipartimento di Petén). Le piogge intense cadute tra aprile e maggio nell’area di Sayaxaché hanno fatto straripare il contenuto delle vasche di ossidazione delle piantagioni di palme da olio, che è finito direttamente nel fiume causando una strage dei pesci. La responsabilità è stata subito attribuita a una compagnia locale, Reforestadora Palma de Petén S.A., or REPSA, che opera nella regione dal 2000. Inizialmente la compagnia ha accettato questa versione. “Piogge insolitamente abbondanti hanno provocato lo straripamento dalle vasche”, così scrisse il legale rappresentante della REPSA, Carlos Arevalo, al Ministro dell’Ambiente. “I pesci mostravano segni di asfissia, e abbiamo mandato degli esemplari all’Università di San Carlos per chiarire le cause della morte”.

[…] I campioni esaminati rivelarono la presenza di elevati livelli di malathion, un pesticida comunemente usato nelle piantagioni di palma da olio. Nonostante ciò nel giro di un mese la compagnia ritrattò quanto aveva ammesso, e affermò non essere responsabile per le morti dei pesci. A rendere la situazione ancora peggiore, le comunità che abitano lungo il fiume non furono avvertite di quello che succedeva, e si accorsero dell’avvelenamento solo quando videro pesci morti galleggiare lungo il fiume.

[…] “Prima hanno ucciso il fiume; poi hanno ucciso i pesci, e ora uccidono noi”: così osservò Erasmo Caal, un leader della comunità di El Chorro. Questa comunità è situata su una collina proprio di fianco al fiume. Ci sono poche abitazioni in cemento: le case sono semplici, di legno con tetti di paglia. Non ci sono strade asfaltate, non c’è acqua corrente. La gente dipende dal fiume per bere, lavarsi, pescare. Ma nessuno li ha informati, e ora molti di loro lamentano eruzioni cutanee e lesioni alla pelle.

Guadalupe Verdejo, una responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo aver letto i risultati degli esami ha espresso molta preoccupazione soprattutto per i possibili effetti tardivi che potrebbero manifestarsi, come il cancro.

A settembre 2015, quasi 5 mesi dopo l’incidente, alla compagnia fu ingiunto da un tribunale di sospendere i lavori per 6 mesi, in attesa di concludere le indagini. Questa decisione provocò crescenti tensioni, e anche un’accusa di omicidio. Gli operai della compagnia, furiosi per essere rimasti senza lavoro, bloccarono l’autostrada nei pressi degli impianti e presero come ostaggi alcuni attivisti, che erano venuti per spiegare loro che si trattava di ordini emanati dal tribunale. I tre attivisti furono lasciati liberi il giorno dopo.

Quel giorno stesso Rigoberto Lima Choc, un insegnante di scuola rurale, una figura di riferimento del movimento impegnato nel tentativo di far chiudere l’impianto, fu assassinato da sconosciuti proprio davanti al tribunale di Sayaxche. Lima Choc aveva dato inizio alla causa contro la REPSA, depositando una denuncia legale scritta al tribunale di Città di Guatemala.

Denunciare la corruzione che consente il furto di acqua

La grande marcia per il diritto all’acqua denuncia anche la corruzione di cui il Guastemala è profondamente imbevuto, e l’espansione in questa regione del capitalismo, che lascia le famiglie senza più i mezzi per auto-sostenersi. Pascual dice che “non si tratta solo di corruzione: siamo di fronte al furto del fiume, all’inquinamento delle fonti, agli ecocidi, alla privatizzazione del’acqua. Noi abbiamo necessità di proteggere l’acqua per le future generazioni”.

Sia HAME che REPSA fanno parte del Gruppo Olemec, di proprietà della potente famiglia Molina-Botrán, che ha costruito la sua fortuna nell’industria della canna da zucchero e del cotone. L’attuale proprietario, Felipe Molina, è cugino del precedente Presidente Otto Pérez Molina, la cui amministrazione è stata denunciata per corruzione.

[…] Questa imponente mobilitazione in tutto il Guatemala ha fatto conoscere al pubblico la crisi in cui le comunità si trovano, e ha stimolato un dibattito a livello nazionale sulla situazione dell’acqua. Gli organizzatori sperano che questa consapevolezza induca i membri del Congresso guatemalteco ad approvare una legge che protegga i diritti delle comunità all’acqua.

[…] Come dice ancora Daniel Pascual, il leader del Comitato United Campesino, “il governo e le imprese devono sapere che non possiamo permettere più a lungo il furto dei nostri fiumi e dell’acqua per le miniere, le dighe, le monocolture. Facciamo appello alla consapevolezza di tutti i cittadini, nelle campagne e nelle città. Non è possibile che ignorino il valore dell’acqua”.


 

April 28, 2016
Titolo originale: Guatemala’s campesinos march to demand right to water
http://wagingnonviolence.org/feature/guatemala-campesinos-march-right-to-water/
Traduzione e sintesi di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis


 

1Juan Martinez-Alier The Environmentalism of the Poor: A Study of Ecological Conflicts and Valuation Edward Elgar Publishing, 2002.

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